Avvocato Daniela Giuliani a Roma

Daniela Giuliani

Matrimonialista e divorzista. Avvocati Matrimonialisti Associati sede Roma

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La separazione in presenza di animali domestici - quale sorte per gli amici a quattro zampe?

Scritto da: Daniela Giuliani - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

LA SEPARAZIONE IN PRESENZA DI ANIMALI DOMESTICI

QUALE SORTE PER GLI AMICI A QUATTRO ZAMPE?

Non avendo  mai affrontato finora  l'argomento relativo alla sorte riservata agli animali domestici nella fase di separazione o divorzio cercheremo qui di fornire una breve guida su un tema che  sembra irrilevante ma all'atto pratico non lo è, stante il sempre crescente numero di nuclei familiari che posseggono un amico a quattro zampe.

Il tema non è di poco conto, se è vero - come è vero - che sempre più spesso la giurisprudenza  si è trovata a dover affrontare quesioni relative ai piccoli animali domestici, in assenza di una specifica disciplina normativa sull'argomento.

Va precisato infatti che in Italia non esiste una legislazione specifica sul tema sebbene già diversi anni fa sia stata avanzata una proposta di legge per introdurre nel Codice Civile una normativa ad hoc per disciplinare  "l' affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi".

Stante il vuoto normativo quindi viene aiuto la giurisprudenza, che di seguito brevemente esaminiamo.

LA GIURISPRUDENZA 

Con una prima  sentenza (n. 5322 del 15.03.2016), il Tribunale di Roma (seguendo la scia del Tribunale di Foggia e del Tribunale di Cremona intervenuti in precedenza sullo stesso tema), aveva stabilito che - in assenza di regole precise - agli animali domestici si applicano per analogia  le stesse norme relative all'affidamento della prole. 

 In buona sostanza quindi il Tribunale stabilì che le sorti del piccolo animale sarebbero state disciplinate dalle stesse norme che regolano l'affido dei figli minori, tenendo conto dell'interesse dell'animale.

Veniva così stabilito che l'animale domestico (nel caso specifico un cane) venisse affidato alle cure di uno dei due coniugi garantendo il diritto di visita per l'altro coniuge e stabilendo che le relative spese fossero equamente divise fra i due.

Successivamente anche il Tribunale di Sciacca  (nel 2019)  si è pronunciato in tal senso stabilendo che l'animale fosse affidato alle cure della moglie (considerata più idonea ad accudirlo rispetto al marito) con diritto di visita in favore di quest'ultimo e ripartizione delle spese al 50%.

L'aspetto innovativo della sentenza è stato il riconoscimento esplicito che il sentimento per gli animali costituisce un valore  meritevole di tutela. Per il Giudice di Sciacca, infatti, nel decidere sull’affidamento dell’animale domestico e sul suo mantenimento si dovrà tenere conto intanto del fatto che il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela e in secondo luogo dell'interesse dell'animale stesso che verrà affidato alla cura del coniuge che verrà ritenuto più idoneo a prescindere dall'intestaizone risultante dal microchip.


Ancora più recentemente si segnala sulla stessa lunghezza d'onda anche il Tribunale di Lucca (sentenza del 26.1.2020) il quale ha ribadito che "alla luce dell'importanza del legame affettivo tra persone ed animali e del rispetto dovuto a questi ultimi quali esseri senzienti", la normativa più vicina alla fattispecie in esame sia quella relativa all'affidamento dei figli.

Anche il Tribunale di Lucca evidenzia dunque l'importanza del legame che si instaura con gli animali da compagnia, ritenendolo meritevole di tutela a tutti gli effetti.

Nonostante la posizione  favorevole della giurisprudenza,   il vuoto normativo non aiuta e rende sempre più necessario un intervento del legislatore che tenga conto del valore della relazione che si instaura con un animale domestico e disciplini i casi in cui i coniugi non riescano a trovare un accordo bonario in ordine alla sorte dell'animale.

Va da sè infatti che è sempre  preferibile raggiungere un accordo tra i coniugi  anche in relazione alla gestione dell'animale di famiglia stabilendo di comune accordo sia la sua migliore collocazione e sia l'equa  suddivisione  delle relative spese .

Molto spesso però l'accordo è difficile da trovare lasciando così  al Giudice il compito di  trovare la migliore soluzione nell'interesse del piccolo animale.

Alla luce di queste brevi osservazioni è evidente quindi come si renda opportuno da un lato una politica di sensibilizzazione sul tema e dall'altro un serio  interevento del legislatore per fornire regole precise e stringenti che consentano di regolamentare situazioni di questo tipo e garantiscano un idoneo livello di cura , attenzione e responsabilità  degli animali domestici intesi come esseri senzienti e pertanto assolutamente meritevoli di tutela.

Avv. Daniela Giuliani Foro di Roma 



Avv. Daniela Giuliani - Matrimonialista e divorzista. Avvocati Matrimonialisti Associati sede Roma

Sono l'Avv. Daniela Giuliani della associazione A.M.A. Avvocati Matrimonialisti Associati sede di Roma . Mi occupo di diritto di famiglia, con particolare riferimento a separazioni e divorzi, curando sia la fase stragiudiziale che quella giudiziale, operando prevalentemente sul Foro di Roma e provincia. L'esperienza nel settore del diritto di famiglia mi ha consentito di espandere la mia attività professionale anche in ambito penale in tutti i casi in cui l'alta conflittualità tra le parti determina situazioni di maggiore gravità che possono assumere rilevanza penalistica. Altre materie: infortunistica stradale.




Daniela Giuliani

Esperienza


Diritto di famiglia

Mi occupo prevalentemente di separazioni e divorzi ( comprese le questioni relative alle coppie di fatto) prestando grande attenzione anche alla fase stragiudiziale finalizzata al raggiungimento di accordi (ove possibile) che consentano alle parti di procedere congiuntamente evitando la fase giudiziale . Particolare attenzione viene prestata alle coppie con figli minori in cui cerco di dare risalto a quello che è l'interesse del minore senza tralasciare i diritti - doveri di ciascun genitore, soprattutto per garantire il principio della bigenitorialità e la realizzazione dell'affido condiviso.


Divorzio

Ho seguito e seguo numerosi casi di divorzio (sia congiunto che giudiziale) compresi i casi di modifica delle condizioni di divorzio già stabilite, sia in caso di modifica congiunta su richiesta delle parti sia in caso di modifica giudiziale. Mi attengo a criteri di praticità e concretezza privilegiando la trattativa finalizzata al raggiungimento di un accordo che è sempre preferibile laddove vi siano margini di riuscita .


Unioni civili

Assisto regolarmente anche coppie di fatto ed unioni civili, garantendo un'assistenza specifica in tutti i casi in cui vi siano figli minori ed interessi da tutelare.


Altre categorie:

Separazione, Matrimonio, Affidamento, Diritto penale, Violenza, Stalking e molestie, Incidenti stradali, Tutela dei minori, Diritto civile, Recupero crediti, Reati contro il patrimonio, Locazioni, Multe e contravvenzioni, Mediazione, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

La ripartizione della pensione di reversibilita' tra coniuge divorziato e coniuge superstite

Pubblicato su IUSTLAB

A CHI SPETTA LA PENSIONE DI REVERSIBITLITA’ TRA CONIUGE DIVORZIATO E CONIUGE SUPERSTITE. I CRITERI APPLICATIVI In questo articolo cercheremo brevemente di fare luce su una questione molto spesso oggetto di confusione : come ripartire la pensione di reversibilità nel caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite. Un recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (la n. 8263/2020) stabilisce che il già valido criterio della durata del matrimonio va equilibrato con il criterio della convivenza pre-matrimoniale. In caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, per determinare la quota spettante di pensione di reversibilità, la legge individua il criterio legale della durata dei rispettivi rapporti di coniugio . Tale criterio deve essere però temperato da ulteriori elementi, come l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali Questo è il principio sancito dalla la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza del 28 aprile 2020 n. 8263. IL DATO NORMATIVO La normativa di riferimento è la legge 898/1970, in particolare , l’art. 9 ART .9 «Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze» e l’art.5 «Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive» In buona sostanza quindi la ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite deve avvenire considerando la durata dei rispettivi rapporti matrimoniali. Se il sopra richiamato articolo 9 della legge 898/70 impone al giudice di "tenere conto" dell'elemento temporale., va detto che esso non rappresenta però l’unico elemento determinante in quanto il Giudice non è chiamato a fare solo un semplice calcolo aritmetico, ma come vedremo in seguito è tenuto a prendere in considerazione anche altri elementi, che potremmo definire correttivi. L’ordinanza della Corte di Cassazione che stiamo esaminando, chiarisce proprio questo ulteriore aspetto. Alla luce di quanto evidenziato dalla Consulta , infatti, possiamo affermare che i criteri da impiegare in questo caso sono i seguenti: 1.la durata dei rispettivi matrimoni (criterio legale ai sensi dell’art. 9 comma 3 legge 898/70), 2. l'entità dell'assegno di mantenimento riconosciuto all'ex coniuge, 3.le condizioni economiche dei due aventi diritto (il coniuge divorziato e il coniuge superstite), 4. la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. I suddetti criteri non devono essere necessariamente considerati congiuntamente, bensì il loro impiego rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito (Cass. 18461/2004, Cass. 6272/2004, Cass. 26358/2011; Cass. 16093/2012). Più precisamente tali criteri ulteriori sono dei cosiddetti “correttivi” che vanno applicati al criterio legale e predominante della “durata del matrimonio” al fine di evitare che la ripartizione derivi da esclusivamente da un asettico calcolo aritmetico. Tra i criteri di valutazione sopra richiamati merita attenzione quello della convivenza prematrimoniale . I Giudici della Cassazione chiariscono che la convivenza prematrimoniale va valutata « quale indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa nel corso della propria vita mediante la condivisione dei propri beni con la persona poi divenuta coniuge». Ciò significa che la convivenza prematrimoniale funge anch’essa quale indice correttivo da inserire all'interno del complessivo ed articolato giudizio che deve condurre alla adeguata determinazione delle quote della pensione di reversibilità. In conclusione, quindi, nel determinare la quota della pensione di reversibilità da attribuire in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge sopravvissuto , occorre effettuare una valutazione più ampia e più complessa rispetto al mero calcolo matematico della durata del matrimonio. I suddetti criteri non possono essere infatti trascurati, altrimenti la valutazione del giudice si ridurrebbe ad una mera operazione aritmetica tra la durata dei diversi rapporti di coniugio. Una simile soluzione è stata da tempo superata sia dalla giurisprudenza costituzionale che di legittimità proprio alla luce della necessità di parametrare le quote da attribuire alla reale situazione personale, sociale ed economica degli aventi diritto. AVV. DANIELA GIULIANI, Roma.

Pubblicazione legale

Separazione/divorzio. Lavoro in nero dell'ex coniuge. Onere della prova

Assegno di mantenimento/assegno divorzile. Lavoro in nero. Onere della prova.

Pubblicazione legale

Assegno di mantenimento e reddito di cittadinanza

Pubblicato su IUSTLAB

MANTENIMENTO EX CONIUGE E REDDITO DI CITTADINANZA. Come sappiamo il reddito di cittadinanza e' un beneficio economico disposto in favore di chi si trova in una comprovata situazione di difficolta' eocnomica e va quindi a modificare il reddito di chi lo percepisce. Di conseguenza è lecito domandare se l’ex coniuge, obbligato a versare il mantenimento , può chiedere al Tribunale di ridurre (o revocare) l’importo dell’assegno già stabilito se l'ex coniuge ha maturato il diritto a percepire il reddito di cittadinanza. Ebbene, nonostante l'assenza di una precisa previsione normativa in tal senso, la irposta è si. Non vi sono ragioni infatti per escludere che la percezione del reddito di cittadinanza dia la possibilità al coniuge obbligato di ricorrere al Tribunale per chiedere una revoca o una riduzione dell'importo versato a titolo di mantenimento: questo perchè, come sopra s'è detto, il reddito di cittadinanza va comunque ad incrementare il reddito del beneficiario. Naturalmente la decisione in merito alla revoca o alla riduzione dell'importo del mantenimento spetta esclusivamente al Tribunale e non esistono parametri matematici per stabilire quando l'assegno di mantenimento possa essere revocato o in che misura possa essere ridotto: tale decisione spetta al Tribunale il quale prenderà in esame una serie di circostanze all'esito di un apposito giudizio di modifica delle condizioni di separazione o divorzio. QUALI SONO I RAPPORTI TRA ASSEGNO DI MANTENIMENTO E REDDITO DI CITTADINANZA? Diciamo subito che, ai fini fiscali, l’assegno di mantenimento è considerato un reddito per chi lo percepisce e viceversa un costo per chi lo èroga. Pertanto, chi percepisce il mantenimento paga le tasse sull’importo dell’assegno, mentre il coniuge che lo versa può dedurlo dal reddito imponibile. I due benefici in taluni casi possono coesistere: può accadere infatti che il coniuge, già percettore dell'assegno di mantenimento o di divorzio, avanzi comunque richiesta per ottenere il reddito di cittadinanza in quanto rientrante nei limiti reddituali imposti dalla legge per ottenere tale beneficio; in altri casi - invece- può accadere che il coniuge che percepisce l'assegno di mantenimento o di divorzio decida di rinunciarvi proprio per avere accesso al Reddito di Cittadinanza (pensiamo al caso di un assegno mensile piuttosto basso). SI PUO' RICHIEDERE LA REVOCA O LA RIDUZIONE DEL MANTENIMENTO IN FAVORE DELL'EX CONIUGE CHE PERCEPISCE IL REDDITO DI CITTADINANZA O CHE SI TROVA NELLE CONDIZIONI DI POTERVI ACCEDERE? Come abbiamo detto sopra, la legge non disciplina espressamente gli eventuali effetti che il Reddito di Cittadinanza può avere sull'assegno di mantenimento o di divorzio, pertanto saranno i Giudici a pronunciarsi sulla possibilità di revocare o ridimensionare l'importo di detto assegno. Una volta introdotto il giudizio per la modifica delle condizioni di separazione/divorzio spetterà dunque al Giudice valutare la possibilità di accogliere la domanda di revoca o riduzione dell'assegno sulla base di una serie di fattori tra i quali la situazione patrimoniale del beneficiario in generale ma anche ogni altra utilità suscettibile di valutazione economica (come appunto la percezione del reddito di cittadinanza o la possibilità di accedervi). In tal senso però occorre evidenziare che il Reddito di Cittadinanza è una misura dalla durata limitata nel tempo (18 mesi anche se rinnovabili) che tende in buona sostanza a condurre il beneficiario alla ricerca di un'attività lavorativa. Pertanto la scadenza naturale (o la revoca) della percezione del beneficio potrebbero condurre ad una "riviviscenza" della situazione reddituale precedente e quindi del diritto all'assegno di mantenimento. Ciò significa che la sola opportunità di ricevere il sussidio (peraltro di natura temporanea) potrebbe non essere sufficiente a giustifcare la revoca o la riduzione dell'assegno di mantenimento o divorzile, laddove non siano contemporaneamente presenti variazioni significative della situazione patrimoniale del beneficiario. In tutte queste ipotesi pertanto sarebbe opportuno stipulare un accordo tra le parti - con l'assistenza dei rispettivi legali - teso ad una modifica congiunta delle condizioni relative al mantenimento al fine di poter ricorrere congiutamente al Tribunale ed ottenere cosi una modifica che tenga conto delle contingenze economiche del momento. AVV. DANIELA GIULIANI del Foro di Roma Via della Giuliana 73 00195 Roma Mobile 347 19 55898

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