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Eredita' digitale e diritto all'oblio

Scritto da: Aurora Vizzarri - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

1. Eredità digitale: beni digitali e loro contenuto

Il termine "eredità digitale" è un concetto molto ampio e dal contenuto eterogeneo, poiché ricomprende tutti i beni gestiti digitalmente dal defunto, siano essi beni digitali aventi contenuto patrimoniale e quindi suscettibili di utilizzazione economica da parte del titolare e dei suoi eredi (ad es. i nomi a dominio; i beni digitali acquistati on-line; le fotografie digitali scattate da fotografi professionisti; le opere dell'ingegno o quelle artistiche sviluppate con strumenti digitali; le criptovalute e via discorrendo) o beni digitali aventi contenuto non patrimoniale (o personali o familiari), i quali sono suscettibili di essere valutati soltanto nella loro rispondenza a interessi individuali, familiari, affettivi o sociali (ad es. mail personali; foto e video di famiglia; messaggi sms o scambiati con app di messaggistica quali whatsapp o telegram; memorie personali redatte su documento informatico di testo ecc.). 

2. Il diritto all'oblio Il diritto all'oblio del defunto è un'estensione del diritto alla riservatezza e consiste nella protezione dei dati personali di un soggetto per il tempo successivo alla propria morte.

Attualmente, a livello europeo, non esiste una normativa sulla tutela dei dati personali delle persone decedute, la cui previsione è demandata alla discrezionalità degli Stati membri, come recita il Considerando 27 del Regolamento UE n. 2016/679, secondo cui  "“Il presente regolamento non si applica ai dati personali delle persone decedute. Gli Stati membri possono prevedere norme riguardanti il trattamento dei dati personali delle persone decedute”. 

Dunque, occorre guardare alla disciplina nazionale ed in particolare all'art. 2- terdecies del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, che ha introdotto una nuova disposizione nel Codice in materia di protezione dei dati specificamente dedicata al tema della tutela post mortem e dell’accesso ai dati personali del defunto.La citata disposizione (rubricata "Diritti riguardanti le persone decedute") prevede che: “i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell'interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione", fatte salve le ipotesi in cui l'esercizio di tale diritto non sia ammesso "dalla legge o quando, limitatamente all'offerta diretta di servizi della società dell'informazione, l'interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest'ultimo comunicata”.La regola generale prevista dal nostro ordinamento, dunque, è quella della sopravvivenza, in seguito alla morte, dei diritti dell’interessato (tra cui il diritto di accesso, di rettifica, di limitazione di trattamento, di opposizione, ma anche il diritto alla cancellazione ed alla portabilità dei dati) e della possibilità del loro esercizio post mortem da parte di determinati soggetti legittimati all’esercizio dei diritti stessi, senza tuttavia chiarire se si tratti di un acquisto mortis causa o di una legittimazione iure proprio.

 

3. La decisione del Tribunale di Milano

Ora veniamo al caso concreto.

 Con ordinanza del 9 febbraio 2021 il Tribunale di Milano – in sede cautelare - ha intimato ad Apple Italia S.r.l., quale società appartenente al gruppo Apple (tramite cui opera la Apple Distribution International LTD), di fornire assistenza ai genitori di un ragazzo deceduto a causa di un sinistro stradale per consentire loro di acquisire le credenziali d’accesso all’ID Apple del figlio e di recuperare così i dati contenuti nel suo account iCloud.

Questa pronuncia trae origine dal ricorso d'urgenza presentato dai genitori del giovane deceduto, ai quali Apple aveva negato l’accesso ai dati e ai file multimediali contenuti nello smartphone del figlio andato distrutto nell'incidente, ma ancora conservati nel sistema di sincronizzazione iCloud.

In particolare, per consentire l’accesso ai dati contenuti dell’ID Apple, la società statunitense aveva preteso dai richiedenti - come previsto dalla normativa americana dell'Electronic Communications Privacy Act- un ordine del Tribunale contenente determinati requisiti, peraltro, come poi accertato, estranei all'ordinamento italiano. Infatti, si richiedeva che nell'ordine del Tribunale fosse specificato: " 1) che il defunto era il proprietario di tutti gli account associati all’ID Apple; 2) che il richiedente è l’amministratore o il rappresentante legale del patrimonio del defunto; 3) che, in qualità di amministratore o rappresentante legale, il richiedente agisce come “agente” del defunto e la sua autorizzazione costituisce un “consenso legittimo”, secondo le definizioni date nell’Electronic Communications Privacy Act; 4) che il Tribunale ordina a Apple di fornire assistenza nel recupero dei dati personali dagli account del defunto, che potrebbero contenere anche informazioni o dati personali identificabili di terzi"

Quindi, i ricorrenti si sono rivolti all'autorità giudiziaria italiana per ottenere un provvedimento cautelare di condanna nei confronti di Apple, dimostrando:

- quanto alla sussistenza del fumus boni iuris, da un lato, la legittimazione dei medesimi, ai sensi dell’art. 2 terdecies del Nuovo Codice della Privacy, a esercitare i diritti relativi ai dati personali del figlio deceduto per “ragioni familiari meritevoli di protezione”, consistenti, in particolare, nel recupero di fotografie e video custoditi nell'account iCloud per colmare il dolore per la perdita prematura del proprio caro e nella realizzazione di un progetto dedicato alla sua memoria attraverso la pubblicazione della raccolta di ricette dallo stesso sperimentate e conservate nel suo archivio digitale, dall'altro, la mancanza di una dichiarazione scritta del defunto recante  il divieto di esercizio post mortem dei diritti connessi ai suoi dati personali;

- quanto all'esistenza del periculum in mora, il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile all’esercizio dei diritti connessi ai dati personali del figlio defunto comprovato dalla conferma - da parte del gestore – che i contenuti dell'account interessato sarebbero stati distrutti in automatico dopo un certo periodo di inattività.

Sulla base di questi rilievi, il Tribunale di Milano ha dunque ordinato ad Apple Italia (peraltro rimasta contumace nel procedimento de quo) di assistere i due genitori nel recupero dei dati del figlio per ragioni familiari meritevoli di tutela, non mancando di precisare come la policy della multinazionale statunitense in materia di recupero dei dati da account di persone defunte non sia compatibile con l’ordinamento italiano.

avv. Aurora Vizzarri

Al giorno d'oggi, i c.d. beni digitali sono entrati a far parte del patrimonio personale di milioni di persone in conseguenza dell'utilizzo sempre maggiore dei sistemi informatici e di internet, tuttavia, il tema dell'eredità digitale e le problematiche connesse al trasferimento mortis causa dei beni digitali del defunto restano ancora poco conosciuti e trattati nel nostro ordinamento giuridico.

Per comprendere l'importanza e  il rilevo pratico dell'argomento trattato in questo articolo, che con tutta probabilità sarà tra i più rilevanti nel prossimo futuro, basti pensare che la maggior parte dei contenuti digitali che ci appartengono sono conservati su supporti digitali di proprietà di terzi (quali cloud, social network, piattaforme di home banking, wallet digitali per il deposito di criptovalute, per citarne solo alcuni), ai quali è possibile accedere soltanto mediante credenziali private. Da ciò nasce la problematica relativa alla trasmissione del patrimonio digitale agli eredi di un soggetto e alla previsione di un diritto all’oblio per il defunto.

Su tale tema le società di servizi hanno iniziato ad interrogarsi da tempo offrendo soluzioni eterogenee: ad esempio, Google consente ai propri utenti di scegliere il periodo di inattività a seguito del quale avviene l'automatica cancellazione dell'account, Facebook , invece, consente agli utenti di poter indicare un proprio "contatto erede" per gestire o far eliminare in modo permanente l'account in caso di morte del titolare.

Per quanto è noto, per la prima volta in Italia, il 9 febbraio 2021 è intervenuta una pronuncia emessa dal Tribunale di Milano in materia di eredità digitale ed in particolare sul diritto dei congiunti ad accedere ai dati personali del de cuius custoditi in un cloud. 

Il provvedimento in commento rappresenta un primo importante contributo giurisprudenziale, che desta largo interesse per aver trattato una problematica molto delicata operando un bilanciamento tra diritti ugualmente meritevoli di tutela, quali il diritto alla riservatezza del defunto, il diritto dei terzi alla protezione dei propri dati personali incidentalmente incrociati con quelli del defunto e infine il diritto alla memoria dei genitori.

Prima di entrare nel merito della vicenda posta al vaglio del Tribunale di Milano, appare fondamentale, in via preliminare, comprendere cosa si intende per "patrimonio ereditario digitale" e "diritto all'oblio".

 



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Aurora Vizzarri

Avvocato civilista