Ristretta base azionaria e strategie difensive

Scritto da: Marco Napolitano - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Quando si parla di società a ristretta base azionaria si fa riferimento ad una società composta da un ristretto numero di soci, molto spesso legati da vincoli di parentela.

Può accadere che l’Agenzia delle Entrate a seguito dell’accertamento notificato alla società di capitali a ristretta base azionaria, con il quale procede alla rettifica e alla contestazione di un maggior reddito di impresa, notifica un secondo avviso di accertamento e rettifica della dichiarazione personale dei soci.

Il ragionamento posto a sostegno di tale secondo accertamento si può individuare nella considerazione secondo la quale “gli utili extrabilancio delle società di capitali a ristretta base azionaria si presumono distribuiti ai soci, salvo la loro prova contraria“.

Tale regola di matrice esclusivamente giurisprudenziale viene definita “presunzione di distribuzione” e rientra nella categoria delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.: essa si fonda sull’assunto per cui il ristretto numero di soci e i legami qualificati tra loro determina una maggiore conoscibilità degli affari societari o comunque nell’onere del socio di conoscere tali affari.

Tale presunzione scatta, quindi, vengono riscontrate le seguenti condizioni:

  • viene emesso un avviso di accertamento di maggior reddito nei confronti della società di capitali (come ad esempio nell’ipotesi di omessa contabilizzazione di ricavi o di rilevazione di fatture inesistenti)
  • sussiste un numero ristretto di soci, legati tra loro da vincoli di parentela e/o amicizia (coniugi, parenti o affini, non più di tre soci o anche nell’ipotesi, ad esempio, in cui la base azionaria è composta da due persone fisiche e una società finanziaria con quota di minoranza)
  • viene esercitato un potere di controllo dell’attività della società direttamente da parte dei soci

Affinché le predette condizioni possano essere poste alla base della presunzione che i soci stessi siano stati destinatari della distribuzione degli utili extracontabili generati dalla società occorre, tuttavia, che esse siano state già oggetto di accertamento in capo alla società divenuto definitivo a seguito di una rinuncia all’impugnazione giudiziale avanti alle Commissioni Tributarie competenti o perché siano esauriti i gradi di giurisdizione.

Il divieto di presunzione di secondo grado impone infatti, che, affinché il fatto noto – ristretta base azionaria della società e sussistenza di maggiori redditi non dichiarati – possa essere posto alla base del fatto ignoto – distribuzione degli utili extracontabili – è necessario che il primo sia contenuto in un accertamento definitivo.

Una prima strategia difensiva, quindi, potrebbe essere quella di chiedere la sospensione del procedimento sorto a seguito dell’impugnazione dell’avviso di accertamento in capo al socio al fine di attendere l’esito del giudizio sorto a seguito dell’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso in capo alla società, stante la pregiudizialità tra le due cause (si veda la recente pronuncia Cass, ordinanza 13 marzo 2015 n. 5581).

Altro argomento potrebbe risiedere nella mancata allegazione all’avviso di accertamento notificato al socio l’avviso di accertamento notificato alla società, con l’effetto di aver determinato un difetto di motivazione per relationem o comunque una violazione del diritto di difesa.

In ogni caso, trovandoci a operare con una presunzione semplice, ciascun socio può comunque utilizzare ulteriori argomenti difensivi per superare l’onere a suo carico di dimostrare la mancata distribuzione a suo favore di utili non contabilizzati:

  • ad esempio dimostrando che in realtà gli utili in capo alla società siano stati accantonati o reinvestiti nell’attività di impresa, ovvero distribuiti solo ad alcuni soci o all’amministratore
  • o ad esempio dimostrando che il socio stesso fosse formalmente privo di poteri di controllo o di effettiva gestione societaria, ricoperti dagli altri soci, dai quali non avrebbe avuto notizia dell’esistenza di somme – in quanto non riportate nella contabilità societaria – che gli altri soci stessi si sarebbero ripartiti tra loro: e ciò mediante una denuncia nei confronti di chi gestisce la società in via sostanziale, o proponendo un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori o documentando che pur avendo cercato di assumere informazioni sulla gestione sociale, a causa di atteggiamenti ostruzionistici da parte degli amministratori, non è stato possibile acquisire le dovute informazioni.

Infine ulteriori argomenti spendibili nella difesa del socio possono sicuramente sovrapporsi a quelli spendibili a favore della società per dimostrare l’inesistenza di ricavi non contabilizzati né dichiarati.



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Avvocato Marco Napolitano a Vicenza
Marco Napolitano

Avvocato per le imprese