Avvocato Luisa Camboni a Sanluri

Luisa Camboni

Matrimonialista e divorzista

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Diritto di famiglia. Alienazione parentale che cos’è? Quali rimedi?

Scritto da: Luisa Camboni - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

 L’alienazione parentale è, secondo i Giudici di Piazza Cavour - sentenza n. 26810/2011 - il comportamento del genitore affidatario che strumentalizza il rifiuto del minore di vedere l’altro genitore, impedendone così le visite stabilite dal Giudice.

L’alienazione parentale è generata, quindi, da una “programmazione” dei figli da parte di un genitore – detto genitore alienante -, attraverso l’uso di espressioni denigratorie, false accuse di trascuratezza, violenza o abuso, riferite all’altro genitore – detto genitore alienato. La costruzione di una falsa realtà familiare di terrore e maltrattamento genera nei figli sentimenti di diffidenza e astio verso l’altro genitore.

In altri termini, i figli diventano, in questo scenario, dipendenti dal genitore alienante e arrivano, così, ad assecondare la sua concezione della realtà. Così facendo, il genitore alienante riesce a distruggere il rapporto fra figli e genitore alienato, violando il cosiddetto diritto alla bigenitorialità. Diritto alla bigenitorialità inteso come legittimo diritto di un bambino a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati, ogni qual volta non esistano impedimenti tali da giustificare l'allontanamento di un genitore dal proprio figlio.

La separazione tra due coniugi è un momento doloroso non solo per la coppia genitoriale, ma soprattutto per i figli, questo perché la separazione determina una serie di cambiamenti a livello affettivo, sociale ed economico.

Ed è proprio nel momento in cui il nucleo familiare va disgregandosi che la coppia genitoriale deve evitare comportamenti ostili e conflittuali e ciò deve farlo tenendo a mente il preminente interesse dei figli, i quali hanno diritto a mantenere un rapporto sereno ed equilibrato con entrambi i genitori.

Non sempre è così!

Spesso capita che uno dei genitori pone in essere un’aspra conflittualità a danno dell’altro genitore e lo fa utilizzando i figli, macchinando con loro anomale alleanze al fine di distruggere/cancellare il loro rapporto con l’altro genitore.

Tale comportamento danneggia gravemente il benessere dei figli i quali hanno sempre bisogno di entrambe le figure genitoriali al fine di una loro sana crescita psico –fisica.

Quando ci troviamo di fronte ad un simile scenario dove un genitore - quello affidatario dei figli - utilizza gli stessi al fine di distruggere irrimediabilmente il rapporto con l’altro attraverso un comportamento manipolatore basato su menzogne, parliamo di alienazione parentale.

Chi scrive fa presente che spesso queste situazioni si riversano negativamente sui figli i quali subiscono una serie di alterazioni della loro sfera affettivo – relazionale. Ecco perché consiglio sempre alle coppie che si separano, in presenza di figli minori, di evitare di dare luogo a comportamenti di conflittualità perché di questo ne risentono i minori i quali hanno diritto di avere accanto genitori che diano loro affetto, cura, educazione, assistenza…

In caso di alienazione parentale: quali sono le conseguenze giuridiche sotto il profilo penale e civile?

Le conseguenze giuridiche nei confronti di un genitore alienante che non osserva i provvedimenti stabiliti dal Tribunale, pur di non far vedere i figli al padre, possono essere sotto il profilo penale querele ex art. 388 2° comma c.p. e anche ex art. 572 c.p. e relative condanne. Dal punto di vista civile si può richiedere ed ottenere un ammonimento del genitore alienante che viola le modalità di affidamento condiviso, sanzioni, risarcimento del danno ed inversione del collocamento per giungere addirittura all’ affidamento esclusivo.

Ma in ipotesi di alienazione parentale quale rimedio?

A parere di chi scrive il rimedio migliore è quello di far sì che ai minori venga garantito un affido condiviso, affido che garantisca tempi paritetici del minore con entrambi i genitori, al fine di evitare che si sviluppi in capo ad uno dei genitori la sindrome di alienazione parentale.

Come evitare il nascere dell’alienazione parentale?

Quando vi sono i sintomi di una alienazione parentale che il minore manifesta con il rifiuto del genitore non affidatario, il consiglio di chi scrive è quello di agire tempestivamente al fine di evitare danni irrecuperabili e far sì che il rapporto figlio - genitore alienato non venga distrutto/ cancellato.

Quale è il ruolo dell’avvocato in presenza di alienazione parentale?

Un avvocato, prima che difensore del cliente, deve essere il difensore dei diritti fondamentali dei minori. Quindi è suo compito, con pazienza e fermezza, far comprendere al coniuge che vuole separarsi di mettere da parte l’odio verso l’altro, perché ciò che conta è il benessere e la  tutela dei minori i quali necessitano di affetto e di cure sia da parte del padre, che della madre. Solo così è garantito l’autentico diritto alla bigenitorialità dei minori.

Avv. Luisa Camboni

 



Avv. Luisa Camboni - Matrimonialista e divorzista

L'Avv. Luisa Camboni è una stimata professionista titolare del proprio studio legale professionale con sede a Sanluri. L'avvocato Camboni è a completa disposizione dei propri assistiti per quanto riguarda l'assistenza e la consulenza legale, svolte sia in ambito giudiziale e processuale, sia in quello stragiudiziale. L'attività dell'avvocato Camboni si rivolge a persone fisiche e giuridiche, agendo in particolare in materia di diritto civile, infortunistica stradale, successioni, diritto di famiglia, recupero crediti.




Luisa Camboni

Esperienza


Diritto di famiglia

Ho seguito separazioni e divorzi di ogni tipo. situazioni coniugali drammatiche (tradimenti, violenza...). E' un ramo del diritto assai delicato e complesso che porta ad affrontare diversi aspetti: affidamento figli, assegnazione casa coniugale, assegno di mantenimento... Fornisco sia assistenza per il divorzio congiunto che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo condiviso. Quando la situazione descritta lo permette consiglio sempre una separazione consensuale.


Altre categorie:

Divorzio, Separazione, Matrimonio, Affidamento, Adozione, Diritto civile, Recupero crediti, Diritto del lavoro, Violenza, Stalking e molestie, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Diritto di famiglia: l’ex coniuge divorziato ha diritto a percepire una quota del trattamento di fine rapporto (TFR)?

Riferimento normativo. Il riferimento normativo, relativo alla quota del trattamento di fine rapporto, in caso di crisi coniugale, è contenuto nell’articolo 12-bis della l. 898/1970 (comunemente conosciuta come Legge sul divorzio), che così dispone: “ Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'articolo 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio”. La risposta all’interrogativo è, dunque, positiva: l ’ex coniuge divorziato ha diritto a percepire una quota del TFR, ma solo a determinate condizioni. Da una attenta lettura della disposizione soprariportata si evince che l’ex coniuge ha diritto ad ottenere la quota di TFR solo se: non ha contratto nuove nozze e solo quando è titolare di assegno di mantenimento periodico. Difatti, la corresponsione dell’assegno una tantum esclude tale diritto. E, ancora, all’ex coniuge spetta una quota pari al 40% del TFR, ma limitatamente agli anni che il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. Avv. Luisa Camboni

Pubblicazione legale

Separazione dei coniugi: gli assegni familiari a chi spettano?

Pubblicato su IUSTLAB

Prima di rispondere all’interrogativo, chi scrive ritiene necessario, ancora una volta, soffermarsi sulla distinzione tra assegno di mantenimento e assegni familiari. Si tratta di due emolumenti con funzioni diverse: - L'assegno di mantenimento consiste nel versamento mensile di una somma di denaro, suscettibile di revisione nel tempo, al coniuge economicamente debole o agli eventuali figli nati dal matrimonio in caso di separazione; - Gli assegni familiari , invece, sono una forma di prestazione a sostegno del reddito delle famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati a carico dell'INPS che hanno un reddito complessivo al di sotto di determinate fasce stabilite annualmente dalla legge. In caso di separazione quale coniuge deve percepire gli assegni familiari? Il genitore collocatario, cioè il genitore cui vengono affidati i figli, ha diritto a percepire gli assegni familiari per il nucleo familiare, anche nel caso in cui ne sia titolare l’altro coniuge. Tali somme vanno ad aggiungersi all’assegno di mantenimento, se non è stato deciso diversamente in sede di separazione o divorzio. Tale principio trova applicazione sia in caso di affidamento condiviso, sia in caso di affidamento esclusivo. In altri termini, il genitore cui non sono stati affidati i figli e che percepisce gli assegni familiari deve corrispondere tali somme all’altro genitore in aggiunta all’assegno di mantenimento e a prescindere dall’ammontare di quest’ultimo. E se il genitore che percepisce gli assegni familiari li trattiene per sé, che succede? Il genitore non affidatario o non convivente con i figli minori che trattiene per sé gli assegni familiari, non versandoli all’ex coniuge, commette il reato di “appropriazione indebita” , incassando del denaro non proprio, ma dell’altro genitore e che ha percepito per conto di quest’ultimo (Cass. sent. n. 694/85). Di conseguenza, il coniuge affidatario dei figli che non ha mai percepito gli assegni familiari dall’ex dovrà rivolgersi al Tribunale per ottenere il rimborso delle somme indebitamente trattenute. Si noti bene : la richiesta di rimborso deve avvenire nel termine di prescrizione decennale. Avv. Luisa Camboni

Pubblicazione legale

Separazione dei coniugi: assegno di mantenimento all’ex moglie casalinga quando spetta?

Pubblicato su IUSTLAB

Prima di dare una risposta all’interrogativo, diamo una definizione di assegno di mantenimento. Assegno di mantenimento: definizione e scopo. Per assegno di mantenimento si intende quella somma che viene stabilita di comune accordo dai coniugi, in caso di separazione consensuale, o dal Giudice, in caso di separazione giudiziale, quando la coppia decide di separarsi. L’assegno di mantenimento è, dunque, una forma di tutela che il Legislatore ha predisposto in favore dei figli e del coniuge economicamente più debole a garanzia dei doveri assistenziali e solidaristici derivanti dal matrimonio, anche dopo la cessazione del rapporto coniugale. Si noti bene : si tratta di una tutela, ma non assoluta in quanto incontra vincoli e limiti allo scopo di evitare che un diritto dettato per una determinata posizione economica di svantaggio si trasformi in una fonte di guadagno. Assegno di mantenimento ex moglie disoccupata casalinga. I Giudici di Piazza Cavour sono intervenuti sul punto stabilendo che quando la ex moglie possa ancora lavorare non può pretendere di vivere alle spalle del marito. Più precisamente se è disoccupata è necessario provare dinnanzi al Giudice che questa condizione non è dipesa da lei, ma da ragioni esterne alla sua volontà, id est alla sua età, alla sua salute, alla mancanza di formazione professionale, alla crisi del mercato del lavoro. 1. Età. Quanto all’età la Cassazione ha fissato un limite (45-50 anni) oltre il quale diventa più difficile inserirsi nel mondo del lavoro. 2. Stato di salute. Quanto allo stato di salute è necessario provare, con documentazione medica, le patologie che impediscono di svolgere attività lavorativa. 3. Formazione professionale La donna che non possiede una formazione professionale o che non ha esperienze lavorative perché ha scelto di dedicarsi alla famiglia ha quasi sempre diritto al mantenimento, a meno che non sia giovane da poter ritenere che la sua carriera nel mondo del lavoro è appena iniziata. In tali casi la donna deve dimostrare che l’assenza di un’occupazione per il periodo in cui era sposata l’ha ostacolata nell’ intraprendere corsi per la crescita professionale, così da essere disponibile per eventuali assunzioni o capace di dare vita ad un’attività in proprio. Questo è il caso della ex moglie casalinga che si è esclusivamente attivata nella gestione del ménage familiare. 4. Difficoltà di inserimento. Ovvero difficoltà nel reperire un’attività a causa della crisi del mercato occupazionale. In questa ultima ipotesi la donna deve dimostrare di essersi attivata nella ricerca. In che modo? Dando prova di aver inviato curricula a diverse aziende, partecipato a selezioni, richiesto colloqui di lavoro… La donna dovrà, insomma, dimostrare di avere cercato un’occupazione e di non averla trovata. Deve provare al Giudice di avere fatto il possibile per trovare un posto di lavoro e di non esserci riuscita non per sua colpa. Assegno di mantenimento: ruolo della donna. Al riguardo le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che il Giudice, nel valutare e determinare il quantum dell’assegno di mantenimento, deve tenere conto del ruolo che la moglie ha rivestito all’interno della famiglia. È chiaro, infatti, che la donna che ha sacrificato la propria carriera per badare ai figli e alla casa, ha consentito al marito di concentrarsi sulla carriera, arricchendosi; è, quindi, giusto che questa partecipi all’incremento di ricchezza ottenuto dall’ex, venendole riconosciuto un equo assegno di mantenimento. Alla luce di questo breve excursus, diamo risposta all’interrogativo: all’ex moglie casalinga deve essere riconosciuto un assegno di mantenimento? Occorre distinguere: A. ex moglie casalinga che ha superato la soglia di età : in questa ipotesi, essendo difficile reperire un’occupazione, ha diritto a vedersi riconosciuto un assegno di mantenimento; B. ex moglie casalinga che non ha superato la soglia di età, in ottimo stato di salute, in possesso di titolo di studio: in questa ipotesi ha la possibilità di trovare un’occupazione al fine di mantenersi da sola. Quindi, l’assegno di mantenimento le potrà essere riconosciuto sino a quando non riesce a trovare una indipendenza economica. Valgono in questo caso le medesime regole che il Legislatore ha dettato per il mantenimento dei figli. Avv. Luisa Camboni

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