Pubblicazione legale:
In
tema di polizza vita, la designazione dà luogo a favore del
beneficiario ad un acquisto iure proprio ai vantaggi
dell'assicurazione (art. 1920 c.c.), anche se sottoposto alla condizione
risolutiva della mancata revoca della designazione (Cass. n. 3263/2016). Iure proprio vuol dire che
il diritto trova la sua fonte nel contratto e non entra a far parte del
patrimonio ereditario dello stipulante (Cass., S.U., n. 11421/2021; n. 25635/2018; n. 15407/2000). È opinione unanime, in dottrina e in
giurisprudenza, che la designazione del beneficiario sia un negozio
unilaterale, personalissimo e non recettizio, con cui il contraente individua
in modo generico o specifico il destinatario della prestazione
dell'assicuratore (Cass. n. 4833/1978).
Ai sensi dell'art. 1923 c.c.,
comma 2, in tema di assicurazione sulla vita a favore di un terzo, le norme
sulla collazione e sulla riduzione sono fatte salve in riferimento ai primi
pagati dallo stipulante, non alle somme percepite dal beneficiario.
E' stato chiarito che le polizze
sulla vita, aventi contenuto finanziario, nelle quali sia designato
come beneficiario un soggetto terzo non legato al contraente da vincolo
di mantenimento, sono configurabili, fino a fino a prova contraria,
come "donazioni indirette" a favore dei beneficiari
delle polizze stesse (Cass. n. 3263/2016). Si rileva che è il pagamento del
premio che costituisce pertanto il c.d. "negozio mezzo"
(l'assicurazione) utilizzato per conseguire gli effetti del "negozio
fine" (la donazione). Sono i premi pagati, pertanto, che comportano liberalità
atipica, non il contratto di assicurazione, che non può considerarsi
quale uno degli atti di liberalità contemplati dall'art. 809 c.c. (Cass. n. 7683/2015).