Pubblicazione legale:
Nel caso in esame il Ministero aveva
emesso decreto sanzionatorio nei confronti di un istituto di credito
responsabile in solido con il funzionario della filiale, per mancata
segnalazione all'UIF presso la Banca d'Italia di operazioni
finanziarie sospette transitate sui conti correnti di un cliente, per un
importo complessivo di alcuni milioni di euro.
Le
doglianze esposte nel ricorso in opposizione dai ricorrenti si potevano
sintetizzare, per gli aspetti qui più rilevanti e significativi, in:
1- Insussistenza nel merito della violazione contestata, atteso che il preposto della filiale non aveva motivi per sospettare circa la liceità delle operazioni che, tra l'altro, non presentavano alcun indice di anomalia secondo il decalogo della Banca d'Italia e non erano state segnalate dall’applicativo GIANOS in uso.
Il
Tribunale, a riguardo di tali eccezioni, precisa che il sospetto è desunto
dalle caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da qualsivoglia altra
circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche
della capacità economica e dell'attività svolta dai soggetti cui è riferita.
Tutti
i delitti non colposi possono costituire il reato presupposto necessario per la
configurabilità del delitto di riciclaggio dei relativi proventi.
L'obbligo
di segnalazione di cui si tratta non presuppone la conoscenza dell'origine
illecita dei fondi perché, in tal caso, l'intermediario che ne consente
comunque la movimentazione sarebbe esposto a responsabilità non amministrativa
ma penale.
Le
operazioni contestate, secondo il Tribunale, erano effettivamente sospette in
quanto "l’ambiguità delle operazione nel suo complesso doveva apparire
evidente ad un operatore qualificato, trattandosi di movimenti solo fittizi di
denaro eseguiti con partite di giro nella stessa giornata da società
rappresentate dalla stessa persona fisica".
Il
fatto che tali operazioni non fossero segnalate dall'operativo GIANOS e non
presentassero gli indici di anomalia indicati dalla Banca d'Italia, strumenti
non tassativi ma complementari, non poteva costituire una "scusante" a
beneficio dell'operatore, dovendo l'intermediario utilizzare tutti gli elementi
di conoscenza a disposizione.
2-
Nullità della violazione contestata, non contendendo il relativo verbale
l'indicazione della data dell'accertamento con conseguente impossibilità di
valutare la violazione dei termini previsti dall'art. 14 L.689/1981.
Con
riferimento a tale eccezione, il Tribunale osserva che nel caso di specie era
stata chiesta autorizzazione all'A.G. e il Ministero ha dedotto (e la
circostanza risultava indicata nel verbale di contestazione) che l'autorità
giudiziaria avesse concesso al Nucleo di Polizia Tributaria l'autorizzazione
alla richiesta all'utilizzo per fini amministrativi dei dati emersi nel corso
delle indagini penali solo successivamente. Inoltre, il Tribunale rileva che
"nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogante sanzione
amministrativa, il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino
a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale
rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di
apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo
stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede
privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del
verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia
da altre persone ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di
presunzioni o di personali considerazioni logiche.
Neppure
poteva ascriversi alla Polizia Tributaria o al Ministero il ritardo nel
rilascio di tale atto da parte dell'autorità giudiziaria.
Riguardo ai fini interruttivi della prescrizione, inoltre, deve aversi riguardo non al momento in cui è emesso il provvedimento ingiuntivo (a cura del Ministero, a norma dell'art.69 c.2 d.lgs.231/2007), ma a quello in cui esso è stato notificato o comunque portato a conoscenza del debitore (a cura dell'organo accertatore), in quanto atto idoneo a costituire in mora il debitore a norma dell'art. 2943 c.c..
Per
tali motivi, il termine di novanta giorni previsto dall'art.14 L.689/1981 era
stato rispettato.
3-
La violazione dell'art. 11 L. 689/1981 in relazione alla quantificazione
della sanzione applicata.
Il
Tribunale, valutata la questione nel suo complesso, ha ritenuto giustamente di
applicare il principio del "favor rei" previsto dal d.lgs. 231/2007
come modificato dal d.lgs. 90/2017 applicando la sanzione prevista dal d.lgs.
231/2007 art.58 c.2, pur sempre elevata ma di molto inferiore a quella originaria.
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