Avvocato Daniela Giuliani a Roma

Daniela Giuliani

Matrimonialista e divorzista. Avvocati Matrimonialisti Associati sede Roma

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La ripartizione della pensione di reversibilita' tra coniuge divorziato e coniuge superstite

Scritto da: Daniela Giuliani - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

A CHI SPETTA LA PENSIONE DI REVERSIBITLITA’ TRA CONIUGE DIVORZIATO E CONIUGE SUPERSTITE.

I CRITERI APPLICATIVI

In questo articolo cercheremo brevemente di fare luce su una questione molto spesso oggetto di confusione : come ripartire la pensione di reversibilità nel caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite.

Un recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (la n. 8263/2020) stabilisce che il già valido criterio della durata del matrimonio va equilibrato con il criterio della convivenza pre-matrimoniale.

In caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, per determinare la quota spettante di pensione di reversibilità, la legge individua il criterio legale della durata dei rispettivi rapporti di coniugio. Tale criterio deve essere però temperato da ulteriori elementi,  come l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali

Questo è il principio sancito dalla la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza del 28 aprile 2020 n. 8263.

IL DATO NORMATIVO

La normativa di riferimento è la legge 898/1970, in particolare, l’art. 9

ART.9 «Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze»

e l’art.5

«Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive»

In buona sostanza quindi la ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite deve avvenire considerando la durata dei rispettivi rapporti matrimoniali.

Se il sopra richiamato articolo 9 della legge 898/70 impone al giudice di "tenere conto" dell'elemento temporale., va detto che esso non rappresenta però l’unico elemento determinante in quanto il Giudice non è chiamato a fare solo un semplice calcolo aritmetico, ma come vedremo in seguito è tenuto a prendere in considerazione anche altri elementi, che potremmo definire correttivi.

L’ordinanza della Corte di Cassazione che stiamo esaminando, chiarisce proprio questo ulteriore aspetto.

Alla luce di quanto evidenziato dalla Consulta , infatti, possiamo affermare che i criteri da impiegare  in questo caso sono i seguenti:

 

1.la durata dei rispettivi matrimoni (criterio legale ai sensi dell’art. 9 comma 3 legge 898/70),

2. l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge,

3.le condizioni economiche dei due aventi diritto  (il coniuge divorziato e il coniuge superstite),

4. la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.

I suddetti criteri non devono essere necessariamente considerati congiuntamente, bensì il loro impiego rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass. 18461/2004, Cass. 6272/2004, Cass. 26358/2011; Cass. 16093/2012).

Più precisamente tali criteri ulteriori sono dei cosiddetti “correttivi” che vanno applicati al criterio legale e predominante della “durata del matrimonio” al fine di evitare che la ripartizione derivi da esclusivamente da un asettico calcolo aritmetico.

 

Tra i criteri di valutazione sopra richiamati merita attenzione quello della convivenza prematrimoniale.

 

I Giudici della Cassazione chiariscono che la convivenza prematrimoniale va valutata «quale indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa nel corso della propria vita mediante la condivisione dei propri beni con la persona poi divenuta coniuge».

Ciò significa che la convivenza prematrimoniale funge anch’essa quale indice correttivo da inserire all'interno del complessivo ed articolato giudizio che deve condurre alla adeguata determinazione delle quote della pensione di reversibilità.

 

In conclusione, quindi, nel determinare la quota della pensione di reversibilità da attribuire in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge sopravvissuto, occorre effettuare una valutazione più ampia e più complessa rispetto al mero calcolo matematico della durata del matrimonio.

I suddetti criteri non possono essere infatti trascurati, altrimenti la valutazione del giudice si ridurrebbe ad una mera operazione aritmetica tra la durata dei diversi rapporti di coniugio. Una simile soluzione è stata da tempo superata sia dalla giurisprudenza costituzionale che di legittimità proprio alla luce della necessità di parametrare le quote da attribuire alla reale situazione personale, sociale ed economica degli aventi diritto.

AVV. DANIELA GIULIANI, Roma.

 


Avv. Daniela Giuliani - Matrimonialista e divorzista. Avvocati Matrimonialisti Associati sede Roma

Sono l'Avv. Daniela Giuliani della associazione A.M.A. Avvocati Matrimonialisti Associati sede di Roma . Mi occupo di diritto di famiglia, con particolare riferimento a separazioni e divorzi, curando sia la fase stragiudiziale che quella giudiziale, operando prevalentemente sul Foro di Roma e provincia. L'esperienza nel settore del diritto di famiglia mi ha consentito di espandere la mia attività professionale anche in ambito penale in tutti i casi in cui l'alta conflittualità tra le parti determina situazioni di maggiore gravità che possono assumere rilevanza penalistica. Altre materie: infortunistica stradale.




Daniela Giuliani

Esperienza


Diritto di famiglia

Mi occupo prevalentemente di separazioni e divorzi ( comprese le questioni relative alle coppie di fatto) prestando grande attenzione anche alla fase stragiudiziale finalizzata al raggiungimento di accordi (ove possibile) che consentano alle parti di procedere congiuntamente evitando la fase giudiziale . Particolare attenzione viene prestata alle coppie con figli minori in cui cerco di dare risalto a quello che è l'interesse del minore senza tralasciare i diritti - doveri di ciascun genitore, soprattutto per garantire il principio della bigenitorialità e la realizzazione dell'affido condiviso.


Separazione

La mia attività prevalente è costituita da separazioni (sia consensuali che giudiziali) mantenendo un approccio concreto e realistico in ogni fase della procedura . Durante la carriera professionale ho seguito decine di casi mirando alla realizzazione del principio dell'affido condiviso, nel rispetto dei diritti e doveri di ciascun genitore. Durante la mia esperienza ho portato a termine numerose trattative - anche in casi di forte attrito tra le parti - raggiungendo accordi che hanno soddisfatto i miei Clienti. Mi sono occupata anche di casi di modifica delle condizioni di separazione pubblicando articoli specifici in materia .


Unioni civili

Assisto regolarmente anche coppie di fatto ed unioni civili, garantendo un'assistenza specifica in tutti i casi in cui vi siano figli minori ed interessi da tutelare.


Altre categorie:

Divorzio, Matrimonio, Affidamento, Diritto penale, Violenza, Stalking e molestie, Incidenti stradali, Tutela dei minori, Diritto civile, Recupero crediti, Reati contro il patrimonio, Locazioni, Multe e contravvenzioni, Mediazione, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

La separazione in presenza di animali domestici - quale sorte per gli amici a quattro zampe?

Pubblicato su IUSTLAB

LA SEPARAZIONE IN PRESENZA DI ANIMALI DOMESTICI QUALE SORTE PER GLI AMICI A QUATTRO ZAMPE? Non avendo mai affrontato finora l'argomento relativo alla sorte riservata agli animali domestici nella fase di separazione o divorzio cercheremo qui di fornire una breve guida su un tema che sembra irrilevante ma all'atto pratico non lo è, stante il sempre crescente numero di nuclei familiari che posseggono un amico a quattro zampe. Il tema non è di poco conto, se è vero - come è vero - che sempre più spesso la giurisprudenza si è trovata a dover affrontare quesioni relative ai piccoli animali domestici, in assenza di una specifica disciplina normativa sull'argomento. Va precisato infatti che in Italia non esiste una legislazione specifica sul tema sebbene già diversi anni fa sia stata avanzata una proposta di legge per introdurre nel Codice Civile una normativa ad hoc per disciplinare "l' affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi". Stante il vuoto normativo quindi viene aiuto la giurisprudenza, che di seguito brevemente esaminiamo. LA GIURISPRUDENZA Con una prima sentenza (n. 5322 del 15.03.2016), il Tribunale di Roma (seguendo la scia del Tribunale di Foggia e del Tribunale di Cremona intervenuti in precedenza sullo stesso tema), aveva stabilito che - in assenza di regole precise - agli animali domestici si applicano per analogia le stesse norme relative all'affidamento della prole. In buona sostanza quindi il Tribunale stabilì che le sorti del piccolo animale sarebbero state disciplinate dalle stesse norme che regolano l'affido dei figli minori, tenendo conto dell'interesse dell'animale. Veniva così stabilito che l'animale domestico (nel caso specifico un cane) venisse affidato alle cure di uno dei due coniugi garantendo il diritto di visita per l'altro coniuge e stabilendo che le relative spese fossero equamente divise fra i due. Successivamente anche il Tribunale di Sciacca (nel 2019) si è pronunciato in tal senso stabilendo che l'animale fosse affidato alle cure della moglie (considerata più idonea ad accudirlo rispetto al marito) con diritto di visita in favore di quest'ultimo e ripartizione delle spese al 50%. L'aspetto innovativo della sentenza è stato il riconoscimento esplicito che il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela. Per il Giudice di Sciacca, infatti, nel decidere sull’affidamento dell’animale domestico e sul suo mantenimento si dovrà tenere conto intanto del fatto che il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela e in secondo luogo dell'interesse dell'animale stesso che verrà affidato alla cura del coniuge che verrà ritenuto più idoneo a prescindere dall'intestaizone risultante dal microchip. Ancora più recentemente si segnala sulla stessa lunghezza d'onda anche il Tribunale di Lucca (sentenza del 26.1.2020) il quale ha ribadito che "alla luce dell'importanza del legame affettivo tra persone ed animali e del rispetto dovuto a questi ultimi quali esseri senzienti", la normativa più vicina alla fattispecie in esame sia quella relativa all'affidamento dei figli. Anche il Tribunale di Lucca evidenzia dunque l'importanza del legame che si instaura con gli animali da compagnia, ritenendolo meritevole di tutela a tutti gli effetti. Nonostante la posizione favorevole della giurisprudenza, il vuoto normativo non aiuta e rende sempre più necessario un intervento del legislatore che tenga conto del valore della relazione che si instaura con un animale domestico e disciplini i casi in cui i coniugi non riescano a trovare un accordo bonario in ordine alla sorte dell'animale. Va da sè infatti che è sempre preferibile raggiungere un accordo tra i coniugi anche in relazione alla gestione dell'animale di famiglia stabilendo di comune accordo sia la sua migliore collocazione e sia l'equa suddivisione delle relative spese . Molto spesso però l'accordo è difficile da trovare lasciando così al Giudice il compito di trovare la migliore soluzione nell'interesse del piccolo animale. Alla luce di queste brevi osservazioni è evidente quindi come si renda opportuno da un lato una politica di sensibilizzazione sul tema e dall'altro un serio interevento del legislatore per fornire regole precise e stringenti che consentano di regolamentare situazioni di questo tipo e garantiscano un idoneo livello di cura , attenzione e responsabilità degli animali domestici intesi come esseri senzienti e pertanto assolutamente meritevoli di tutela. Avv. Daniela Giuliani Foro di Roma

Pubblicazione legale

Il trasferimento dei figli minori dopo la separazione

Pubblicato su IUSTLAB

IL TRASFERIMENTO DEI FIGLI DOPO LA SEPARAZIONE – LA LIBERTA’ DI SCELTA DEL GENITORE COLLOCATARIO E IL PRINCIPIO DI BIGENITORIALITA’ In caso di separazione o divorzio (ma le regole valgono anche per le situazioni di fatto regolamentate dal Tribunale) può capitare che il genitore collocatario dei figli voglia trasferirsi insieme ad essi e cambiare residenza (ad esempio per accettare occasioni di lavoro o per riavvicinarsi alla famiglia o per fare ritorno alla città di origine…). Tale decisione è tuttavia vincolata a regole e limiti ben precisi. Intanto la Corte di Cassazione ha espresso un principio cardine al quale occorre uniformarsi chiarendo che "dovere primario di un buon genitore affidatario e/o collocatario è quello di non allontanare il figlio dall'altra figura genitoriale: quali che siano state le ragioni del fallimento del matrimonio, ogni genitore responsabile, consapevole dell'insostituibile importanza della presenza dell'altro genitore nella vita del figlio, deve saper mettere da parte le rivendicazioni e conservarne l'immagine positiva agli occhi e nel cuore del minore, garantendo il più possibile le frequentazioni del coniuge con la prole minorenne. L'attitudine del genitore ad essere un buon educatore ed a perseguire primariamente il corretto sviluppo psicologico del figlio si misura alla luce della sua capacità di realizzare un siffatto risultato non a parole, ma in termini concreti". Venendo poi al dato normativo esso è rappresentato dall’art.337 sexies c.c. il quale all’ultimo comma recita “In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto” e dall’art.316 c.c. il quale al primo comma prevede che “Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore”. Da ciò si evince che la residenza dei figli minori è una decisione che deve essere assunta congiuntamente tra i genitori. Il genitore collocatario che intenda trasferire la residenza dei figli altrove, è tenuto dunque a comunicarlo quindi all’altro genitore come disposto dall’art.337 sexies ultimo comma. Questo vale però nei casi in cui il trasferimento avvenga all’interno dello stesso Comune: laddove invece lo spostamento implichi un allontanamento considerevole dall’altro genitore, tale da rendere difficoltoso o impossibile di fatto l’esercizio delle funzioni di genitore, la sola comunicazione non sarà sufficiente ma sarà necessario che la decisione venga concordata tra i genitori. Può però accadere che l’altro genitore non sia affatto d’accordo al trasferimento. Vediamo quindi cosa accade se il genitore non collocatario venga estromesso dalla decisione o – nonostante abbia manifestato il suo dissenso – l’altro genitore decida comunque di procedere al cambio di residenza. COSA PUO’ FARE IL GENITORE NON COLLOCATARIO SE L’ALTRO GENITORE DECIDE ARBITRARIAMENTE DI TRASFERIRE LA RESIDENZA DEI FIGLI MINORI ALTROVE? Egli potrà rivolgersi al Tribunale competente per opporsi al trasferimento e chiedere quindi la rilocazione dei minori. Il Giudice sarà, così, chiamato ad assumere la decisione nel preminente interesse del minore, ascoltando entrambi i genitori e – ove occorra – nomando un esperto (CTU -ovvero un consulente tecnico d’ufficio) che potrà ascoltare il minore (se ne ricorrono i presupposti) e dovrà fornire al Giudice gli elementi per poter emettere la decisione più idonea a rispondente agli interessi dei minori. COSA ACCADE SE IL GENITORE COLLOCATARIO PROCEDA AL TRASFERIMENTO SENZA IL CONSENSO DELL’ALTRO GENITORE E COME PUO’ TUTELARSI ? Sotto diverso profilo il genitore collocatario, che in assenza di accordo proceda al trasferimento arbitrariamente, va incontro a conseguenze serie. Egli infatti non solo commette un atto illegittimo in quanto vìola il principio della bigenitorialità, ma compie anche un atto potenzialmente rilevante anche dal punto di vista penalistico. E’ sempre consigliabile quindi evitare di agire arbitrariamente e unilateralmente in scelte di questo tipo. Tuttavia se il genitore collocatario intende comunque trasferirsi e non abbia però ottenuto il consenso dell’altro genitore, potrà naturalmente rivolgersi al Tribunale per ottenere l’autorizzazione allo spostamento, motivando le ragioni a sostegno della propria decisione. Anche in questo caso il Giudice procederà nel modo sopra descritto. E’ chiaro che nell’ambito del procedimento sarà importante per la decisione l’analisi delle motivazioni del trasferimento e la valutazione dei vantaggi /svantaggi effettivi rispetto alla situazione attuale. Occorrerà quindi valutare i tempi e le modalità di frequentazione tra il figlio e il genitore non collocatario, occorrerà altresì verificare la concreta possibilità per i figli di mantenere un rapporto con l’altro genitore senza costringerli a stravolgimenti di vita e senza che ciò comporti per l’altro genitore dei costi per le visite che siano sproporzionati rispetto ai propri redditi. Un altro aspetto fondamentale è da valutare è se il nuovo collocamento consenta – e in che modo – ai minori di mantenere rapporti significativi con figure affettivamente importanti come i parenti e i familiari e soprattutto se il nuovo collocamento consenta ai minori di mantenere comunque legami sociali e culturali con il luogo di origine. Di conseguenza il Giudice dovrà valutare anche l’impatto psicologico ed emotivo che il trasferimento potrebbe avere sui minori stessi e chiaramente in quest’ottica è fondamentale anche il fattore dell’età (tenuto conto che in presenza di precisi requisiti il minore può anche essere ascoltato dal Giudice in ordine alla sua preferenza di collocamento). Si comprende quindi l’estrema delicatezza della decisione che il Giudice è chiamato ad assumere, dovendo bilanciare da un lato la libertà del genitore collocatario di autodeterminarsi nelle proprie scelte e dall’altro il principio della bigenitorialità nonché l’interesse supremo del minore che deve guidare ogni decisione in tema di diritto di famiglia. Per tale motivo è sempre consigliabile assumere tali decisioni di comune accordo e mai procedere in modo arbitrario o unilaterale, rivolgendosi al Giudice in tutti i casi in cui non sia proprio possibile raggiugere una soluzione condivisa fra i genitori. Avv. Daniela Giuliani – Avvocati Matrimonialisti Associati sede di Roma mobile 347 19 55 898

Pubblicazione legale

L'addebito nella separazione

Addebito nella separazione. Presupposti e conseguenze.

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