Pubblicazione legale:
Il Tribunale
della capitale, con sentenza 6084/2022, nell'annullare un decreto sanzionatorio
emesso dal Ministero nei confronti di dottore commercialista, ha fornito una
chiara interpretazione circa l'istituto della prescrizione applicabile nelle
vertenze ad oggetto la normativa antiriciclaggio.
Con ricorso
ritualmente notificato, in opposizione alla contestazione circa la violazione
dell'obbligo di segnalazione di operazione sospetta, l'opponente eccepiva:
1- La decadenza
del procedimento sanzionatorio ex art. 69, 2° comma, d.lgs. 231/07.
2- L’estinzione
del procedimento ex art. 28 legge n. 689/81.
3- L’inesistenza
della violazione.
4- Fatti
contestati antecedenti all’applicazione della normativa antiriciclaggio ai
professionisti.
5- L’assenza di
sospetto in ordine alle possibili operazioni di riciclaggio.
6- Il difetto
di motivazione.
7- L’applicazione
del principio del “favor rei" e violazione dell’art. 6 della Legge n.
689/81 e che, per tale motivo, la quantificazione della sanzione era nulla ed
erronea.
In via
preliminare di merito, il Giudice naturalmente si soffermava sulle eccezioni di
prescrizione.
Il termine di due anni (art. 69, 2° comma, d.lgs. 231/07) per la
conclusione del procedimento sanzionatorio (di cui al primo punto) decorre
dalla data di ricezione della contestazione notificata dagli organi
accertatori all'amministrazione procedente, periodo entro il quale deve essere
emessa l'ordinanza ingiunzione (è sufficiente la sua emissione e non la
successiva notifica); l'organo accertatore deve avvalersi di pec per fornire
data certa di trasmissione. Non precisata dalla legge, invece, quale possa
considerarsi il termine a disposizione degli operanti per l'invio del PVC (dagli
stessi notificato regolarmente al contravventore), al Ministero procedente.
In ogni caso, qualora il presunto responsabile inoltri al Ministero
una formale richiesta di essere audito nel corso del procedimento, il summenzionato
termine è prorogato di ulteriori sei mesi, anche se, successivamente,
l'interessato comunichi di voler rinunciare alla richiesta formulata in
precedenza. Per tale ultima motivazione, il Giudice constatava che il Ministero
aveva agito nei termini.
Neppure il richiamo ai termini previsti dalla legge 241/90 poteva trovare
applicazione, in quanto tale normativa non è applicabile alla materia in
questione; la norma citata, infatti, prevede che il procedimento amministrativo
si concluda nel termine di trenta giorni, ovvero novanta giorni secondo la
nuova formulazione, ma è incompatibile con i procedimenti regolamentati ai
sensi della L. 689/1981, che costituisce un sistema di norme organico e
compiuto, "delineante un procedimento di carattere contenzioso scandito in
fasi ed i cui tempi sono regolati in modo da non consentire il rispetto di un
termine così breve".
È stata invece accolta dal Tribunale l'eccezione di prescrizione quinquennale
prevista dall'art.28 della L. 689/1981, con l'importante
precisazione che tale termine “non ha tuttavia natura procedimentale, ma
sostanziale, poichè il suo inutile decorso comporta l’estinzione del diritto
alla riscossione”. L’art. 28 della L.689/81 dispone che: “Il diritto a
riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si
prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la
violazione. L'interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice
civile”.
Rilevato che i
fatti ai quali era stata imputata presunta violazione dell'obbligo di
segnalazione di operazione sospetta erano risalenti a oltre cinque anni
dell'avvenuta contestazione, il Tribunale ha pertanto annullato il decreto
sanzionatorio; le successive eccezioni rimanevano così "assorbite"
dalla prescrizione, e le spese legali venivano compensate.
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