Avvocato Alberto Giupponi a San Pellegrino Terme

Alberto Giupponi

Avvocato Civilista - Avvocato Penalista - Matrimonialista e divorzista

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Principio di solidarietà e parziarietà: la natura del credito vantato nei confronti del condominio e le modalità di riscossione. Note alla sentenza n. 9148/2008 delle Sezioni Unite prima e dopo la recente Riforma del Condominio.

Scritto da: Alberto Giupponi - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Principio di solidarietà e parziarietà: la natura del credito vantato nei confronti del condominio e le modalità di riscossione. Note alla sentenza n. 9148/2008 delle Sezioni Unite prima e dopo la recente Riforma del Condominio.

Sommario: 1. Il contrasto interpretativo precedente all’intervento delle Sezioni Unite.  − 2. Cos’è cambiato con la riforma del condominio.

1. Il contrasto interpretativo precedente all’intervento delle Sezioni Unite.

In merito alla natura solidale o parziaria delle obbligazioni condominiali, sino alla fine degli anni ’90, l’indirizzo di legittimità è sempre stato univoco nel dichiarare la responsabilità solidale dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi.

Invero qualora l'amministratore avesse assunto delle obbligazioni in nome e per conto del condominio nei limiti delle sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni assembleari, tali obbligazioni sarebbero state direttamente imputabili ai condomini, con la conseguenza che il terzo contraente avrebbe potuto agire per ottenere il pagamento sia nei confronti del condominio sia, in via solidale, nei confronti dei singoli condomini.

Pertanto la sentenza eventualmente ottenuta nei confronti dell'amministratore poteva essere fatta valere nei confronti dei singoli condomini, pur se non indicati nominativamente nella sentenza, salvo il diritto del o dei condomini che avevano interamente provveduto al pagamento di agire in via di regresso nei confronti dei condebitori. Irrilevanti, ai fini dell'obbligo del condomino esecutato, erano da considerarsi i rapporti interni dello stesso con il condominio o l'eventuale esistenza di un fondo comune che non fosse il patrimonio dell'ente.

Senonchè, con tre successive sentenze emesse fra il 1996 ed il 1999, la Suprema Corte si è diversamente espressa, facendo sorgere, seppur con un indirizzo minoritario, un’incertezza fra gli operatori del diritto, in quanto, in evidente contrasto con l’orientamento sino a quel momento espresso, negava la natura solidale della responsabilità dei condomini nei confronti delle obbligazioni assunte dal condominio, a favore di una responsabilità semplicemente parziaria.

Il contrasto giurisprudenziale così sorto ha indotto le Sezioni Unite, con sentenza n. 9148/2008, ad intervenire affinchè venisse adottato un orientamento unitario che consentisse di dirimere le perplessità ed i dubbi sorti.

Un intervento che, non senza sorpresa per gli operatori del diritto, ha cristallizzato il minoritario orientamento secondo cui la ripartizione tra i condomini di tali obbligazioni deve avvenire in proporzione delle rispettive quote.

2. Cos’è cambiato con la riforma del condominio

La riforma del condominio, introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, ed entrata in vigore il 18 giugno 2013, ha però introdotto una norma legislativa che supera le argomentazioni delle Sezioni Unite, identificabile nell’art 63 disp. att. c.c., e che apre un nuovo panorama giuridico che non esclude il sorgere di nuovi orientamenti giurisprudenziali.

In primis il I comma di detto articolo ha introdotto un obbligo di collaborazione fra l’amministratore ed il terzo in merito alla comunicazione dei dati dei condomini morosi, affinchè possa essere iniziata nei loro confronti l’idonea procedura esecutiva mirata al recupero del dovuto. La mancata collaborazione dell’amministratore comporterà il diritto del creditore di agire giudizialmente per ottenere questi dati, con evidenti responsabilità dell’amministratore che sarà chiamato a rispondere delle spese di giudizio.

In secundis il II comma ammette che i creditori possano agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti, ma solo dopo la preventiva infruttuosa escussione dei morosi.

Questo passo della Riforma è stato salutato nei primi improvvisati commenti come la reintroduzione di un vincolo di solidarietà dei condomini nei confronti dei terzi creditori. Ma affermare ciò è inesatto.  

Asserire che l'obbligo di pagamento delle quote dovute dai morosi, posto in capo ai condomini in regola nella contribuzione alle spese, sia subordinato alla preventiva escussione di questi ultimi non equivale affatto ad affermare che gli uni e gli altri siano condebitori solidali verso il terzo per la totalità della medesima prestazione, come invece previsto dall'art. 1292 c.c. Si tratta di due istituti normativi differenti.

Soprattutto, quando vien detto che i creditori possano agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, dopo soltanto l'escussione degli altri condomini, non si deve intendere che l'obbligazione di gestione condominiale sia vista nuovamente come vicenda costitutiva dell'insorgenza del debito di una stessa prestazione per l'intero a carico dei partecipanti al condominio, restando salvi i criteri di ripartizione ex art. 1123 c.c. nei soli rapporti interni fra condomini: tant'è che l'obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente risulta dalla legge limitato in proporzione alla rispettiva quota del moroso.

Peraltro, nel quadro allestito dalla l. n. 220 del 2012, dovrebbe essere astrattamente impedito che abbiano a verificarsi situazioni di morosità di condomini verso terzi creditori in ipotesi di esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e di innovazioni, visto che queste, ai sensi dell'art. 1135, n. 4), c.c., sono ora condizionate al previo obbligatorio accantonamento di un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori. Questo fondo dovrebbe, pertanto, comprendere tutte le somme necessarie al pagamento integrale dei creditori del condominio, man mano che i rispettivi debiti giungono a scadenza.

Inoltre l'art. 63 comma II disp. att., c.c., configura, in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, un'obbligazione verso il terzo che sia rimasto creditore, sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficium excussionis, avente ad oggetto non l'intera prestazione dovuta al creditore, quanto unicamente le somme dovute dai morosi. Condomini morosi e condomini solventi, pur essendo condebitori responsabili verso il terzo creditore per il saldo dovuto, si trovano in posizione non paritetica, sussistendo una graduazione in ordine al relativo pagamento.

Così impostato il problema, il riconoscimento normativo di una relazione di sussidiarietà tra il debito del condomino moroso e quello del condomino solvente non deporrebbe affatto per la sussistenza di un nesso di solidarietà tra gli stessi. L'art. 63 comma II disp. att. c.c. si spiegherebbe come fonte di un'obbligazione legale di garanzia di ogni condomino per le quote non sue.

La preventiva escussione richiede, comunque, l'esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di potere pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto al condomino in regola.

L'onere di escussione comporta non soltanto il dovere del terzo di iniziare le azioni contro il moroso, ma anche di continuarle con diligenza e buona fede.

Invero appare azzardato parlare di solidarietà in senso proprio in quanto la lettera dell'art. 63 comma 2 disp. att. c.c. , che precisa che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola”, riconosce al condomino solvente, convenuto in giudizio dal terzo per il pagamento del restante credito condominiale, di paralizzare l'azione del creditore eccependo il mancato esperimento del beneficio della preventiva escussione del patrimonio del condomino moroso.

Appare comunque facile presagire quale esito possa avere l'aspettativa del condomino adempiente di vedersi rimborsata proprio dal moroso la quota da questi dovuta, stante la necessaria premessa della già acclarata sua preventiva infruttuosa esecuzione affrontata dal terzo creditore.

In ogni caso al condomino in regola con i pagamenti, escusso dal terzo creditore per la parte dovuta dai morosi, allo scopo di ottenere dagli altri condomini il rimborso di quanto da lui corrisposto, dovrà consentirsi di avvalersi, oltre che dell'azione di regresso verso il debitore principale inadempiente, altresì della surrogazione legale (in forza dell'art. 1203, n. 3, c.c. secondo cui la surrogazione ha luogo a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo), senza, peraltro, mai esperire contemporaneamente i due rimedi, azionabili in via alternativa fra loro.

In conclusione l'obbligazione di gestione condominiale non determina a carico dei partecipanti al condominio l'insorgenza di un debito solidale verso il terzo creditore per l'intera prestazione: l'obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente viene, infatti, dalla legge contenuto in proporzione alla rispettiva quota del moroso, secondo un criterio di “doppia parziarietà”. Ciascun condomino è realmente obbligato (in via primaria verso l'amministratore, e in via surrogatoria verso il creditore) soltanto per la quota di debito proporzionata al valore della sua porzione, ed è invece garante per le quote dei condomini inadempienti, restando i rispettivi rapporti obbligatori distinti perché generati da cause normativamente distinte. Nel senso che il condomino solvente garantisce l'adempimento del contributo imposto al moroso, ovvero un debito altrui, e per tale ragione, una volta effettuato il pagamento, ha azione di regresso nei confronti del debitore principale e si surroga nei diritti del creditore.

Alla stregua dell'operante principio di irretroattività, la nuova disciplina troverà applicazione per tutti gli effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, mentre sarà inapplicabile per le obbligazioni di spesa prima della data di entrata in vigore della riforma.

Avv. Alberto Giupponi 


Avv. Alberto Giupponi - Avvocato Civilista - Avvocato Penalista - Matrimonialista e divorzista

Laureto con votazione 110 e lode presso l'Università degli Studi di Bergamo in data 26.10.2006 ed iscritto presso l'Ordine degli Avvocati di Bergamo dal 17.12.2010. Patrocinante in Cassazione e presso le altre giurisdizioni superiori. Lo studio ha tre sedi in: - San Pellegrino Terme (Bg), via Lungo Brembo n. 2 (sede principale); - Bergamo, via Masone n. 28; - Borgo di Terzo (Bg), via Nazionale n. 22. Le materia principalmente trattate sono il diritto civile (compresi sfratti, eredità, dichiarazioni di successione), il diritto penale ed il diritto di famiglia.




Alberto Giupponi

Esperienza


Matrimonio

La separazione ed il divorzio possono essere consensuali o giudiziali. La separazione consensuale e il divorzio congiunto richiedono che i due coniugi abbiano raggiunto un accordo in tutti i loro rapporti: dall’assegnazione della casa all’assegno di mantenimento, dal coniuge affidatario dei figli agli orari di frequentazione degli stessi, dall’assegnazione del mobilio a quello dei veicoli. In caso di difficoltà a raggiungere l’accordo la separazione o il divorzio saranno giudiziali. Ciò significa che il Giudice, dopo aver ascoltato le diverse esigenze dei coniugi, deciderà la risoluzione di ogni singola divergenza.


Eredità e successioni

Si tratta della materia maggiormente trattata dallo Studio. Generalmente il problema principale di queste cause riguarda l'impugnazione del testamento per la violazione della quota di legittima, ossia il mancato rispetto delle quote di spettanza di ciascun erede. Dette quote variano da caso a caso, a seconda della presenza del coniuge o dal numero di figli.


Diritto civile

Il diritto civile è una categoria estremamente ampia, la cui trattazione ricomprende materie come le eredità e le successioni, le separazioni ed i divorzi, le locazioni e gli sfratti, il recupero credito ed i pignoramenti, il diritto immobiliare, il diritto condominiale, etc. Lo Studio, nell'arco della sua ventennale esperienza, ha avuto modo di affrontare e risolvere un elevato numero di pratiche e controversie.


Altre categorie:

Diritto condominiale, Diritto di famiglia, Separazione, Divorzio, Recupero crediti, Pignoramento, Diritto tributario, Diritto penale, Diritto immobiliare, Locazioni, Sfratto, Mediazione, Negoziazione assistita, Cassazione, Domiciliazioni.


Referenze

Pubblicazione legale

Cosa accade se ci sono due testamenti?

Pubblicato su IUSTLAB

Il testamento è l’atto attraverso il quale il testatore dispone delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere. Esistono tre forme di testamento: vi sono quello pubblico e quello segreto, che coinvolgono necessariamente il notaio e comportano dei costi, e quello olografo, il quale può essere scritto di proprio pugno, facendo però attenzione a rispettare i requisiti di legge per non incorrere nella sua invalidità. I requisiti sono solo tre, per il resto per scrivere il testamento potrà essere utilizzato anche un semplice foglio di carta. Il testamento olografo deve essere scritto, interamente, dal testatore: non è valida la sottoscrizione di fogli stampati a computer o a macchina. Lo scritto deve inoltre essere datato e sottoscritto. La data consente di capire se, nel momento in cui il testamento è stato scritto, il testatore fossa capace di intendere e volere. E’ opportuno indicare giorno, mese e anno per non incorrere in contestazioni sulla validità, ma la data può essere ricostruita anche attraverso parole sostitutive che consentano di risalire con certezza al giorno in cui fu scritto, come “Natale 2012” che si riferisce senza incertezza al giorno al 25 dicembre 2012. Quanto alla sottoscrizione è consigliabile firmare in corsivo con nome e cognome, anche se sono ammessi vezzeggiativi o pseudonimi (si pensi a Jovanotti per Lorenzo Cherubini, oppure ai soprannomi con cui venivano chiamati alcuni dei nostri nonni o genitori nel paese), a condizione che individuino con certezza il testatore. L’indicazione del luogo non è richiesta a pena di nullità. E’ importante ricordare che il testamento può sempre essere revocato dal testatore. Nell’ipotesi in cui venga scritto un secondo testamento questo comporta la revoca di quello precedente, anche se non è stato espressamente previsto nello scritto (revoca tacita). La revoca tacita opera solo quando i due testamenti sono incompatibili fra loro, contrariamente si integreranno. Pertanto saranno incompatibili i due testamenti che assegnino quote differenti agli eredi. In questo caso sarà efficace solo il secondo testamento. Al contrario saranno entrambi validi e si integreranno due testamenti qualora nel primo vengano indicate le quote da destinare agli eredi, mentre nel secondo venga indicato uno specifico bene che si vuole lasciare ad uno dei figli (purché nel rispetto delle quote di legittima). Qualora l’incompatibilità riguardi non l’intero testamento, ma solo una parte del suo contenuto, la parte non incompatibile sarà comunque valida. Avv. Alberto Giupponi

Pubblicazione legale

Occorre il consenso dell’altro coniuge per separarsi o per divorziare?

Pubblicato su IUSTLAB

Per separarsi o divorziare non è necessaria la volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, tale da rendere intollerabile la convivenza, pur desiderando l’altro coniuge continuarla. Come precisa il Codice Civile la separazione si fonda sull’intollerabilità della prosecuzione della convivenza o sul grave pregiudizio all’educazione dei figli a causa della continuazione della convivenza stessa. Diversamente la legge n. 898/1970 che disciplina il divorzio (che può essere richiesto decorsi 3 anni dall'udienza di comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del Tribunale chiamato a statuire sulla separazione) richiede come presupposto l'impossibilità di mantenere o ricostruire la comunione spirituale e materiale tra i coniugi. Ma qual è il significato di questi termini? In estrema sintesi in entrambi i casi non si vuole più condividere il proprio percorso di vita con l’altro coniuge. C’è sempre un pizzico di rammarico nello scrivere articoli come questo, ma è opportuno sfatare quelle credenze che ancora riguardano troppe persone, convinte di non potersi separare senza il consenso dell’altro coniuge. Nello specifico il giudice di legittimità si è pronunciato sul caso di una donna ultrasessantenne, con figli, che dopo anni di insofferenza nei confronti del marito ha deciso di concludere il percorso comune con il coniuge, che ormai comune non era più, in considerazione del distacco che aveva maturato nei confronti del marito. Nello specifico la donna ha dichiarato nel proprio atto costitutivo di non sopportare più il marito e di volersi separare da lui, e tale atteggiamento ha continuato a mantenere durante lo svolgimento del processo. Il marito non aveva commesso gesti eclatanti o tradimenti, ma come può accadere i coniugi erano diventati due estranei fra loro. Detta condotta ha portato alla pronuncia della separazione, senza addebito (quindi senza responsabilità esclusive) nei confronti di nessuno dei due coniugi, e con il riconoscimento di un assegno di mantenimento a favore della moglie per consentirle di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio in quanto coniuge economicamente più debole. In conclusione l’intollerabilità esiste non solo quando viene riconosciuta da entrambi i coniugi, ma anche quando, nonostante il tentativo di conciliazione, uno dei due insista nel chiedere la separazione. Non è necessaria, quindi, la sussistenza di una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una delle parti (cfr. Cass. Civile, sent. n. 1164/14). Avv. Alberto Giupponi

Pubblicazione legale

Infiltrazioni nel condominio: le Sezioni Unite vengono chiamate a ripartire le spese del lastrico solare

Pubblicato su IUSTLAB

Come si ripartiscono le spese relative alle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare? La soluzione non è scontata come si potrebbe pensare. Se ne è resa conto la Suprema Corte che, con sentenza n. 13526/2014, ha chiesto l'intervento delle Sezioni Unite. Un condomino lamenta di aver subito dei danni da infiltrazioni provenienti dal sovrastante terrazzo condominiale e chiede il risarcimento dei danni al condominio. Quest'ultimo, a sua volta, chiama in causa il condomino proprietario esclusivo del terrazzo. Come ci si poteva aspettare, i danni vengono ripartiti per 1/3 a carico della proprietà esclusiva e, per i rimanenti 2/3, a carico del condominio, nel rispetto del contenuto dell'art. 1126 c.c. Il problema della ripartizione delle spese relative al terrazzo condominiale non è mai stato di facile soluzione. Le Sezioni Unite erano intervenute per fare chiarezza con la sentenza n. 3672/1997, escludendo l'applicabilità della responsabilit extracontrattuale ex art. 2051 (risarcimento dei danni cagionati da cose in custodia) a vantaggio dell'art. 1126 c.c., con l'espressa distinzione di due ipotesi. Il lastrico appartiene a tutti i condomini. Nel caso in cui il lastrico solare svolga soltanto la funzione di copertura dell'edificio e appartenga a tutti i condomini, alle obbligazioni concernenti il contributo nelle spese per la conservazione, le riparazioni e le ricostruzioni sono tenuti tutti i partecipanti al condominio, sulla base delle rispettive quote di comproprietà riportate nelle tabelle millesimali (art. 1223, comma I, c.c.). In tale ipotesi, il risarcimento dei danni cagionati all'appartamento sottostante dalle infiltrazioni d'acqua derivanti dal lastrico per difetto di manutenzione sono a carico di tutti i condomini, in proporzione alle quote riportate dalle tabelle millesimali di proprietà. Il lastrico è di proprietà o uso esclusivo. Quando il lastrico solare, oltre che fungere da copertura dell'edificio, è destinato ad offrire ulteriori utilità a vantaggio del titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in quanto il lastrico oltre alla funzione di copertura, offre ad un singolo condomino ulteriori concretamente utilità, le spese (ed i danni risarcitori) andranno ripartiti in misura diversa, ponendo i 2/3 a carico di tutti i condomini (in ragione della funzione di copertura) e 1/3 a carico del titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo (in ragione delle altre utilità). In sostanza, secondo le Sezioni Unite (n. 3672/1997) obbligati alle ripartizioni ed ai risarcimenti sono i condomini che usufruiscono della copertura in concorso con il proprietario esclusivo. Abbiamo detto in precedenza che le Sezioni Unite sono intervenute per sopire il conflitto giurisprudenziale in atto, ma la soluzione prospettata dagli Ermellini, in questo caso, evidentemente non ha convito e non è riuscita a sopire gli animi. Secondo parte della dottrina, la questione doveva essere impostata in termini diversi, specie nell'ipotesi in cui i danni derivavano da un difetto di manutenzione: a prescindere dalla proprietà del terrazzo, se l'onere di manutenzione gravava sull'intero condominio, era questo a dover provvedere alla manutenzione e, in mancanza, al risarcimento dei relativi danni. Il proprietario esclusivo risponde solo dell'usura. La dottrina contestava la soluzione prospettata dalle Sezioni Unite sottolineando che il proprietario esclusivo poteva essere chiamato a concorrere alle spese nella misura di 1/3 (ovvero in altra misura da quantificare) solo nel caso in cui i danni fossero derivati dall'usura causata dal godimento esclusivo del bene ma non nel caso in cui essi derivavano dall'omessa manutenzione da parte del condominio. L'inerzia di quest’ultimo, in definitiva, non poteva pesare sulle tasche del singolo proprietario. In altre parole, se, per esempio, il proprietario esclusivo, con l'uso, deteriorava la pavimentazione del terrazzo, doveva concorrere in maniera maggiore alle spese di rifacimento, viceversa, nel caso in cui le infiltrazioni fossero state determinate dal naturale deterioramento della guaina, le spese sarebbero state ripartite tra tutti i condomini. Anche la giurisprudenza non era convinta. Parte della giurisprudenza aveva ovviamente seguito la dottrina con il risultato che alcune pronunce continuano a considerare il condominio come un custode della cosa e pertanto responsabile, ex art. 2051 c.c., dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare (cfr. Cass. Civile, sent. n. 7727/2000 e n. 642/2003). Richiesto nuovamente l'intervento delle Sezioni Unite. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13526 dell'11 marzo 2014, preso atto del contrasto in atto, ha rimesso la questione al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Avv. Alberto Giupponi

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