Pubblicazione legale:
Non è infrequente che, per i motivi più vari, in sede di separazione il
coniuge “debole” si astenga dal chiedere, a carico del coniuge “forte”,
un contributo al proprio mantenimento (il cosiddetto “assegno di
separazione” o “di mantenimento”).
Ebbene, molti si chiedono se tale scelta sia definitiva ed irrimediabilmente pregiudizievole dei propri diritti.
In particolare, la domanda che in questi casi viene rivolta con maggiore
frequenza ad un avvocato è la seguente: se avevo rinunciato a chiedere
“l’assegno di separazione”, in occasione del divorzio, posso ancora
chiedere un assegno? Anche se la situazione economica non è mutata?
La risposta è positiva. E questo in virtù dell’indipendenza dei giudizi,
quello di separazione e quello di divorzio. Essendo, infatti, due fasi
che portano alla conclusione di un rapporto coniugale ma autonome e
distinte, le richieste avanzate (od omesse) nella prima, non influiscono
sulla seconda.
Nei medesimi termini si è espressa anche, con estrema (e rara)
chiarezza, la Suprema Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza
n. 2480 del 29.01.2019: “la mancata richiesta di assegno di mantenimento
in sede di separazione non preclude di certo il suo riconoscimento in
sede divorzile”.
La sopracitata sentenza contribuisce a far luce su una situazione
d’incertezza che portava a soluzioni giudiziali discordanti nei diversi
Tribunali italiani, offrendo, a quanti si trovino nella fase del
fine-matrimonio, un autorevole contributo al principio giuridico – tanto
fondamentale, quanto spesso disatteso -: quello della certezza del
diritto.
E soprattutto, rassicura quanti hanno, in sede di separazione, operato
la scelta di astenersi dal chiedere all’ altro coniuge un contributo al
mantenimento; scelta della quale si sono, poi, pentiti.
In conclusione: è possibile cambiare idea.
Avv. Alida Manfredi