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Prescrizione della liquidazione della quota del socio uscente

Scritto da: Marco Napolitano - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Da quando decorre il termine di prescrizione della liquidazione della quota del socio uscente?

Come noto la cessazione per morte, recesso, esclusione attribuisce al socio cessato o ai suoi eredi il diritto alla liquidazione della quota di una società in nome collettivo, a differenza dell'ipotesi in cui la cessazione avvenga per trasferimento a titolo oneroso o per donazione.

I soci cessati (o i loro eredi), quindi, hanno diritto a ricevere una somma di denaro corrispondente al valore della quota entro sei mesi dalla cessazione del rapporto sociale.

Unico soggetto obbligato a liquidare la quota è la società e non già i soci personalmente, come chiarito dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. 11/02/1998 n. 4103; Cass. 10/06/1998, n. 5757) sulla base del principio per cui la società, seppur priva di personalità giuridica e con autonomia patrimoniale imperfetta, è pur sempre soggetto di diritto titolare dei beni sociali e dotata di capacità giuridica sostanziale e processuale nei rapporti esterni.

Ne consegue che la proposizione della domanda di liquidazione della quota va esperita esclusivamente nei confronti della società, senza necessità di chiamare in causa i soci che non sono litisconsorti necessari.

Dal momento che la norma prevede che la società sia tenuta ad adempiere entro sei mesi dalla data di scioglimento del rapporto sociale, ciò implica che essa abbia la facoltà di eseguire la prestazione sino alla scadenza di detto termine e che, quindi, il socio non possa predetenere la prestazione prima di allora. Ne consegue che alla scadenza del termine ai sensi dell'art. 2289, comma 4 c.c., la società è costituita automaticamente in mora e sono dovuti gli interessi di mora e il risarcimento del danno per svalutazione monetaria.

Alla luce di quanto sopra la Suprema Corte di Cassazione ha recentemente confermato l'orientamento per cui il termine di prescrizione del diritto a ricevere la liquidazione della quota inizi a decorrere da quando la prestazione dovuta al socio uscente diventi esigibile. Essendo di sei mesi il termine per l'adempimento posto a favore della società, come detto sopra, la prescrizione della liquidazione della quota del socio uscente cominicia a decorrere solo dopo la scadenza di tale termine, in quanto il creditore prima non può esigere la prestazione (Cass. 13 gennaio 2022, n. 1200).

Il termine prescrizionale può essere interrotto nelle forme e con le ordinarie modalità previste dall'ordinamento. E' significativo, peraltro, l'orientamento giurisprudenziale per cui l'onere di provare il valore della quota del socio uscente di una società di persona incomba sui soci superstiti e non sul socio uscente, in virtù del principio di prossimità della prova (Cass. 19.02.2020, n. 4260).

Nel caso in cui si perfezioni la prescrizione della liquidazione della quota del socio uscente , la quota non liquidata viene automaticamente ripartita tra i soci superstiti in proporzione alle partecipazioni di ciascuno.

Avv. Marco Napolitano


Avv. Marco Napolitano - Avvocato per le imprese

Nella mia professione nutro una particolare predilezione per il mondo dell'impresa. Assisto le imprese sia in ambito civilistico (contenzioso fiscale, contrattualistica, recupero crediti, consulenza in ambito di rapporti tra soci e di management, contenzioso di diritto industriale, assistenza nella crisi di impresa, diritto del lavoro) sia in ambito di diritto penale (fallimentare, tributario, societario e responsabilità ex D.Lgs. 231/01). Mi avvalgo del costante confronto con professionisti esperti in ambito contabile, fiscale e di consulenza bancaria.




Marco Napolitano

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Referenze

Pubblicazione legale

Gli interessi corrispettivi e moratori in tema di usura bancaria

Pubblicato su IUSTLAB

Il tema degli interessi corrispettivi e moratori nell'usura bancaria ha ricoperto un ruolo molto importante per il corretto inquadramento del fenomeno. Definizione di interessi corrispettivi e moratori In particolare occorre premettere che gli interessi corrispettivi costituiscono il c.d. "prezzo del finanziamento", quindi la remunerazione che la banca acquisisce per aver erogato a terzi somme di denaro. Gli interessi moratori costituiscono, invece, quelli che maturano nel caso in cui il soggetto beneficiario dell'erogazione sia inadempiente rispetto alle obbligazioni contratte. Come anticipato, si è storicamente assistito ha opinioni differenti in merito alla necessità di conteggiare o meno tali categorie di interessi nel calcolo del tasso applicato al fine di verificarne la sussistenza di usura bancaria. Gli orientamenti giurisprudenziali Una delle tesi che gli istituti di credito hanno storicamente sostenuto è che gli interessi di mora non dovessero essere conteggiati ai fini del calcolo del tasso di usura bancaria, dato che non rappresenterebbero un corrispettivo remunerativo in senso stretto e possono ricondursi all'istituto delle clausole penali legittimamente inserite nei contratti bancari secondo le norme del Codice Civile. Secondo tale tesi, inoltre, l'interesse corrispettivo in quanto espressione della fruttuosità dell'attività finanziaria esercitata deve necessariamente computarsi nel calcolo del tasso usurario. L'interesse moratorio, invece, avendo natura meramente risarcitoria, è correlato all'inadempimento del beneficiario quindi si applica solo al verificarsi in una condotta illecita della parte contrattuale e non rientra, pertanto, nelle condizioni fisiologiche del contratto. Per tale ragione deve ritenersi svincolato dalla normativa antiusura. In senso avverso a tale prospettazione la giurisprudenza di legittimità è giunta a sostenere che anche il tasso di mora debba essere al di sotto della soglia usuraria (Cass. Sez. Un. n. 19579/2020). In particolare «la disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso» , con la finalità di non lasciare il debitore alla mercé del finanziatore. L'altro problema che ha generato contrasti interpretativi riguarda il computo di questo tasso nell'ambito dell'usura bancaria. Una sentenza della Cassazione (Cass. Sez. I, n. 350/2013) aveva alimentato negli anni un vasto contenzioso data la poco chiara situazione relativa al rapporto tra il tasso di mora, corrispettivo e soglia. La più recente giurisprudenza, anche di merito (si veda Tribunale di Roma, Sez. XVII n. 1640/2020) ha chiarito che gli interessi corrispettivi e moratori sono entrambi soggetti alla legislazione anti usura bancaria e che quindi sia l'uno che che l'altro debbano essere pattuiti e mantenuti al di sotto del tasso soglia. I due tassi, però, in sede di conteggio non devono sommarsi ma sono alternativi, dal momento che si applicano in due fasi diverse della vita del contratto, sicchè quando viene meno il tasso corrispettivo ad esso si sostituisce quello di mora. Avv. Marco Napolitano

Titolo professionale

Corso sul leasing finanziario alla luce della legge sulla concorrenza (L. n. 124/2017)

IPSOA Scuola di formazione - 1/2022

Il corso affronta l'evoluzione della normativa negoziale nel leasing finanziario sino a giungere alla legge n. 124 del 2017, con riferimento anche alla regolamentazione dell'istituto nelle procedure concorsuali.

Titolo professionale

Corso anatocismo ordinari e bancario

IPSOA Scuola di formazione - 12/2021

Il corso ha approfondito la normativa rilevante in tema di anatocismo ordinario, anatocismo bancario dalle origini sino alla delibera C.I.C.R. 09.02.2000 e, successivamente, dalla legge n. 10/2011 al nuovo art. 120 comma 2 TUB.

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