Avvocato Andrea Iaretti a Gattinara

Andrea Iaretti

Avvocato-Dottore commercialista. Ricorsi Antiriciclaggio

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Antiriciclaggio - Notaio - corretta configurazione del fenomeno di riciclaggio. Sent. Trib. 16557/2020.

Scritto da: Andrea Iaretti - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

In un'importante sentenza del novembre 2020, la n.16557, il Tribunale della capitale ha annullato il decreto sanzionato emesso dal Ministero a carico di un Notaio, cui era stata comminata una considerevole sanzione per presunta inadempienza degli obblighi di segnalazione operazioni sospette.
La sentenza è di particolare interesse, per la chiarezza con la quale il Giudice si è espresso sui presupposti necessari per ritenere dovuta la segnalazione per operazioni sospette agli uffici competenti.
L‘attività ispettiva del nucleo di polizia tributaria si era concentrata nell‘esame di cinque atti di compravendita immobiliare che avrebbero meritato segnalazione per operazioni sospette ai sensi dell'art.41 d.lgs. n. 231/2007, in quanto presentavano indicatori di anomalia di cui al D.M. Giustizia 16.4.2010; nello specifico, un “prezzo molto elevato rispetto al profilo economico-patrimoniale del cliente o del gruppo di appartenenza in assenza di ragionevoli motivi o di specifiche esigenze". Inoltre, nel contratto preliminare destava sospetto la circostanza che promissaria acquirente fosse una società partecipata al 99% da un ente di diritto anglosassone. Per tale presunta violazione il ministero irrogo' la sanzione massima prevista dall'art.58 c.2 d.lgs. n. 231/2007. Il notaio tentò di giustificare la mancata segnalazione sulla base che tali rogiti gli erano apparsi come dei meri atti di trasferimento interni alla stessa famiglia.
Il notaio si difese inoltre dichiarando di aver effettuato tutte le opportune verifiche senza rinvenire segni di anomalia.
Il Ministero, nell'ingiunzione, rispondeva che in presenza di elementi di anomalìa perfettamente rispondenti agli indicatori posti a presidio della normativa antiriciclaggio, l’omissione della segnalazione non poteva trovare giustificazione nel fatto che quelle operazioni "apparissero" al notaio come mere stipule di trasferimento interne alla stessa famiglia.
Il consistente impianto accusatorio, infine, secondo il Ministero escludeva che fosse possibile accogliersi la richiesta di annullamento del decreto sanzionatorio per insufficienza di prove sulla responsabilità dell’opponente.
Inoltre, la reiterazione, la sistematicità e la gravità dell’omissione contestata impediva la riduzione della sanzione inflitta, estremamente punitiva.
Secondo il Tribunale, prima ancora di individuare ed analizzare quegli indici, occorreva accertarsi se le operazioni a cui erano riferibili costituivano o meno atti di riciclaggio ai sensi dell'art.2 d.lgs.231/2007.
A riguardo, il presupposto dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette è che l’operazione da segnalare possa costituire un atto di riciclaggio, che l’art.2 d.lgs. n. 231/2007 individua nelle seguenti azioni, se intenzionalmente commesse: “a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni; b) l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; c) l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione”.
Il Tribunale, ancora una volta, pone pertanto l'attenzione sulla fattispecie del reato di riciclaggio, previsto precisamente dalla legge.
L'operazione può sottendere atto di riciclaggio e va perciò segnalata ove se ne ravvisi il sospetto, in quanto sia stata preceduta da un’attività criminosa, dunque di rilevanza penale, dalla quale sia conseguita la disponibilità del bene o del diritto cui l’operazione è riferita.
Ne consegue, a contrario, che ove l’operazione non si connoti per un’illiceità penale presupposta, ma presenti aspetti rilevantie esclusivamente sul piano della validità o efficacia civile non sorge alcun obbligo di segnalazione per il semplice fatto che non c’è alcun (sospetto) atto di riciclaggio da contrastare.
Secondo il Tribunale, il Ministero (o meglio, la GdF) non aveva svolto questa analisi preventiva o non aveva precisato ove stesse il fenomeno di riciclaggio, ma aveva riposto la propria convinzione solo sul fatto che le operazioni  “configuravano... un’interposizione fittizia di persona, e cioè una tipica simulazione relativa”, poste in essere da un socio occulto, il cui intento era quello “di sottrarre … i propri beni all’azione dei creditori (ivi compreso l’Erario) in vista anche di imminenti procedure concorsuali …”
beni oggetto degli atti non avevano provenienza criminosa, ma ricevettero, semmai, una tale destinazione.
Per il Tribunale, pertanto, l‘obbligo di segnalazione per le operazioni in esame non sussisteva, per cui il notaio non commise alcuna infrazione alla normativa antiriciclaggio e la sanzione irrogata era del tutto priva di fondamento e doveva pertanto essere annullata.


Avv. Andrea Iaretti - Avvocato-Dottore commercialista. Ricorsi Antiriciclaggio

Sono Andrea Iaretti, Avvocato, Dottore commercialista, Revisore legale. Mi occupo principalmente di consulenze e contenziosi a favore di imprese e lavoratori autonomi; in modo particolare quelli afferenti la normativa ANTIRICICLAGGIO: MEMORIE difensive al MEF, RICORSI avanti Trib. Roma. Tramite e-mail potrai presentarmi il tuo problema, per quanto possibile in modo dettagliato; ove lo ritenessi di mia competenza e nei limiti dei miei impegni professionali, ti risponderò rapidamente e, in seguito, ti farò sapere se posso aiutarti, quali vantaggi potresti trarre dalla mia consulenza ed i relativi costi. Opero in tutta Italia.




Andrea Iaretti

Esperienza


Diritto commerciale e societario

Conosco molto bene le realtà imprenditoriali italiane, siano esse PMI o aziende di maggiori dimensioni, stante la mia professione, oltre che di avvocato, sopratutto di dottore commercialista e revisore legale con esperienza ultra ventennale. Consulenza in materia di diritto commerciale e societario, con assistenza in favore dei clienti in ambito stragiudiziale e giudiziale. Supporto nella negoziazione di affari e nella tutela dei propri diritti. Prevenzione in ambito legale al fine di limitare l'insorgere di controversie e rischi legali. Consulenza e supporto con riferimento a tutte le problematiche che devono affrontare i soci.


Fallimento e proc. concorsuali

Insinuazioni al passivo, tempestive e tardive, conteggio delle spettanze, del trattamento fine rapporto, domanda anticipazione da parte del fondo garanzia INPS. Amministratore giudiziario. Liquidatore cooperative.


Antiriciclaggio

Conteziosi e ricorsi sia di carattere amministrativo che dinnanzi al tribunale civile, principalmente a favore di soggetti obbligati ad osservare le norme antiriciclaggio: commercialisti, consulenti del lavoro, notai, contabili, banche, per contestazioni circa violazioni relative al d.lgs. 231/2007; regole tecniche, linee guida, titolarità effettiva, segnalazione operazioni sospette. Rapporto tra norma sanzionatoria antiriciclaggio e L. 689/81. I ricorsi in tali materie hanno tempi stringenti, necessitano di molto studio relativamente al singolo caso per essere affrontati al meglio, essere tempestivi risulta perciò essenziale.


Altre categorie:

Risarcimento danni, Previdenza, Eredità e successioni, Diritto del lavoro, Recupero crediti, Diritto assicurativo, Incidenti stradali, Malasanità e responsabilità medica.


Referenze

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Consulenti del lavoro - Adeguata verifica della clientela. Sent. Trib. 16095/2022.

Pubblicato su IUSTLAB

In una recente sentenza il Tribunale di Roma ha fornito un'interessante interpretazione di quando sia necessario effettuare l'adeguata verifica negli studi dei consulenti del lavoro. Lo studio era stato sanzionato ai sensi dell’art.56 del d.lgs. n.231/2007, per violazione circa l'omessa adeguata verifica della clientela cui forniva "consulenza" non meglio precisata in fattura. Il ricorrente eccepiva di non aver adempiuto al precetto di legge in quanto l'attività, nei fatti, era di mera redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale, ovvero di trasmissione di buste paga e in ogni caso il cui valore era inferiore alla soglia prevista dalla legge per l'insorgere del relativo obbligo. L'opposizione veniva rigettata. Il Tribunale precisava che l’art. 17, primo comma, d.lgs. n.231 del 21.11.2007 prevede che “I soggetti obbligati procedono all’adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo con riferimento ai rapporti e alle operazioni inerenti allo svolgimento dell'attività istituzionale o professionale: a) in occasione dell'instaurazione di un rapporto continuativo o del conferimento dell'incarico per l'esecuzione di una prestazione professionale; b) in occasione dell'esecuzione di un'operazione occasionale, disposta dal cliente, che comporti la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000,00 euro, indipendentemente dal fatto che sia effettuata con una operazione unica o con più operazioni che appaiono collegate per realizzare un'operazione frazionata. Rientrano nella categoria dei professionisti, nell'esercizio della professione in forma individuale, associata o societaria: i soggetti iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell'albo dei consulenti del lavoro, dunque anche questi ultimi sono destinatari della normativa sull’antiriciclaggio. È previsto dalla legge e notoriamente risaputo che gli obblighi di adeguata verifica della clientela non si osservano in relazione allo svolgimento dell’attività di mera redazione e trasmissione ovvero di sola trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale di cui all'articolo 2, comma 1, della Legge 11 gennaio 1979, n. 12. Tuttavia l'opposizione non ha potuto trovare accoglimento in quanto gli operanti, analizzando le fatture emesse dallo studio (primo indicatore cui generalmente i militari fanno riferimento), ne rilevarono talune inerenti a compensi per "consulenza aziendale" attività, questa, la quale non può rientrare nelle funzioni indicate dall’art. 2, 1° comma, L.12/79. Secondo il Tribunale non rilevava l’importo delle operazioni, anche di modesto valore, ma la circostanza che trattavasi di consulenze e, dunque, di evidente rapporto continuativo con i singoli soggetti di volta in volta interessati, rispetto ai quali non era stata effettuata alcuna verifica ex art. 17 d.lgs. n. 231/07, né l’opponente avesse fornito documentazione scritta in tal senso, non essendo sufficiente la sola visura camerale. La prestazione di "consulenza" non meglio specificata in fattura obbliga, pertanto, anche i consulenti del lavoro ad effettuare l'adeguata verifica della clientela; a maggior ragione quando le prestazioni svolte da suddetti professionisti, come spesso accade, travalicano quelle previste dalla L.12/79 rientrando nelle attività cui sono generalmente deputati di commercialisti.

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Commercialista - Importanza delle dichiarazioni rilasciate nel P.V.C. Sent. Trib. 14078/2022.

Pubblicato su IUSTLAB

Con una pronuncia recente il Tribunale di Roma si è espresso su ricorso di un commercialista sanzionato ai sensi dell'art.56 comma 1 d.lgs.231/2007 per inosservanza degli obblighi di adeguata verifica relativamente alla clientela di studio ed in particolare sulla mancata esibizione del documento di identità di un cliente. La Guardia di Finanza eseguì presso il professionista in questione un controllo finalizzato alla verifica della corretta osservanza della normativa antiriciclaggio limitatamente agli ultimi sei mesi precedenti l'accesso. Il commercialista eccepiva che durante la verifica non era stato instaurato alcun contraddittorio sulla mancata acquisizione e/o esibizione dei documenti di identità di alcuni clienti che gli era contestata, così che non gli era stato possibile dimostrare l'osservanza delle procedure seguite per la verifica della clientela. Nel merito della contestazione, afferma di avere organizzato la procedura di adeguata verifica della clientela con opportune registrazioni, annotazio­ni e scansione dei relativi documenti contestualmente al conferimento dell'incarico professionale. Precisava, i noltre, che la conoscenza era assicurata anche dai rapporti pluriennali che con essi aveva intrattenuto. Il Tribunale respingeva l'opposizione, in quanto l' omessa instaurazione del contraddittorio durante lo svolgimento della verifi­ca, ancorché dedotta in fatto, non costitui' motivo di alcuna doglianza dell'oppo­sizione. Inoltre, essa fu comunque smentita dal verbale di contestazione emesso dalla Guardia di finanza, sul punto assistito da fede probatoria privilegiata ex art. 2700 c.c., che nel PVC diede conto della richiesta rivolta dagli stessi operanti rivolta al professionista durante la re­dazione del verbale, di spiegare per quali motivi non fossero presenti documenti aggiornati, nonché della risposta del commercialista del seguente testuale tenore "prendo atto atto di quanto esposto nel presente P.V.C. e mi riservo di controllare se i documenti possono essere stati scansionati, non ho altro da aggiungere ". Il Tribunale evidezia che, secondo le argomentazione del ricorrente, l'adempimento dell'obbligo verrebbe rimesso alle valutazioni soggettive dello stesso soggetto obbligato e sulle ca­ratteristiche della conoscenza del cliente, finendo così per svuotare di senso la norma, che ha invece carattere cogente ed è fondata sulla ratio di anticipare la tutela dell'ordinamento dal fenomeno del riciclaggio, cogliendo i possibili segnali di even­tuali condotte che lo denotino. Non valgono ad escludere la responsabilità del ricorrente né la produzione nel ricorso di opposizione del documento di identità del cliente, in quanto la documentazione conservata doveva essere prontamente reperibile. La sentenza evidenzia l'importanza delle dichiarazioni rese durante la redazione del PVC, che fanno prova spesso contro il soggetto ispezionato; questi, in quanto colti di sorpresa, spesso sono indotti a rilasciare dichiarazioni difficilmente contestabili nel successivo giudizio.

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Dottore Commercialista - Decadenza e prescrizione. Sent. CdA 8319/2021

Pubblicato su IUSTLAB

Con una importante recente sentenza, la n.8319/2021, la Corte d'appello di Roma ha acconto in pieno le ragioni di un commercialista pesantemente sanzionato dal MEF per mancata segnalazione operazioni sospette. Senza entrare nel merito della vicenda, qui interessa porre accento sulla dirimente peculiarità colta dalla CdA, posta a fondamento della decisione. Il primo giudice aveva respinto le eccezioni di decadenza e di prescrizione e, nel merito, ritenne che le operazioni non segnalate fossero oggettivamente sospette per l'ingente movimentazione di denaro. Il Tribunale della capitale, tuttavia, ritenne di ridimensionare notevolmente le pretese del Ministero, riqualificando la violazione e stabilendo la sanzione di 3.000,00 euro come previsto dall'art.58 c.1 d.lgs. 231/2007, al posto di quella prevista dal comma secondo dello stesso articolo. Il Ministero proponeva allora appello, domandando l'applicazione del massimo della sanzione pari a 300.000,00 euro; questo in quanto contestava l'elevato grado di responsabilità del presunto colpevole e l'ingente mole dei valori movimentati che confermavano, nel complesso, la gravità della violazione, la quale, pertanto, avrebbe meritato il massimo della sanzione. L'appellato ne ha di conseguenza richiesto il rigetto nel merito per le motivazioni già espresse in primo grado e in via subordinata, con appello incidentale, ha domandato la riforma della sentenza in senso a sé completamente favorevole, ossia la correzione della stessa con annullamento in toto dell’opposto decreto, con condanna del Ministero alle spese relative ai due gradi di giudizio. Il caso è di particolare interesse in quanto si occupa dell'intervenuta decadenza del potere di emettere l'ordinanza ingiunzione motivo, talvolta, foriero di possibili soddisfazioni da parte dei soggetti sanzionati. Il professionista sosteneva che l'accertamento della violazione si fosse perfezionato dalla data della sua escussione a sommarie informazioni e di acquisizione documentale presso il suo studio, od al più nel momento, successivo, nel quale venne acquisita altra documentazione sempre presso il suo studio professionale o, in ultima ipotesi, dalla data di autorizzazione dell'A.G. all'utilizzo a fini amministrativi dei dati e documenti in tal modo acquisiti. Tutti elementi dai quali emergevano con chiarezza le contestazioni poi formalmente mosse al professionista nel processo verbale di contestazione della Guardia di finanza, notificato solo oltre il termine decadenziale di legge di giorni novanta, previsto dall'art.14 L.689/81. Dirimente il fatto che tutti gli accertamenti svolti in epoca successiva riguardarono fatti del tutto diversi da quelli poi a lui contestati. Pertanto, la CdA ha ritenuto che le "verifiche successive non potevano in alcun modo essere qualificate come prodromiche alla contestazione mossa al professionista, avendo avuto ad oggetto fatti e comportamenti diversi dalle condotte illecite ascritte a quest'ultimo, che la controparte ha tentato surrettiziamente di introdurre". "Tutte le successive attività d'indagine ed accertamento concernevano fatti differenti dall'omessa segnalazione delle operazioni sospette ad opera del commercialista". Se è vero che l'obbligo di segnalazione è svincolato dalla consapevolezza dell'illecito ma è connesso al solo sospetto secondo la normale diligenza professionale e a specifici indici, è anche vero che all'accertamento dell'illecito da segnalare sono estranee le attività, avvenute successivamente (oltre il termine dei 90 gg), volte alla repressione di illeciti penali ascrivibili ai soggetti la cui operatività, di per sé, doveva ingenerare quel sospetto e quindi far scattare l'obbligo della segnalazione. La Corte rileva che non era necessaria l'acquisizione di ulteriori atti per avere una visione più completa delle condotte oggetto di contestazione. Il termine di 90 giorni decorreva dalla ricezione del nulla osta dell’autorità giudiziaria all’utilizzo della documentazione già acquisita ai fini del procedimento amministrativo sanzionatorio, è da quella data che andava fatto decorrere il termine di decadenza di 90 giorni, in assenza dell’allegazione di ulteriori attività di accertamento rivolte allo specifico illecito amministrativo dell’omessa segnalazione delle operazioni sospette. Con il nulla osta dell’autorità giudiziaria, viene meno ogni esigenza di segretezza degli atti, quindi pienamente spendibili per la repressione dell’illecito accertato. Per tali motivi, in accoglimento dell’appello incidentale ed in riforma della sentenza impugnata, la CdA dapprima accoglie l’opposizione e per l’effetto annulla il decreto del Ministero, poi condanna lo stesso al risarcimento delle spese dei due gradi di giudizio.

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