ResponsabilitÀ medica – mediazione e consulenza tecnica preventiva ex 696 c.p.

Scritto da: Andrea Bellani - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

“L’ordinamento giuridico italiano prevede, quale condizione di procedibilità alle controversie in materia di responsabilità medica, il previo esperimento in alternativa del procedimento di mediazione ex D. Lgs. 28/2010 ovvero del procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696 bis c.p.c.”

MEDIAZIONE

Il legislatore nazionale con il D. Lgs. 28/2010, ha introdotto una condizione di procedibilità all’esperimento di talune controversie giudiziarie in ambito civile. 

La finalità per la quale si è reso necessario un simile intervento legislativo è riscontrabile nella necessità di deflazionare il carico di lavoro dell’organo giudiziario fornendo un valido strumento di risoluzione delle controversie senza ricorrere all’Autorità Giudiziaria. 

Il procedimento di mediazione è esperibile dinnanzi a Organismi di Mediazione autorizzati. 

L’art 5 comma 1 bis del citato testo normativo individua le materie per le quali è prevista la mediazione come condizione di procedibilità. Tra queste vi rientrano le controversie aventi ad oggetto il “risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria”.

Senza approfondire le modalità con le quali il tentativo di mediazione deve essere esperito, per quanto rileva ai fini del presente articolo è fondamentale sottolineare come il mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria (in caso di mancato esperimento del procedimento ex art. 696 c.p.c.) può essere rilevato dal giudice adito nell’udienza di prima comparizione delle parti ex art. 183 c.p.c. In tal caso, il giudice fisserà una nuova udienza fissando un termine perentorio entro il quale le parti dovranno esperire il procedimento obbligatorio di mediazione.

CONSULENZA TECNICA PREVENTIVA

“L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti.

Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione.

Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Il processo verbale è esente dall’imposta di registro.

Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito.

Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili.”

In generale

Con D.L. 35/2005 il legislatore nazionale ha inserito l’art. 696 bis all’interno del codice di procedura civile. La localizzazione della disposizione normativa nel libro VI Dei procedimenti speciali, Capo III Dei procedimenti cautelari, Sezione IV Dei procedimenti di istruzione preventiva non è stata una scelta casuale.

La ratio di questo nuovo istituto si individua nella volontà di favorire la composizione della lite nella fase antecedente a quella processuale mediante il ricorso ad un consulente tecnico, nominato dall’Autorità Giudiziaria, che sia in grado di formulare una proposta conciliativa alle parti dopo aver effettuato una primaria ricognizione della situazione di fatto. 

Il consulente ha tuttavia la sola facoltà di tentare la conciliazione tra le parti, solo quando lo ritiene possibile.

Se la conciliazione non riesce o se non sia stato possibile darvi corso, ciascuna parte può chiedere che la relazione tecnica sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito

A differenza dell’accertamento tecnico preventivo di cui all’articolo 696 c.p.c., questo nuovo istituto non richiede per il suo espletamento il periculum in mora, ovvero il pericolo che nell’attesa dell’instaurazione del processo di merito gli elementi di prova che necessitano di essere raccolti vengano dispersi.

Responsabilità Medica

L’istituto

Con la Legge n. 24 del 8.3.2017 (c.d. Gelli-Bianco) recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” il legislatore è intervenuto per limitare il ricorso al fenomeno della medicina difensiva.

Per quanto qui rileva, l’art. 8 del disposto normativo stabilisce che 

“Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696 bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.

La presentazione del ricorso di cui al comma 1° costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento”

La norma individua quindi, quale condizione di procedibilità all’introduzione di una controversia avente ad oggetto il risarcimento del danno da responsabilità sanitaria, il necessario esperimento di un procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c.

Le controversie individuate dall’art. 8 sono tutte le azioni di risarcimento, di condanna o anche solo di accertamento, previste dalle l. n. 24/17. 

Sono tali tutte quelle controversie vertenti il diritto al risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria, indipendentemente dal fatto che il danno si fondi sulla condotta colposa o dolosa del medico o di altro operatore sanitario ovvero che derivi dalla violazione da parte della struttura sanitaria del contratto di spedalità. L’istituto si applica in tutti i casi in cui l’azione sia promossa nei confronti del danneggiante, della struttura sanitaria o dell’assicurazione nei casi di azione diretta ex art. 12, l. n. 24/17.

Il procedimento

Affinché venga realizzata la condizione di procedibilità di cui all’art. 8 L. 24/2017 occorre che il procedimento venga esperito o comunque instaurato.

La consulenza tecnica preventiva si instaura mediante il deposito, presso la cancelleria del Giudice competente, del ricorso contenente tutti gli elementi previsti dall’art. 125 c.p.c.

L’ordinamento non richiede che il ricorso contenga l’indicazione della futura domanda di merito. Ciò in quanto il procedimento non possiede natura cautelare anticipatoria della prova in quanto non ha la funzione di anticipare un’attività probatoria che si teme non si potrà più compiere a causa del venir meno, o del modificarsi, dell’oggetto della prova stessa, ma il suo fine è quello di definire la controversia senza dover far ricorso al giudizio di cognizione piena.

La domanda sarà quindi contenuta nella futura domanda di introduzione al giudizio di merito.

Il giudizio di merito

In caso di mancata conciliazione tra le parti in sede di procedimento ex art. 696 bis c.p.c., la parte interessata può promuovere un giudizio di merito dinnanzi all’Autorità Giudiziaria competente. L’art. 8 comma 3 della L. 24/2017 impone l’esperimento del procedimento ex art. 702 bis c.p.c.

“Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.”

Il comma sopra riportato sancisce che, nel caso in cui il tentativo di conciliazione per mezzo della consulenza tecnica preventiva o il procedimento ex art. 696 c.p.c. non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la condizione di procedibilità si deve considerare realizzata e diventa quindi possibile introdurre il giudizio di merito.

La L. 24 /2017 impone che il giudizio ex art. 702 bis deve essere introdotto entro 90 giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine dinnanzi allo stesso giudice che ha trattato il ricorso per A.T.P. ex art. 696-bis c.p.c.

Appare opportuno un approfondimento per quanto riguarda il termine entro cui deve essere instaurato il procedimento di merito. 

Alla luce della vita giudiziaria, risulta altamente improbabile che un procedimento ex art. 696 c.p.c. possa trovare una conclusione nei termini illustrati dal comma terzo dell’art. 8 L. 24/2017. Pertanto secondo un’impostazione dottrinale che trova fondamento anche nella recente giurisprudenza di merito, il termine semestrale previsto per l’avvio del procedimento sommario di cognizione, deve ritenersi termine ordinatorio. 

Pertanto, la parte interessata può attendere anche oltre il termine di sei mesi dall’introduzione del procedimento di consulenza tecnica preventiva e oltre il termine di 90 giorni dal deposito della relazione prima di introdurre il procedimento ex art. 702 bis c.p.c.

In conclusione occorre solamente ricordare come il giudice adito nel procedimento ex art. 702 bis può sempre disporre la conversione del rito in ordinario ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c.



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Avvocato Andrea Bellani a Lodi
Andrea Bellani

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