Avvocato Carmine Perruolo a Trieste

Carmine Perruolo

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Causa di Servizio: definizione, cenni procedurali e di tutela legale (in particolare per i ricorsi avverso il diniego di causa di servizio innanzi alla Corte dei Conti senza alcun limite di natura temporale)

Scritto da: Carmine Perruolo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:


Causa di servizio: definizione, cenni procedurali e di tutela legale (in particolare per i ricorsi avverso il diniego di causa di servizio innanzi alla Corte dei Conti senza alcun limite di natura temporale)


Per causa di servizio si intende qualsiasi lesione o infermità, ivi compresa la morte, che possa essere collegata causalmente a fatti di servizio del pubblico dipendente. È bene chiarire che il fatto di servizio collegato alla lesione o all’infermità non deve essere necessariamente esclusivo, ma può porsi anche come semplice concausa che abbia contribuito allo sviluppo dello stato patologico in maniera non trascurabile.

La procedura ad oggi è disciplinata dai DPR 461/01 e 1092/73 (si evidenzia, inoltre, che a seguito dell’emanazione del D.L. n. 201/2011, il riconoscimento spetta ad oggi agli appartenenti al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, con esclusione quindi dei pubblici dipendenti “civili”). In base a tale normativa, il riconoscimento della causa di servizio dà diritto a peculiari benefici, tra cui in particolare la concessione dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata. Per quanto riguarda l’equo indennizzo, esso consiste in una indennità "una tantum" di entità variabile a seconda della gravità della malattia e del livello retributivo del richiedente al momento della presentazione della domanda. La pensione di privilegio, invece, è una prestazione previdenziale riconosciuta in seguito a infermità o lesioni contratte per fatti di servizio (non è richiesto alcun requisito di anzianità contributiva), nella misura stabilita dall’art. 67 DPR 1092/73. La domanda di causa di servizio può essere presentata in costanza di rapporto, o anche dopo il collocamento in quiescenza; in quest’ultimo caso entro 5 anni dal momento in cui si è manifestata la malattia, oppure entro 10 anni in caso di invalidità derivanti da parkinsonismo - Corte Cost., sent. n. 323/2008 (bisogna tener presente però, che, fermo restando in ogni caso il diritto alla pensione privilegiata, se si vuole aver riconosciuto anche l’equo indennizzo, la domanda di causa di servizio va presentata nel termine di 6 mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui si è avuta conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento).

Orbene, se il procedimento amministrativo di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio si conclude con esito negativo, è possibile ricorrere ai competenti organi di giustizia. Precisamente, in base ad un orientamento oramai superato, si riteneva che il predetto diniego potesse essere impugnato solo innanzi al Tar (entro 60 giorni) o, in alternativa, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (entro 120 giorni). Con un provvedimento storico, la Corte di Cassazione a Sezioni UNITE (ord. n. 4325/2014) ha statuito che la determinazione che rigetta il riconoscimento della causa di servizio possa essere opposta anche di fronte alla Corte dei Conti territorialmente competente, sia dal personale in servizio, sia da quello in congedo, senza alcuna limitazione temporale. Quindi, anche qualora fossero decorsi i termini per opporre il provvedimento di rigetto innanzi al Tar o mediante il ricorso straordinario al PdR, sarà sempre possibile ricorrere alla Corte dei Conti in ogni tempo. Si precisa, inoltre, che vi è la possibilità di ricorrere alla Corte dei Conti anche in presenza di una precedente pronuncia negativa del giudice amministrativo.

Difatti, la sussistenza della dipendenza da causa di servizio costituisce un presupposto essenziale, come detto, non solo per il riconoscimento dell’equo indennizzo, ma anche per l’eventuale riconoscimento della pensione privilegiata; quest’ultima circostanza è stata ritenuta sufficiente dalla Corte di Cassazione a radicare anche la competenza della Corte dei Conti, unico organo a poter valutare tutto ciò che riguarda la materia previdenziale per i pubblici dipendenti.

Pertanto, coloro che abbiano proposto domanda di causa di servizio in costanza di rapporto lavorativo o, dopo il collocamento in congedo, entro 5 anni dalla manifestazione della malattia (10 anni in caso di parkinsonismo) e che abbiano ricevuto un diniego, avranno sempre la possibilità di opporsi innanzi al Giudice contabile senza alcun limite di tempo.

 

Avv. Carmine Perruolo
Trieste
- Via Trenta Ottobre 14
Cell.: 338.8563255  

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Avv. Carmine Perruolo - Avvocato Militare, Amministrativista, Civile

L’avv. Perruolo, esperto in diritto Amministrativo (in particolare pubblico impiego Militare, pubblico impiego, concorsi, ecc.), diritto civile e del lavoro. In particolare, da numerosi anni lavora a stretto contatto con i dipendenti del settore privato e delle Pubbliche Amministrazioni, offrendo assistenza anche agli appartenenti alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia (ad ordinamento militare e civile) ed alle loro famiglie (licenziamenti, procedimenti disciplinari, riconoscimento status vittima del dovere, ricorsi vittime dell'uranio impoverito, risarcimenti, diritto famiglia, ricorsi Corte dei Conti, ecc.)




Carmine Perruolo

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Referenze

Pubblicazione legale

Pensioni militari: l’art. 54 DPR 1092/73. Ricorsi alla Corte dei Conti. Diritto al ricalcolo della pensione dei militari

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La problematica riguarda l’applicabilità dei benefici pensionistici di cui all’art. 54 DPR 1092/73 al personale militare che al 31.12.1995 abbia maturato una anzianità di servizio inferiore a 18 anni (la cui pensione viene calcolata, a seguito della riforma “Dini”, con il c.d. sistema misto). La norma in parola precisamente prevede che al personale militare che abbia maturato almeno 15 anni di servizio, spetti una pensione determinata applicando una aliquota di rendimento pari al 44%, aumentata di 1.80% per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo. Nel previgente sistema, il calcolo del trattamento pensionistico era effettuato interamente con il sistema retributivo, con integrale applicazione del predetto articolo. A seguito delle riforme intervenute nel tempo, è stato invece previsto che il trattamento pensionistico del personale militare che non avesse raggiunto al 31.12.95 i 18 anni di servizio utile, dovesse essere liquidato con il c.d. sistema misto (sistema, quindi, in parte retributivo e in parte contributivo). Tali riforme, tuttavia, non hanno mai abrogato l’art. 54 del D.P.R. n.1092/73, la cui interpretazione letterale, tra l’altro, sembrerebbe confermare la sua applicabilità alla quota di pensione liquidata mediante il sistema retributivo (naturalmente, per i trattamenti previdenziali rientranti nell’alveo del sistema misto). Di diverso avviso è l’Inps; quest’ultimo ritiene che la quota di pensione retributiva spettante al personale militare vada calcolata come per il personale civile, applicando cioè l’art. 44 del DPR 1092/73 che prevede una aliquota inferiore, ovverosia del 35% “aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio” oltre il quindicesimo (quindi, un'aliquota del 2,2% annuo). Ad avviso dell’Istituto previdenziale, infatti, l’art. 54 riguarderebbe la sola fattispecie di cessazione dal servizio con “almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile” e non anche a quella di prosecuzione del servizio. La giurisprudenza della Corte dei Conti in più occasioni ha sanzionato la condotta dell’Inps che metodicamente applica una aliquota più bassa alle pensioni dei pubblici dipendenti militari. In particolare, da ultimo, é intervenuta la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.1/2021/QM/PRES-SEZ che, componendo alcuni contrasti in materia, ha definitivamente statuito, attraverso un complesso ragionamento interpretativo, che alla quota retributiva debba essere applica l'aliquota di rendimento del 2,44% annuo (percentuale individuata dividendo l'aliquota del 44% per 18, ovverosia per il numero di anni che segna il punto di passaggio dal sistema retributivo a quello misto); quindi, una percentuale più alta di quella che solitamente applica l'Inps (2,2%). Ricapitolando, quindi, l'aliquota del 2,44% annuo risulta sicuramente applicabile a coloro che al 31.12.95 abbiano maturato almeno 15 anni di servizio, ma meno di 18; il beneficio è da ritenere altresì applicabile a coloro che al 31.12.95 abbiano meno di 15 anni di servizio in quanto, non essendovi una norma che disciplini in maniera specifica tale ultima fattispecie, appare corretto estendere in via analogica il ragionamento effettuato dalle Sezioni Riunite anche a tale ultima casistica riconoscendo, quindi, la predetta aliquota del 2,44%. L’Inps, purtroppo, nonostante le chiare indicazioni della giurisprudenza della Corte dei Conti, continua ad applicare una aliquota di rendimento più bassa rispetto a quella che dovrebbe essere applicata alla quota retributiva delle pensioni dei militari. Evidente che tale condotta comporta una palese ed ingiusta penalizzazione. Gli illegittimi provvedimenti di pensione che rientrano nella fattispecie appena delineata sono suscettibili di opposizione innanzi alla Corte dei Conti territorialmente competente (la competenza territoriale viene determinata in base alla residenza). Il personale interessato che volesse approfondire la tematica e valutare la propria posizione, potrà contattare lo Studio Legale per avere informazioni ai seguenti recapiti: cell.: 338.8563255 (Avv. Perruolo). Avv. Carmine Perruolo

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Risarcimento danni (Uranio impoverito)

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Tumore da uranio impoverito, il carabiniere sarà risarcito -Il Tar ha riconosciuto a un militare di stanza a Pordenone mezzo milione di euro. Era stato in servizio nei Balcani

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Vittime del Dovere - Il riconoscimento non è soggetto a prescrizione

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VITTIME DEL DOVERE - Militare Assistito dallo Studio riesce ad ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere per un infortunio occorso più di TRENTA anni fa durante un'esercitazione, con diritto agli assegni vitalizi ed agli arretrati relativi ai 10 anni antecedenti la presentazione della domanda (circa 300.000 euro). Il Tribunale di Trieste - Sez. Lavoro- emette una storica sentenza, evidenziando che il riconoscimento dello status di vittima del dovere non può essere soggetto a prescrizione. La sentenza è stata recentemente confermata dalla Corte d'Appello, con sentenza pubblicata a marzo 2024. Si pubblica estratto di un articolo del "Piccolo di Trieste". Avv. Carmine Perruolo Trieste - Via Trenta Ottobre 14 Cell .: 338.8563255

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