Avvocato Daniela Giuliani a Roma

Daniela Giuliani

Matrimonialista e divorzista. Avvocati Matrimonialisti Associati sede Roma

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Collocamento paritario dei figli- la posizione della giurisprudenza

Scritto da: Daniela Giuliani - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

LA GIURISRPUDENZA IN TEMA DI COLLOCAMENTO PARITARIO (PARENTAL SHARING)  – LE PIU’ RECENTI SENTENZE DEI TRIBUNALI

 

Nel caso di separazione/divorzio in presenza di figli minori uno dei nodi principali è quello relativo al collocamento dei figli minori.

Premesso che l’affido è condiviso (ovvero la responsabilità genitoriale sui figli è esercitata in modo congiunto da entrambi i genitori) il discorso è diverso per quanto riguarda il  collocamento dei figli.

Generalmente, come è noto, i figli minori vengono collocati prevalentemente presso un genitore (che sarà il genitore collocatario) e generalmente tale genitore è la mamma.

Questo per garantire al minore una stabilità e una continuità nelle proprie abitudini e nel proprio stile di vita che a seguito della separazione dei genitori non può e non deve subire alterazioni troppo significative.

 

Da diversi anni tuttavia si parla sempre più spesso anche in Italia del cosiddetto “parental sharing” ovvero di collocamento paritario tra i genitori.

Ci siamo già occupati di questo argomento ma in questa sede riteniamo utile fare un breve excursus su quelle che sono le più recenti sentenze della giurisprudenza di merito.

Vediamo quindi come si è espressa la giurisprudenza sull’argomento in questione partendo dalla posizione della Suprema Corte di Cassazione.

 Per la Corte di Cassazione non si applica il criterio del tempo paritario se, ad esempio, il padre abita lontano rispetto alla mamma: i continui spostamenti infatti influirebbero in modo negativo sull’attività scolastica e sulla vita sociale e ricreativa del minore. Pertanto la vicinanza tra le rispettive abitazioni è senz’altro un punto a favore del riconoscimento del collocamento paritario .

Un altro aspetto che potrebbe influire sulla decisione di collocare pariteticamente i minori è quello relativo agli orari di lavoro dei genitori: se il padre infatti osserva degli orari incompatibili con la vita quotidiana dei figli, chiaramente sarà più difficile che ottenga un collocamento paritario. Diversamente, orari di lavoro compatibili facilitano la scelta di questa opzione.

 

In linea generale la Cassazione ritiene che  “la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall’esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo”.

Cassazione civile sez. I, 17/09/2020, n.19323

 

Passiamo ora invece  in rassegna alcune pronunce di diversi Tribunali Italiani .

In tema di divorzio, la proposta di doppio domicilio presso le abitazioni dei genitori con un regime di frequentazione paritario ed alternato non corrisponde all’esigenza di serenità dei minori assicurata dalla sicurezza di avere un ambiente di vita stabile e duraturo che solo la permanenza presso la casa familiare dove i minori hanno vissuto finora può garantire. La collocazione paritetica, seppure ispirata dai migliori propositi, non appare confacente all’interesse supremo dei minori ad avere un unico e stabile domicilio.”

Tribunale Velletri sez. I, 06/05/2020, n.680

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“Nell’ambito del divorzio, la bigenitorialità si realizza con la presenza di entrambi i genitori nella vita del figlio e nella cooperazione dei medesimi, nell’osservanza dei doveri di assistenza, educazione ed istruzione, ma ciò non implica necessariamente che il tempo da trascorrere con il minore debba essere paritetico, essendo sufficiente una frequentazione tale da garantire un saldo rapporto affettivo con il genitore”.

Tribunale Messina sez. I, 07/10/2020, n.1399

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In tema di divorzio e provvedimenti riguardanti la prole, la chiave di volta del sistema non è il diritto del minore ad una stabilità logistica, ma è (ai sensi  dell’art. 337-ter c.c.) il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi. Si tratta di comprendere che la determinazione della residenza abituale è del tutto autonoma (e successiva) rispetto alla determinazione dei tempi e delle modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore, poiché non coincide con le nozioni civilistiche e amministrative di domicilio e/o di residenza anagrafica, ma va individuata, con riguardo alla situazione di fatto esistente all’atto dell’introduzione del giudizio, tenendo conto del luogo dove si è svolta in concreto e continuativamente la vita dello stesso.

Quindi, a seguito della determinazione dei tempi e della modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore il Tribunale fissa la residenza anagrafica del minore presso uno di essi, fissa il domicilio del minore presso entrambi i genitori, se del caso attribuisce la casa familiare, attribuisce specifici obblighi economici a carico di ciascun genitore e individua un eventuale assegno perequativo in favore di uno di essi. In definitiva, dunque, far coincidere l’interesse morale e materiale del minore sempre e comunque con una collocazione prevalente appare francamente riduttivo e contraddetto dai sempre più numerosi casi giudiziari di affido paritario”

Tribunale Salerno sez. I, 07/11/2019, n.3539

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“Il collocamento della figlia minore presso entrambi i genitori, in modo paritetico, rispetta il principio della bigenitorialità e tiene conto in via prioritaria delle esigenze della figlia. Non deve essere disposto l’assegno di mantenimento della minore, laddove si valutino le condizioni economiche dei genitori pressoché equilibrate e la piena paritarietà del contributo che ciascun genitore dà in via diretta al mantenimento ordinario della figlia minore”.

Tribunale Roma sez. I, 26/03/2019, n.6447

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in materia di affidamento del minore, la soluzione della suddivisione paritetica dei tempi di permanenza presso ciascun genitore non è sempre da preferire; tuttavia, essa è preferibile laddove ve ne siano le condizioni di fattibilità e, quindi, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche del caso concreto (quali l’età del minore, gli impegni lavorativi di ciascuno dei genitori, la disponibilità di un’abitazione dignitosa per la crescita dei figli, ecc…)”

 

Tribunale di Catanzaro,  28 /02/ 2019 n. 443

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“il regime condiviso di esercizio della responsabilità genitoriale rappresenta un modello generale di affidamento che, in ragione delle peculiarità del caso concreto (ad esempio, forte conflittualità tra i genitori), può prevedere particolari declinazioni, tra le quali la domiciliazione a settimane alterne presso il padre e presso la madre”.

Tribunale di Firenze, 2/11/ 2018  n. 2945

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“In virtù del cd. affidamento condiviso paritetico, la frequentazione di figli da parte della madre e del padre deve ispirarsi al principio secondo cui ciascuno dei genitori possa e debba partecipare alla quotidianità dei minori, seguendone il progressivo venir meno della figura del “coniuge prevalente collocatario” e l’assunzione dell’impegno, da parte del genitore presso il quale il minore si trova di volta in volta collocato a seconda delle modalità e tempistiche in tal senso stabilite dalle parti, a provvedere in via esclusiva alle esigenze materiali del figlio. In considerazione di ciò è legittima la modalità di collocamento del figlio minore che preveda l’alternanza dei genitori a vivere con il figlio presso l’abitazione di uno dei due coniugi”.

Tribunale Rieti, 11/10/2018 n.489

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Avv. Daniela Giuliani _ del Foro di Roma- 

contatti:347 19 55 898

 

 



Avv. Daniela Giuliani - Matrimonialista e divorzista. Avvocati Matrimonialisti Associati sede Roma

Sono l'Avv. Daniela Giuliani della associazione A.M.A. Avvocati Matrimonialisti Associati sede di Roma . Mi occupo di diritto di famiglia, con particolare riferimento a separazioni e divorzi, curando sia la fase stragiudiziale che quella giudiziale, operando prevalentemente sul Foro di Roma e provincia. L'esperienza nel settore del diritto di famiglia mi ha consentito di espandere la mia attività professionale anche in ambito penale in tutti i casi in cui l'alta conflittualità tra le parti determina situazioni di maggiore gravità che possono assumere rilevanza penalistica. Altre materie: infortunistica stradale.




Daniela Giuliani

Esperienza


Diritto di famiglia

Mi occupo prevalentemente di separazioni e divorzi ( comprese le questioni relative alle coppie di fatto) prestando grande attenzione anche alla fase stragiudiziale finalizzata al raggiungimento di accordi (ove possibile) che consentano alle parti di procedere congiuntamente evitando la fase giudiziale . Particolare attenzione viene prestata alle coppie con figli minori in cui cerco di dare risalto a quello che è l'interesse del minore senza tralasciare i diritti - doveri di ciascun genitore, soprattutto per garantire il principio della bigenitorialità e la realizzazione dell'affido condiviso.


Divorzio

Ho seguito e seguo numerosi casi di divorzio (sia congiunto che giudiziale) compresi i casi di modifica delle condizioni di divorzio già stabilite, sia in caso di modifica congiunta su richiesta delle parti sia in caso di modifica giudiziale. Mi attengo a criteri di praticità e concretezza privilegiando la trattativa finalizzata al raggiungimento di un accordo che è sempre preferibile laddove vi siano margini di riuscita .


Unioni civili

Assisto regolarmente anche coppie di fatto ed unioni civili, garantendo un'assistenza specifica in tutti i casi in cui vi siano figli minori ed interessi da tutelare.


Altre categorie:

Separazione, Matrimonio, Affidamento, Diritto penale, Violenza, Stalking e molestie, Incidenti stradali, Tutela dei minori, Diritto civile, Recupero crediti, Reati contro il patrimonio, Locazioni, Multe e contravvenzioni, Mediazione, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

La ripartizione della pensione di reversibilita' tra coniuge divorziato e coniuge superstite

Pubblicato su IUSTLAB

A CHI SPETTA LA PENSIONE DI REVERSIBITLITA’ TRA CONIUGE DIVORZIATO E CONIUGE SUPERSTITE. I CRITERI APPLICATIVI In questo articolo cercheremo brevemente di fare luce su una questione molto spesso oggetto di confusione : come ripartire la pensione di reversibilità nel caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite. Un recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (la n. 8263/2020) stabilisce che il già valido criterio della durata del matrimonio va equilibrato con il criterio della convivenza pre-matrimoniale. In caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, per determinare la quota spettante di pensione di reversibilità, la legge individua il criterio legale della durata dei rispettivi rapporti di coniugio . Tale criterio deve essere però temperato da ulteriori elementi, come l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali Questo è il principio sancito dalla la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza del 28 aprile 2020 n. 8263. IL DATO NORMATIVO La normativa di riferimento è la legge 898/1970, in particolare , l’art. 9 ART .9 «Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze» e l’art.5 «Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive» In buona sostanza quindi la ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite deve avvenire considerando la durata dei rispettivi rapporti matrimoniali. Se il sopra richiamato articolo 9 della legge 898/70 impone al giudice di "tenere conto" dell'elemento temporale., va detto che esso non rappresenta però l’unico elemento determinante in quanto il Giudice non è chiamato a fare solo un semplice calcolo aritmetico, ma come vedremo in seguito è tenuto a prendere in considerazione anche altri elementi, che potremmo definire correttivi. L’ordinanza della Corte di Cassazione che stiamo esaminando, chiarisce proprio questo ulteriore aspetto. Alla luce di quanto evidenziato dalla Consulta , infatti, possiamo affermare che i criteri da impiegare in questo caso sono i seguenti: 1.la durata dei rispettivi matrimoni (criterio legale ai sensi dell’art. 9 comma 3 legge 898/70), 2. l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, 3.le condizioni economiche dei due aventi diritto (il coniuge divorziato e il coniuge superstite), 4. la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. I suddetti criteri non devono essere necessariamente considerati congiuntamente, bensì il loro impiego rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass. 18461/2004, Cass. 6272/2004, Cass. 26358/2011; Cass. 16093/2012). Più precisamente tali criteri ulteriori sono dei cosiddetti “correttivi” che vanno applicati al criterio legale e predominante della “durata del matrimonio” al fine di evitare che la ripartizione derivi da esclusivamente da un asettico calcolo aritmetico. Tra i criteri di valutazione sopra richiamati merita attenzione quello della convivenza prematrimoniale . I Giudici della Cassazione chiariscono che la convivenza prematrimoniale va valutata « quale indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa nel corso della propria vita mediante la condivisione dei propri beni con la persona poi divenuta coniuge». Ciò significa che la convivenza prematrimoniale funge anch’essa quale indice correttivo da inserire all'interno del complessivo ed articolato giudizio che deve condurre alla adeguata determinazione delle quote della pensione di reversibilità. In conclusione, quindi, nel determinare la quota della pensione di reversibilità da attribuire in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge sopravvissuto , occorre effettuare una valutazione più ampia e più complessa rispetto al mero calcolo matematico della durata del matrimonio. I suddetti criteri non possono essere infatti trascurati, altrimenti la valutazione del giudice si ridurrebbe ad una mera operazione aritmetica tra la durata dei diversi rapporti di coniugio. Una simile soluzione è stata da tempo superata sia dalla giurisprudenza costituzionale che di legittimità proprio alla luce della necessità di parametrare le quote da attribuire alla reale situazione personale, sociale ed economica degli aventi diritto. AVV. DANIELA GIULIANI, Roma.

Pubblicazione legale

Separazione/divorzio. Lavoro in nero dell'ex coniuge. Onere della prova

Assegno di mantenimento/assegno divorzile. Lavoro in nero. Onere della prova.

Pubblicazione legale

Assegno di mantenimento e reddito di cittadinanza

Pubblicato su IUSTLAB

MANTENIMENTO EX CONIUGE E REDDITO DI CITTADINANZA. Come sappiamo il reddito di cittadinanza e' un beneficio economico disposto in favore di chi si trova in una comprovata situazione di difficolta' eocnomica e va quindi a modificare il reddito di chi lo percepisce. Di conseguenza è lecito domandare se l’ex coniuge, obbligato a versare il mantenimento , può chiedere al Tribunale di ridurre (o revocare) l’importo dell’assegno già stabilito se l'ex coniuge ha maturato il diritto a percepire il reddito di cittadinanza. Ebbene, nonostante l'assenza di una precisa previsione normativa in tal senso, la irposta è si. Non vi sono ragioni infatti per escludere che la percezione del reddito di cittadinanza dia la possibilità al coniuge obbligato di ricorrere al Tribunale per chiedere una revoca o una riduzione dell'importo versato a titolo di mantenimento: questo perchè, come sopra s'è detto, il reddito di cittadinanza va comunque ad incrementare il reddito del beneficiario. Naturalmente la decisione in merito alla revoca o alla riduzione dell'importo del mantenimento spetta esclusivamente al Tribunale e non esistono parametri matematici per stabilire quando l'assegno di mantenimento possa essere revocato o in che misura possa essere ridotto: tale decisione spetta al Tribunale il quale prenderà in esame una serie di circostanze all'esito di un apposito giudizio di modifica delle condizioni di separazione o divorzio. QUALI SONO I RAPPORTI TRA ASSEGNO DI MANTENIMENTO E REDDITO DI CITTADINANZA? Diciamo subito che, ai fini fiscali, l’assegno di mantenimento è considerato un reddito per chi lo percepisce e viceversa un costo per chi lo èroga. Pertanto, chi percepisce il mantenimento paga le tasse sull’importo dell’assegno, mentre il coniuge che lo versa può dedurlo dal reddito imponibile. I due benefici in taluni casi possono coesistere: può accadere infatti che il coniuge, già percettore dell'assegno di mantenimento o di divorzio, avanzi comunque richiesta per ottenere il reddito di cittadinanza in quanto rientrante nei limiti reddituali imposti dalla legge per ottenere tale beneficio; in altri casi - invece- può accadere che il coniuge che percepisce l'assegno di mantenimento o di divorzio decida di rinunciarvi proprio per avere accesso al Reddito di Cittadinanza (pensiamo al caso di un assegno mensile piuttosto basso). SI PUO' RICHIEDERE LA REVOCA O LA RIDUZIONE DEL MANTENIMENTO IN FAVORE DELL'EX CONIUGE CHE PERCEPISCE IL REDDITO DI CITTADINANZA O CHE SI TROVA NELLE CONDIZIONI DI POTERVI ACCEDERE? Come abbiamo detto sopra, la legge non disciplina espressamente gli eventuali effetti che il Reddito di Cittadinanza può avere sull'assegno di mantenimento o di divorzio, pertanto saranno i Giudici a pronunciarsi sulla possibilità di revocare o ridimensionare l'importo di detto assegno. Una volta introdotto il giudizio per la modifica delle condizioni di separazione/divorzio spetterà dunque al Giudice valutare la possibilità di accogliere la domanda di revoca o riduzione dell'assegno sulla base di una serie di fattori tra i quali la situazione patrimoniale del beneficiario in generale ma anche ogni altra utilità suscettibile di valutazione economica (come appunto la percezione del reddito di cittadinanza o la possibilità di accedervi). In tal senso però occorre evidenziare che il Reddito di Cittadinanza è una misura dalla durata limitata nel tempo (18 mesi anche se rinnovabili) che tende in buona sostanza a condurre il beneficiario alla ricerca di un'attività lavorativa. Pertanto la scadenza naturale (o la revoca) della percezione del beneficio potrebbero condurre ad una "riviviscenza" della situazione reddituale precedente e quindi del diritto all'assegno di mantenimento. Ciò significa che la sola opportunità di ricevere il sussidio (peraltro di natura temporanea) potrebbe non essere sufficiente a giustifcare la revoca o la riduzione dell'assegno di mantenimento o divorzile, laddove non siano contemporaneamente presenti variazioni significative della situazione patrimoniale del beneficiario. In tutte queste ipotesi pertanto sarebbe opportuno stipulare un accordo tra le parti - con l'assistenza dei rispettivi legali - teso ad una modifica congiunta delle condizioni relative al mantenimento al fine di poter ricorrere congiutamente al Tribunale ed ottenere cosi una modifica che tenga conto delle contingenze economiche del momento. AVV. DANIELA GIULIANI del Foro di Roma Via della Giuliana 73 00195 Roma Mobile 347 19 55898

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