Pubblicazione legale:
Nel caso in
analisi, concluso con Sentenza del Tribunale di Roma 15350/2022, il ricorrente
era un Notaio sanzionato dal Ministero per violazione delle disposizioni
antiriciclaggio di cui al d.lgs. 231/2007 in relazione all’adeguata verifica
della clientela e all'omessa segnalazione di operazione sospetta relativa a
compravendita immobiliare. Lo stesso ha quindi proposto opposizione a norma
dell'art. 6 d.lgs. 150/2011 al relativo decreto, con il quale gli era stata
applicata una sanzione di novemila euro.
La contestazione in merito alla presunta operazione sospetta verteva sul
fatto che il bonifico per l'acquisto dell'immobile era stato disposto da
un soggetto differente dal compratore e che le generalità del soggetto che
aveva effettuato il pagamento non risultavano né dal bonifico, né dalla visura
al portale KYC Know Your Customer (visura che, tra l'altro, fu
estratta dal Notaio solo in seguito all'ispezione), né dal rogito notarile.
In via preliminare, il professionista eccepiva la nullità del verbale redatto a
cura dei militati. Con un'interpretazione spesso ricorrente in contenziosi
di tale genere, il Tribunale non accoglieva tale eccezione, precisando che
la censura relativa all'asserita nullità del verbale non era proponibile in
sede di ricorso, in quanto oggetto dell'opposizione poteva essere soltanto il
decreto ministeriale di ordinanza ingiunzione con il quale era stata irrogata
la sanzione amministrativa (art. 22 legge n. 689/1981) e non il relativo
verbale di accertamento.
Era inoltre
irrilevante la doglianza relativa alla violazione degli obblighi di adeguata
verifica della clientela: infatti, il dettato normativo di cui all’art.58,
comma quinto, d.lgs. 231/2007, come novellato dal d.lgs. 90/2017, prevede che
laddove dall'omissione degli obblighi di adeguata verifica della clientela
derivi, come conseguenza immediata e diretta, l'inosservanza dell'obbligo di
segnalazione di operazione sospetta, il soggetto obbligato risponde solo
per la mancata segnalazione, infatti nel decreto il professionista era stato
sanzionato solo per l'inosservanza dell'obbligo di segnalazione operazione
sospetta e non per irregolare adeguata verifica relativa ai soggetti coinvolti.
Per quanto
concerne l'obbligo di effettuare la SOS concernente la sospetta irregolarità
dell'operazione, in base all'art.35 d.lgs. 231/2007 questo sussiste quando i
soggetti destinatari della norma sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli
per sospettare che siano in corso o che siano compiute o tentate operazioni di
riciclaggio; il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura
dell'operazione o comunque da qualsiasi altra circostanza conosciuta in ragione
delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e
dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita (Cass. n. 20647 del
2018); tale disposizione risponde a necessità cautelari e di prevenzione: per
tale motivo non si richiede la certezza che il cliente abbia posto in essere
attività connesse al fenomeno del riciclaggio, è sufficiente il solo sospetto.
Nello
specifico, avrebbero dovuto essere state ritenute anomale e quindi meritevoli
di SOS: l'esecuzione del pagamento da parte di un terzo; la mancata indicazione
dei rapporti intercorrenti tra acquirente e pagatore; il fatto che l'acquirente
fosse titolare di redditi incompatibili con il valore dell'operazione
effettuata; il profilo criminale dell'acquirente desumibile da fonti pubbliche;
l'area geografica connotata da maggior rischio di operazioni di riciclaggio.
Inoltre, era rilevabile la presenza di indicatori di anomalia previsti dal dm
giustizia 16.4.2010.
È evidente che la SOS non rappresenta una denuncia ma una segnalazione, e non è
conseguente alla certezza di sussistenza del reato. Per tali motivi
il professionista deve valutare con attenzione le anomalie, in modo da
dare rilevanza al sospetto, che ai sensi dell'art.35 del d.lgs. 231/2007 è
desunto dalle caratteristiche, dall'entità, dalla natura delle operazioni, dal
loro collegamento o frazionamento o altro in funzione delle funzioni esercitate
e tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal
soggetto cui fanno riferimento. Tali valutazioni, tuttavia, non implicano
l'esigenza di svolgere un'attività di tipo investigativo ma di
basarsi su informazioni di cui lo stesso dispone o dovrebbe ragionevolmente
disporre in virtù della sua professione.
Il Tribunale, confermata la responsabilità del soggetto obbligato, ha ritenuto
comunque (riducendo la sanzione) di accogliere le osservazioni
dell'opponente relative alla violazione, da parte del Ministero, del
principio del "favor rei" (contenuto nell'art. 69 del d.lgs. 231 del
2007) in deroga a quello del "tempus regit
actum"; principio, quello del favor rei, per il quale gli
illeciti commessi anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs.90 del 2017,
che ha modificato il d.lgs.231 del 2007, se ancora pendenti, sono soggetti
alla disciplina sanzionatoria più favorevole; questo ha consentito al Giudice
di procedere alla comparazione tra i due regimi per individuare quello in
concreto complessivamente più favorevole per la persona, avuto riguardo,
altresì, a tutte le caratteristiche del caso specifico (Cass. n. 20697
del 2018; Corte costituzionale n. 68 del 2017).
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