Avvocato Andrea Iaretti a Gattinara

Andrea Iaretti

Avvocato-Dottore commercialista. Ricorsi Antiriciclaggio

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Antiriciclaggio - Money Transfer - Sent. Trib. 2630/2022

Scritto da: Andrea Iaretti - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

La CdA di Roma si è espressa, con Sentenza 2630/2022, a riguardo di un decreto sanzionatorio emesso dal Ministero a carico di un esercizio commerciale che svolgeva attività di money transfer.
Il Tribunale si era pronunciato in precedenza con sentenza di condanna, ma con riduzione della sanzione applicata, alla quale il money transfer propose appello.

Il Ministero, con appello incidentale, chiedeva di ristabilire la sanzione applicata in origine.
La sanzione traeva origine dal fatto che il titolare dell'attività aveva acquisito denaro contante da clienti per valori superiori alla soglia di legge, senza il tramite degli intermediari abilitati.
Tali somme erano state trasferite in Cina.

Nei confronti dei soggetti cinesi indicati quali mittenti nelle rimesse di denaro, i militari della GdF affermavano di aver effettuato interrogazioni alle banche dati i cui esiti rivelavano che gli menzionati soggetti erano “inesistenti”, non identificabili o rintracciabili in luoghi notevolmente distanti dalla sede dell'esercizio commerciale ispezionato.

Il titolare chiedeva, nelle memorie difensive, di essere sentito dal Ministero; a fondamento della propria opposizione, egli manifestava la propria assoluta buona fede sostenendo di aver sempre osservato, con diligenza, la normativa in materia di antiriciclaggio, identificando i soggetti richiedenti l'invio di denaro tramite la sua Agenzia, che erano quindi individui diversi l'uno dall'altro e non riconducibili, in virtù delle sue risultanze, a un unico ordinante, come invece sostenevano gli operanti.

In sede di primo grado veniva richiesta la prova testimoniale degli agenti verbalizzanti, con particolare riguardo all'entità dei singoli versamenti effettuati, che furono dagli stessi operanti dichiarati essere stati sotto soglia di legge; inoltre, riguardo i documenti d'identità dei disponenti e i moduli da compilare per le operazioni, veniva confermato di averne accertate la presenza.

L’appello principale conteneva quattro motivi, i primi due dei quali lamentavano il
vizio della motivazione della sentenza di primo grado, che non avrebbe dato risposta ai rilievi del ricorso e fatto malgoverno del materiale istruttorio, ritenuto insufficiente per affermare la colpevolezza dell'opponente. Col terzo motivo, fu contestata la qualificazione giuridica dell'illecito operata dal Tribunale come se si trattasse di una responsabilità oggettiva; il quarto motivo, infine, assegnava alla riduzione della sanzione operata dal primo giudice il valore di indizio dell'insussistenza dell'illecito.

La CdA rilevava che l'appello era fondato nella parte in cui lamentava la mancanza di una affidabile e riscontrabile prova della colpevolezza; il titolare aveva annotato gli estremi identificativi dei soggetti che a lui si rivolgevano per effettuare il trasferimento di denaro e non vi era prova della sua consapevolezza dell'eventuale falsità dei documenti annotati e dei dati dei clienti.

Gli operanti non avevano fornito prova di chi sarebbero stati i presunti clienti muniti di documenti non di loro proprietà, non essendo sufficiente la mera indicazione nel PVC secondo cui dette indagini furono “molto approfondite”.

Secondo la Corte non poteva quindi essere escluso che l'appellante avesse eseguito le disposizioni provenienti da più soggetti cinesi a lui presentatisi sotto falso nome e che agivano, a sua insaputa, nell'interesse di altri ai fini del trasferimento all'estero di denaro.

Per la CdA trova, pertanto, applicazione l'art.6, comma 11, del D.lgs. 150/2011 secondo cui l’opposizione va accolta quando le prove della responsabilità dell'opponente risultino insufficienti.
In conseguenza, la CdA accoglieva l'appello e le spese del doppio grado erano poste a carico del Ministero soccombente.


Avv. Andrea Iaretti - Avvocato-Dottore commercialista. Ricorsi Antiriciclaggio

Sono Andrea Iaretti, Avvocato, Dottore commercialista, Revisore legale. Mi occupo principalmente di consulenze e contenziosi a favore di imprese e lavoratori autonomi; in modo particolare quelli afferenti la normativa ANTIRICICLAGGIO: MEMORIE difensive al MEF, RICORSI avanti Trib. Roma. Tramite e-mail potrai presentarmi il tuo problema, per quanto possibile in modo dettagliato; ove lo ritenessi di mia competenza e nei limiti dei miei impegni professionali, ti risponderò rapidamente e, in seguito, ti farò sapere se posso aiutarti, quali vantaggi potresti trarre dalla mia consulenza ed i relativi costi. Opero in tutta Italia.




Andrea Iaretti

Esperienza


Diritto commerciale e societario

Conosco molto bene le realtà imprenditoriali italiane, siano esse PMI o aziende di maggiori dimensioni, stante la mia professione, oltre che di avvocato, sopratutto di dottore commercialista e revisore legale con esperienza ultra ventennale. Consulenza in materia di diritto commerciale e societario, con assistenza in favore dei clienti in ambito stragiudiziale e giudiziale. Supporto nella negoziazione di affari e nella tutela dei propri diritti. Prevenzione in ambito legale al fine di limitare l'insorgere di controversie e rischi legali. Consulenza e supporto con riferimento a tutte le problematiche che devono affrontare i soci.


Fallimento e proc. concorsuali

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Antiriciclaggio

Conteziosi e ricorsi sia di carattere amministrativo che dinnanzi al tribunale civile, principalmente a favore di soggetti obbligati ad osservare le norme antiriciclaggio: commercialisti, consulenti del lavoro, notai, contabili, banche, per contestazioni circa violazioni relative al d.lgs. 231/2007; regole tecniche, linee guida, titolarità effettiva, segnalazione operazioni sospette. Rapporto tra norma sanzionatoria antiriciclaggio e L. 689/81. I ricorsi in tali materie hanno tempi stringenti, necessitano di molto studio relativamente al singolo caso per essere affrontati al meglio, essere tempestivi risulta perciò essenziale.


Altre categorie:

Risarcimento danni, Previdenza, Eredità e successioni, Diritto del lavoro, Recupero crediti, Diritto assicurativo, Incidenti stradali, Malasanità e responsabilità medica.


Referenze

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Consulenti del lavoro - Adeguata verifica della clientela. Sent. Trib. 16095/2022.

Pubblicato su IUSTLAB

In una recente sentenza il Tribunale di Roma ha fornito un'interessante interpretazione di quando sia necessario effettuare l'adeguata verifica negli studi dei consulenti del lavoro. Lo studio era stato sanzionato ai sensi dell’art.56 del d.lgs. n.231/2007, per violazione circa l'omessa adeguata verifica della clientela cui forniva "consulenza" non meglio precisata in fattura. Il ricorrente eccepiva di non aver adempiuto al precetto di legge in quanto l'attività, nei fatti, era di mera redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale, ovvero di trasmissione di buste paga e in ogni caso il cui valore era inferiore alla soglia prevista dalla legge per l'insorgere del relativo obbligo. L'opposizione veniva rigettata. Il Tribunale precisava che l’art. 17, primo comma, d.lgs. n.231 del 21.11.2007 prevede che “I soggetti obbligati procedono all’adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo con riferimento ai rapporti e alle operazioni inerenti allo svolgimento dell'attività istituzionale o professionale: a) in occasione dell'instaurazione di un rapporto continuativo o del conferimento dell'incarico per l'esecuzione di una prestazione professionale; b) in occasione dell'esecuzione di un'operazione occasionale, disposta dal cliente, che comporti la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000,00 euro, indipendentemente dal fatto che sia effettuata con una operazione unica o con più operazioni che appaiono collegate per realizzare un'operazione frazionata. Rientrano nella categoria dei professionisti, nell'esercizio della professione in forma individuale, associata o societaria: i soggetti iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell'albo dei consulenti del lavoro, dunque anche questi ultimi sono destinatari della normativa sull’antiriciclaggio. È previsto dalla legge e notoriamente risaputo che gli obblighi di adeguata verifica della clientela non si osservano in relazione allo svolgimento dell’attività di mera redazione e trasmissione ovvero di sola trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale di cui all'articolo 2, comma 1, della Legge 11 gennaio 1979, n. 12. Tuttavia l'opposizione non ha potuto trovare accoglimento in quanto gli operanti, analizzando le fatture emesse dallo studio (primo indicatore cui generalmente i militari fanno riferimento), ne rilevarono talune inerenti a compensi per "consulenza aziendale" attività, questa, la quale non può rientrare nelle funzioni indicate dall’art. 2, 1° comma, L.12/79. Secondo il Tribunale non rilevava l’importo delle operazioni, anche di modesto valore, ma la circostanza che trattavasi di consulenze e, dunque, di evidente rapporto continuativo con i singoli soggetti di volta in volta interessati, rispetto ai quali non era stata effettuata alcuna verifica ex art. 17 d.lgs. n. 231/07, né l’opponente avesse fornito documentazione scritta in tal senso, non essendo sufficiente la sola visura camerale. La prestazione di "consulenza" non meglio specificata in fattura obbliga, pertanto, anche i consulenti del lavoro ad effettuare l'adeguata verifica della clientela; a maggior ragione quando le prestazioni svolte da suddetti professionisti, come spesso accade, travalicano quelle previste dalla L.12/79 rientrando nelle attività cui sono generalmente deputati di commercialisti.

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Commercialista - Importanza delle dichiarazioni rilasciate nel P.V.C. Sent. Trib. 14078/2022.

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Con una pronuncia recente il Tribunale di Roma si è espresso su ricorso di un commercialista sanzionato ai sensi dell'art.56 comma 1 d.lgs.231/2007 per inosservanza degli obblighi di adeguata verifica relativamente alla clientela di studio ed in particolare sulla mancata esibizione del documento di identità di un cliente. La Guardia di Finanza eseguì presso il professionista in questione un controllo finalizzato alla verifica della corretta osservanza della normativa antiriciclaggio limitatamente agli ultimi sei mesi precedenti l'accesso. Il commercialista eccepiva che durante la verifica non era stato instaurato alcun contraddittorio sulla mancata acquisizione e/o esibizione dei documenti di identità di alcuni clienti che gli era contestata, così che non gli era stato possibile dimostrare l'osservanza delle procedure seguite per la verifica della clientela. Nel merito della contestazione, afferma di avere organizzato la procedura di adeguata verifica della clientela con opportune registrazioni, annotazio­ni e scansione dei relativi documenti contestualmente al conferimento dell'incarico professionale. Precisava, i noltre, che la conoscenza era assicurata anche dai rapporti pluriennali che con essi aveva intrattenuto. Il Tribunale respingeva l'opposizione, in quanto l' omessa instaurazione del contraddittorio durante lo svolgimento della verifi­ca, ancorché dedotta in fatto, non costitui' motivo di alcuna doglianza dell'oppo­sizione. Inoltre, essa fu comunque smentita dal verbale di contestazione emesso dalla Guardia di finanza, sul punto assistito da fede probatoria privilegiata ex art. 2700 c.c., che nel PVC diede conto della richiesta rivolta dagli stessi operanti rivolta al professionista durante la re­dazione del verbale, di spiegare per quali motivi non fossero presenti documenti aggiornati, nonché della risposta del commercialista del seguente testuale tenore "prendo atto atto di quanto esposto nel presente P.V.C. e mi riservo di controllare se i documenti possono essere stati scansionati, non ho altro da aggiungere ". Il Tribunale evidezia che, secondo le argomentazione del ricorrente, l'adempimento dell'obbligo verrebbe rimesso alle valutazioni soggettive dello stesso soggetto obbligato e sulle ca­ratteristiche della conoscenza del cliente, finendo così per svuotare di senso la norma, che ha invece carattere cogente ed è fondata sulla ratio di anticipare la tutela dell'ordinamento dal fenomeno del riciclaggio, cogliendo i possibili segnali di even­tuali condotte che lo denotino. Non valgono ad escludere la responsabilità del ricorrente né la produzione nel ricorso di opposizione del documento di identità del cliente, in quanto la documentazione conservata doveva essere prontamente reperibile. La sentenza evidenzia l'importanza delle dichiarazioni rese durante la redazione del PVC, che fanno prova spesso contro il soggetto ispezionato; questi, in quanto colti di sorpresa, spesso sono indotti a rilasciare dichiarazioni difficilmente contestabili nel successivo giudizio.

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Dottore Commercialista - Decadenza e prescrizione. Sent. CdA 8319/2021

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Con una importante recente sentenza, la n.8319/2021, la Corte d'appello di Roma ha acconto in pieno le ragioni di un commercialista pesantemente sanzionato dal MEF per mancata segnalazione operazioni sospette. Senza entrare nel merito della vicenda, qui interessa porre accento sulla dirimente peculiarità colta dalla CdA, posta a fondamento della decisione. Il primo giudice aveva respinto le eccezioni di decadenza e di prescrizione e, nel merito, ritenne che le operazioni non segnalate fossero oggettivamente sospette per l'ingente movimentazione di denaro. Il Tribunale della capitale, tuttavia, ritenne di ridimensionare notevolmente le pretese del Ministero, riqualificando la violazione e stabilendo la sanzione di 3.000,00 euro come previsto dall'art.58 c.1 d.lgs. 231/2007, al posto di quella prevista dal comma secondo dello stesso articolo. Il Ministero proponeva allora appello, domandando l'applicazione del massimo della sanzione pari a 300.000,00 euro; questo in quanto contestava l'elevato grado di responsabilità del presunto colpevole e l'ingente mole dei valori movimentati che confermavano, nel complesso, la gravità della violazione, la quale, pertanto, avrebbe meritato il massimo della sanzione. L'appellato ne ha di conseguenza richiesto il rigetto nel merito per le motivazioni già espresse in primo grado e in via subordinata, con appello incidentale, ha domandato la riforma della sentenza in senso a sé completamente favorevole, ossia la correzione della stessa con annullamento in toto dell’opposto decreto, con condanna del Ministero alle spese relative ai due gradi di giudizio. Il caso è di particolare interesse in quanto si occupa dell'intervenuta decadenza del potere di emettere l'ordinanza ingiunzione motivo, talvolta, foriero di possibili soddisfazioni da parte dei soggetti sanzionati. Il professionista sosteneva che l'accertamento della violazione si fosse perfezionato dalla data della sua escussione a sommarie informazioni e di acquisizione documentale presso il suo studio, od al più nel momento, successivo, nel quale venne acquisita altra documentazione sempre presso il suo studio professionale o, in ultima ipotesi, dalla data di autorizzazione dell'A.G. all'utilizzo a fini amministrativi dei dati e documenti in tal modo acquisiti. Tutti elementi dai quali emergevano con chiarezza le contestazioni poi formalmente mosse al professionista nel processo verbale di contestazione della Guardia di finanza, notificato solo oltre il termine decadenziale di legge di giorni novanta, previsto dall'art.14 L.689/81. Dirimente il fatto che tutti gli accertamenti svolti in epoca successiva riguardarono fatti del tutto diversi da quelli poi a lui contestati. Pertanto, la CdA ha ritenuto che le "verifiche successive non potevano in alcun modo essere qualificate come prodromiche alla contestazione mossa al professionista, avendo avuto ad oggetto fatti e comportamenti diversi dalle condotte illecite ascritte a quest'ultimo, che la controparte ha tentato surrettiziamente di introdurre". "Tutte le successive attività d'indagine ed accertamento concernevano fatti differenti dall'omessa segnalazione delle operazioni sospette ad opera del commercialista". Se è vero che l'obbligo di segnalazione è svincolato dalla consapevolezza dell'illecito ma è connesso al solo sospetto secondo la normale diligenza professionale e a specifici indici, è anche vero che all'accertamento dell'illecito da segnalare sono estranee le attività, avvenute successivamente (oltre il termine dei 90 gg), volte alla repressione di illeciti penali ascrivibili ai soggetti la cui operatività, di per sé, doveva ingenerare quel sospetto e quindi far scattare l'obbligo della segnalazione. La Corte rileva che non era necessaria l'acquisizione di ulteriori atti per avere una visione più completa delle condotte oggetto di contestazione. Il termine di 90 giorni decorreva dalla ricezione del nulla osta dell’autorità giudiziaria all’utilizzo della documentazione già acquisita ai fini del procedimento amministrativo sanzionatorio, è da quella data che andava fatto decorrere il termine di decadenza di 90 giorni, in assenza dell’allegazione di ulteriori attività di accertamento rivolte allo specifico illecito amministrativo dell’omessa segnalazione delle operazioni sospette. Con il nulla osta dell’autorità giudiziaria, viene meno ogni esigenza di segretezza degli atti, quindi pienamente spendibili per la repressione dell’illecito accertato. Per tali motivi, in accoglimento dell’appello incidentale ed in riforma della sentenza impugnata, la CdA dapprima accoglie l’opposizione e per l’effetto annulla il decreto del Ministero, poi condanna lo stesso al risarcimento delle spese dei due gradi di giudizio.

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