Pubblicazione legale:
Onere della prova in tema di fatture per operazioni inesistenti: il tema è stato affrontato dalla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione Civile, Sez. V, ordinanza 27 aprile 2020, n. 8177.
Afferma la sentenza che in tema di Iva, qualora l'Amministrazione Finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all'Ufficio l'onere della prova che l'operazione commerciale oggetto della fattura non è mai stata posta in essere. Devono essere indicati gli elementi anche indiziari su cui si fonda la contestazione.
Tale onere della prova da parte dell'Ufficio può essere assolto anche tramite presunzioni semplici, dato che la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova.
L'Ufficio, quindi, ha l'onere della prova o che l'operazione fatturata non sia mai stata effettuata (ad esempio provando che la società emittente la fattura sia una "cartiera" per mancanza di sede, mancanza di iscrizione, omesso versamento delle imposte) o che la fattura sia stata emessa da chi non è stato controparte nel relativo rapporto.
Nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, in particolare, l'Amministrazione Finanziaria deve provare in base ad elementi oggettivi che il contribuente al momento in cui ha acquistato il bene o i servizio sapeva, o avrebbe dovuto sapere con l'uso dell'ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva, con l'emissione della fattura, evaso l'imposta o partecipato ad una frode. Deve cioè provare che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale sospetto e a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto o mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente.
Quantomeno nell'ipotesi più semplice e comune di fatturazione per operazione inesistente di tipo triangolare, caratterizzata dall'interposizione di un soggetto italiano - fittizio nell'acquisto di beni tra un soggetto comunitario (reale cedente) ed un altro soggetto italiano (reale acquirente) - il detto onere probatorio da parte dell'Amministrazione Finanziaria può ben esaurirsi nella prova che l'interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata all'esecuzione della prestazione fatturata.
A questo punto, quindi l'onere della prova contraria passa al contribuente.
La prova contraria del contribuente non può consistere nella mera esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale della tenuta delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, dato che sono elementi che solitamente vengono utilizzati proprio con lo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia (si veda Cass. n. 14237 del 07.06.2017, Cass. n. 20059 del 24.09.2014).
Nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti tale onere potrà essere assolto dimostrando che la cessione del bene o del servizio sia effettivamente avvenuta, tramite documentazione a sostegno o tramite altri mezzi di prova.
Nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti il contribuente è chiamato a provare, anche in via alternativa, di non essersi trovato nella situazione giuridica di oggettiva conoscibilità delle operazioni pregresse intercorse tra il cedente e il fatturante in ordine al bene ceduto. Oppure, nonostante il possesso della capacità cognitiva adeguata all'attività professionale svolta, di non essere stato in grado di superare l'ignoranza del carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti coinvolti. In sostanza deve dimostrare che, sulla base della normale diligenza esigibile dall'operatore economico e sulla base delle circostanze di fatto, non si è accorto o non avrebbe potuto accorgersi dell'illiceità dell'operazione. In tale ambito, infatti, deve bilanciarsi l'esigenza della buona fede del contribuente, così come più volte precisato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (cfr. sentenza 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C-439/04 e C-440/04; 21 luglio 2012, Mahagè ben e David, C-80/11 e C-142/11).
Avv. Marco Napolitano
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