Pubblicazione legale:
Gli organi delle procedure concorsuali in caso di fallimento (curatore), liquidazione coatta amministrativa (commissario liquidatore) o amministrazione straordinaria (commissario straordinario) sono legittimati dalla legge a promuovere tutte le azioni di responsabilità in tema di responsabilità degli amministratori e dei sindaci, compresa l’azione spettante ai creditori sociali nei confronti degli amministratori e l’azione sociale esercitata dai soci ai sensi dell’art. 2393bis c.c..
Per quanto concerne il socio e il terzo danneggiato, invece, essi conservano la legittimazione ad esercitare l’azione ex art. 2395 c.c. anche nel corso di una procedura concorsuale, pur sempre se siano rispettate i rigodi principi di prova de danno subito.
L’art 146, comma 2 L.Fall., come detto, attribuisce al curatore la legittimazione esclusiva all’esercizio dell’azione di responsabilità, sia con riferimento all’azione sociale (art. 2393 e 2393bis c.c.) sia all’azione di responsabilità dei creditori sociali (art. 2394 c.c.).
Tale tipologia di azione ha la caratterisica di cumulare in sé le diverse azioni di cui sopra, rispettivamente a favore della società e dei creditori sociali. Essa assume quindi un carattere unitario ed inscindibile finalizzato alla reintegrazione del patrimonio sociale a garanzia dei creditori e dei soci per il tramite delle caratteristiche e degli obiettivi di ciascuna di esse.
La cennata caratteristica si ripercuote altresì sul piano processuale, dal momento che nel caso in cui l’attore non specifichi il titolo nella domanda giudiziale non determina la relativa nullità per indeterminatezza ma fa presumere, in assenza di un contenuto anche implicitamente diretto ad escludere una delle due azioni di responsabilità, che il curatore abbia inteso esercitarle entrambe congiuntamente (Cass. n. 23452/2019).
Ciò implica altresì che il curatore può indifferentemente formulare le istanze risarcitorie nei confronti degli amministratori e dei sindaci invocando sia i presupposti della responsabilità contrattuale relativo all’azione esperibile dalla società (art. 2393 c.c.) sia quelli della responsabilità extracontrattuale tipico dell’azione esperibile dai creditori sociali (art. 2394 c.c.). Ciò implica che la curatela attrice può avvantaggiarsi del particolare regime di prova della colpa che è presunta nella responsabilità contrattuale, a differenza di quanto concerne la responsabilità aquiliana, nonché la diversa e più vantaggiosa delle discipline di durata e termine di decorrenza della prescrizione.
L’azione di cui all’art. 146, comma 2 L.Fall., nonostante il regime di favore avanti illustrato, richiede comunque l’assolvimento da parte dell’attore dell’onere di provare l’inadempimento da parte dell’amministratore di uno o più obblighi impostigli dalla legge o dall’atto costitutivo, il danno patito dalla società e il nesso causale ovvero che il danno discende in via immediata e diretta dalla condotta dolosa o colposa dell’amministratore.
Il mancato assolvimento di tale onere, infatti, determina inesorabilmente il mancato accoglimento della domanda.
Non è sufficiente, dunque, che il curatore deduca il compimento di atti di cattiva gestione, anche di penale rilevanza (si veda il c.d. falso in bilancio) dal momento che occorre altresì la prova che tali condotte abbiano cagionato un danno alla società o ai creditori e che in assenza della cattiva gestione il danno non si sarebbe verificato. Ad esempio, l’infedele redazione di un bilancio di esercizio non implica necessariamente un danno patrimoniale a carico della società.
Come detto le azioni di responsabilità esercitabili dagli organi concorsuali conservano le regole di prescrizione previste per le specifiche azioni che spettavano alla società e ai creditori sociali. Il termine, pertanto, resta quello comune di cinque anni ex art. 2949, commi 1 e 2.
Esso inizia a decorrere, ai sensi dell’art. 2393 c.c. dal momento della cessazione degli amministratori (Cass. 12065/2013) o dal momento in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente ex art. 2394 c.c., nel senso che l’insufficienza patrimoniale sia oggettivamente conoscibile da parte di tutti i creditori (Cass. n. 5614/2020). La giurisprudenza prevalente a tal proposito ritiene che tale momento corrisponda alla dichiarazione del fallimento, in quanto momento in cui viene palesata e conclamata la predetta insufficienza.
Il curatore, quindi, potrà avvalersi del termine di prescrizione delle due azioni che risulti più favorevole, anche se non sussustano i presupposti di una delle azioni (Cass. n. 6037/2010).
in definitiva, quindi, l’azione di cui all’art. 146 L.Fall. costituisce uno strumento potente in mano agli organi delle procedure concorsuali dal momento che riceve un particolare favore da parte della legge e della giurisprudenza. Talvolta costituisce l’unica modalità per consentire ai creditori di poter ottenere il ristoro quanto meno parziale dei propri crediti ammessi.
Avv. Marco Napolitano
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