Pubblicazione legale:
Il Tribunale
della capitale si è espresso con Sent. 20416/2018 nei confronti di un decreto
sanzionatorio emesso nei confronti di un Dottore commercialista, sanzionato per
omessa segnalazione di operazione sospetta.
L'accertamento, eseguito come al solito per questa categoria di
professionisti dalla Guardia di Finanza - Nucleo di Polizia
Tributaria (attivato dall’UIF) presso il suo studio, era finalizzato alla
verifica della corretta e puntuale osservanza degli obblighi e dei divieti
sanciti dal d.lgs. 231/2007, in modo particolare nello svolgimento del servizio
di tenuta delle scritture contabili ad aziende della sua zona, tra le quali ne
era stata individuata una in modo specifico, da probabili indagini svolte in
precedenza dai militari. L'analisi della documentazione contabile di tale
società evidenziava che il professionista, nell'espletare il suo servizio
relativo alla tenuta dei libri contabili, con conseguente registrazione sugli
stessi degli accadimenti aziendali, contabilizzava nel conto di mastro
denominato "cassa", tra l’altro, una serie di operazioni che gli
operanti giudicavano palesemente anomale rispetto ad una corretta e usuale
contabilità.
In modo
particolare gli operanti verbalizzavano che, ovviamente, non era nella natura
del conto "cassa" registrare saldi negativi, mentre nel caso in
disamina esso esponeva saldi negativi persistenti nel tempo e di importo
rilevante.
Inoltre, erano
contabilizzati ingenti incassi da clienti e pagamenti di fornitori tutti
concentrati nelle stesse date. In altro periodo di osservazione, il conto
incassi presentava contabilizzazioni giornaliere con una notevole,
anomala, media di registrazioni per pagina di giornale.
Erano presenti altresì
operazioni riferibili ai medesimi interlocutori, annotate in pari data e
con modalità la cui evidenza era quella di voler occultare pagamenti in denaro
contante di importo superiore alla soglia prevista dalla normativa
antiriciclaggio.
Il
professionista giustificava le anomalie in quanto dovute a giroconti tra le
partite di cassa e banca; giustificava inoltre la superficialità del suo operato
con il fatto che il cliente si era dimostrato spesso restio a fornire la
documentazione necessaria alle registrazioni contabili, e proprio per tale
motivo era stato costretto ad inviare diversi, documentati, solleciti
scritti.
I militari,
ritenendo la vicenda meritevole di SOS, procedevano alla contestazione di tale
infrazione nel PVC, al quale faceva ovviamente seguito il relativo decreto
sanzionatorio emesso dal Ministero.
Nel successivo
ricorso, il commercialista sollevò una serie di eccezioni, in sintesi:
intervenuta prescrizione (non oggetto della presente analisi, in quanto poi eccezione
non accolta dal Tribunale); errata applicazione di norme, infondatezza delle
contestazioni ed indeterminatezza delle stesse in ordine alla presunta
violazione dell’obbligo di SOS; esistenza di vizi del provvedimento
sanzionatorio; il ricorso proseguiva con l'eccezione che la formulazione del
decreto ministeriale si limitava a ripetere le contestazioni della Guardia di
finanza che non coglievano nel segno, non evidenziando in modo sufficiente le
ragioni per le quali il ricorrente avrebbe dovuto sospettare il sussistere di
quale si volesse fenomeno di riciclaggio, limitandosi a riportare in modo
acritico e generico la presunta mera ricorrenza di taluni indicatori di
anomalia, di per sé non sufficienti per individuare e segnalare operazioni
presunte sospette.
Il Tribunale
coglieva l’essenza della questione nel fatto che le annotazioni contabili,
seppure non eseguite con precisione ma alquanto superficialmente, non potevano
qualificare come "operatività sospetta” quella della quale il
commercialista aveva l’incarico di elaborazione; i militari avrebbero preteso
di fornire una motivazione priva di logica: la supposta giustificazione
del sospetto in seguito a contabilità non tenuta a regola d’arte, diventava
essa stessa operazione sospetta di riciclaggio; prendeva quindi sostanza,
a parere del Giudice, l’impossibilità di comprendere il nesso di causalità
esistente tra ciò che doveva venire segnalato e i motivi per cui tali
accadimenti sarebbero dovuti essere stati segnalati; l’insussistenza dei
“motivi ragionevoli per sospettare”, in quanto una tenuta non regolare della
contabilità non poteva generare il sospetto di fenomeni di riciclaggio, ma solo
l'esistenza di illeciti amministrativi non concernenti la normativa
antiriciclaggio.
Il riferimento
dei militari, effettivamente, per sostanziare l'asserita omessa segnalazione,
faceva esclusivo riferimento a irregolari "annotazioni contabili"
e non all’operazione o alle operazioni eventualmente oggetto della
prestazione professionale ritenute sospette (queste, si, che avrebbero dovuto
essere oggetto dell’obbligo di adeguata verifica da parte del
professionista). Le registrazioni, più o meno corrette, erano “rappresentazioni”
in un linguaggio economico aziendale dei flussi economici e finanziari
dell’azienda.
Il Tribunale non condivise la tesi dell'opposizione ministeriale, in quanto
il carattere ampio della formulazione della norma impone di ritenere che
il legislatore abbia inteso prevedere l'obbligo di effettuare la SOS all’unica
condizione che i destinatari del precetto siano venuti a conoscenza dell’operazione
in virtù del proprio lavoro, senza precisare e distinguere se le operazioni
sospette siano quelle che essi hanno cooperato a porre in essere (o abbiano
posto in essere direttamente per conto del cliente) da quelle in cui
essi siano comunque venuti a conoscenza in conseguenza dell’espletamento del
loro mandato. Il commercialista ha l’obbligo di segnalare operazioni sospette a
prescindere da ogni indagine circa l’effettiva consistenza dei sospetti.
Il Tribunale, in definitiva, nell’esercizio del suo potere discrezionale
collegato alla scelta dalla sanzione tra minimo e massimo, dedotto:
1- considerando la ridotta offensività della condotta connessa alla contestata omissione dalla SOS, la cui eventuale necessità sarebbe stata identificabile ove le scritture contabili fossero state tenute correttamente;
2- la non provata partecipazione
psichica del professionista;
3- il mancato
emergere di contestazioni criminose di riciclaggio anche nei confronti del
cliente;
In parziale
accoglimento del ricorso, ha ritenuto di ridimensionare la sanzione
originariamente applicata dal Ministero.
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
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