Avvocato Davide Meloni a Cagliari

Davide Meloni

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La nullità delle fideiussioni bancarie redatte su schema ABI

Scritto da: Davide Meloni - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Da alcuni anni a questa parte e più precisamente dal momento in cui la Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, con l’Ordinanza 12 dicembre 2017, n. 29810 ha sancito il seguente principio di diritto:
in tema di accertamento dell'esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione "a valle" di contratti o negozi che costituiscano l'applicazione di quelle intese illecite concluse "a monte" (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa da parte dell'Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d'Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 14 e 20, (in vigore fino al trasferimento dei poteri all'AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016)) a condizione che quell'intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza” 
​è ampiamente dibattuto il tema della nullità delle fideiussioni redatte secondo lo schema ABI.

A partire da quella data numerose altre Sentenze, sia di legittimità che di merito, hanno ribadito il suddetto principio di diritto e statuito la nullità dei contratti di fideiussione redatti su moduli conformi allo schema ABI.
Tra gli ultimi arresti in tal senso citiamo Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-05-2019, n. 13846 che ha ribadito il principio già affermato da Cass. 29810/2017 in base al quale le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie redatte su modulo uniforme ABI sono radicalmente nulle per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali previsto dall'art. 2, comma 2, lett. a), della L. n 287/1990.
Il citato art. 2 della L. 287/1990 vieta, infatti, le intese tra imprese che abbiano l’oggetto o l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale, anche fissando direttamente o indirettamente prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni contrattuali.
Non è superfluo ricordare come, a monte delle Sentenze sopra richiamate, in applicazione della predetta normativa, la Banca d'Italia avesse avviato nei confronti dell’ABI, relativamente alle condizioni generali della fideiussione contratta a garanzia delle operazioni bancarie, una istruttoria dalla quale era emerso che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale tipo predisposto dall'ABI “contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto” con la citata normativa.
Il caso concreto che venne a suo tempo esaminato da Cass. 29810/2017 riguardava  un  fideiussore che si era opposto ad un Decreto Ingiuntivo emesso nei suoi confronti assumendo che il contratto di fideiussione omnibus da lui sottoscritto fosse nullo in quanto le clausole ivi contenute erano identiche allo schema contrattuale tipo predisposto dall’ABI e come tali contrastanti con il provvedimento della Banca d’Italia, del 2 maggio 2005, che ne vietava l'applicazione per violazione della L. n. 287 del 1990.
La Suprema Corte ha evidenziato che ciò che assume rilievo, ai fini della predicata inefficacia delle clausole del contratto di fideiussione di cui agli artt. 2, 6 e 8, è, all’evidenza, il fatto che esse “costituiscano lo sbocco dell'intesa vietata...”, cioè che “attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita..”.
Ciò che andava accertata, pertanto, non era la diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale ritenuto coincidente con lo schema delineato dall’intesa restrittiva vietata.
E’ evidente, infatti, che l’illecito concorrenziale poteva configurarsi anche nel caso in cui l’ABI non avesse contravvenuto a quanto disposto dalla Banca d'Italia nel provvedimento del 2 maggio 2005, ma la Banca parte in causa avesse egualmente sottoposto all’odierno ricorrente un modulo negoziale includente le disposizioni che costituivano comunque oggetto dell’intesa di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 2, lett. a)”.
In altre parole, Cass. 29810/2017 statuisce che, indipendentemente dal comportamento dell’ABI, quello che rileva è se l’Istituto di credito abbia sottoposto al ricorrente una fideiussione contenente quelle clausole che sono ritenute in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90.
Pertanto il Giudice di merito è tenuto essenzialmente “a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidono con le condizioni oggetto dell'intesa restrittiva”, cioè se coincidono con quelle, individuate dalla Banca d'Italia, che violano la legge L. n. 287 del 1990, ciò indipendentemente dal fatto che l’ABI abbia provveduto o meno a diffondere il testo delle condizioni generali del contratto di fideiussione comprensivo delle clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario.
Un ulteriore passo avanti nell’interpretazione della vicenda in esame è senz’altro costituito dalla ciò richiamata Sentenza della Corte di Cassazione del 22.05.2019 n. 13846.
Nella sopra richiamata pronuncia si chiarisce, infatti, che per fare sì che l’azione realizzata dall’Azienda di credito debba considerarsi vietata, si deve accertare “non la diffusione di un modulo abi da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali, col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva: giacché, come è chiaro, l’illecito concorrenziale poteva configurarsi anche nel caso in cui l’abi non avesse contravvenuto a quanto disposto dalla banca d’italia nel provvedimento n. 55/2005, ma la banca (…) avesse egualmente sottoposto all’odierno ricorrente un modulo negoziale includente disposizioni che costituivano comunque oggetto dell’intesa di cui alla l. 287 del 1990, art. 2, lett. A)”.
Da ciò deriva, secondo l’interpretazione sopra richiamata, l’automatica nullità dei contratti fideiussori redatti secondo il modello ABI, senza necessità che il Giudice di merito debba provvedere ad una valutazione in ordine all’illegittimità delle clausole fideiussorie, in quanto la valutazione di tale illegittimità è stata fatta a suo tempo dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 02.05.2005.

Quali sono le conseguenze della declaratoria di nullità? 
Una delle conseguenze più evidenti della declaratoria di nullità dei contratti di fideiussione è senz’altro la decadenza del diritto ad agire contro il fideiussore.
Di norma, infatti, i contratti di fideiussione comportavano una diluizione a dismisura dei termini per  l’escussione del garante nonché di estensione della garanzia anche agli obblighi di restituzione derivanti dall'invalidità del rapporto principale, chiaramente ulteriori e diversi rispetto agli obblighi garantiti al momento della stipulazione. 
In ordine alla decadenza del diritto ad agire contro il fideiussore ricordiamo che l’art. 1957 c.c. dispone che il fideiussore rimanga obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore abbia proposto le sue istanze contro il debitore entro sei mesi e le abbia continuate con diligenza
Il creditore che non attiva tempestivamente gli strumenti di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale decade pertanto dal diritto di pretendere l’adempimento dal fideiussore. 
Nel caso in cui il debito sia ripartito in scadenze periodiche, ciascuna delle quali dotata di un grado di autonomia tale da potersi considerare esigibile prima ed a prescindere dalla prestazione complessiva, il “dies a quo”, per calcolare il termine decadenziale previsto dall’art. 1957 cod. civ., va individuato in quello di scadenza delle singole prestazioni e non già dell’intero rapporto (Cass. n. 15902/2014).
Il termine di decadenza previsto all’art. 1957 c.c. si applica a prescindere da qualsivoglia stato soggettivo del creditore, che esso porti a giustificazione della sua inerzia nell’azione contro il debitore principale; ciò che rileva è il solo oggettivo decorso del termine, senza che il creditore abbia iniziato una azione giudiziale di recupero contro il debitore principale e l’abbia altresì diligentemente continuata.
Da quanto sopra esposto è evidente che, in ogni ipotesi in cui l’Azienda di credito abbia (come accade più frequentemente di quanto si pensi) iniziato l’azione giudiziaria nei confronti del debitore  principale dopo molto tempo (talvolta passano anni tra la decadenza del beneficio del termine e l’inizio delle azioni volte al recupero) il fideiussore avrà la possibilità di eccepire la nullità della clausola di deroga all’art 1967 c.c..
La predetta difesa è spesso particolarmente efficace nei giudizi di opposizione a Decreto Ingiuntivo ed ha spesso comportato la sospensione del provvedimento monitorio emesso nei confronti del fideiussore


Articolo originariamente pubblicato dallo scrivente su: https://www.studiolegalemdg.com/notizie/la-nullita-delle-fideiussioni-bancarie-redatte-su-schema-abi


Avv. Davide Meloni - Avvocato esperto in Diritto Bancario a Cagliari

Sono Avvocato, iscritto all'Ordine di Cagliari, dall'anno 1996. Esercito la mia professione sia in forma individuale che in collaborazione con i Colleghi dello Studio Legale MDG & Partners. Alcune delle mie esperienze: Consulente legale (2001- 2008) del “Centro di ascolto”, Comuni associati in base alla legge 285. Cultore di Materia presso l'Università di Cagliari (Istituto di Diritto Romano) Insegnante di Diritto di Polizia presso la Scuola Allievi Carabinieri (Sezione di Iglesias) negli anni 1997-2002 Master Breve in Diritto Bancario e Finanziario nell'anno 2017. Master in Diritto Tributario nell'anno 2018 -19.




Davide Meloni

Esperienza


Diritto bancario e finanziario

Mi occupo di Diritto Bancario e del relativo contenzioso sin dal 1993, avendo svolto la pratica forense in uno Studio Legale che tutelava all'epoca un primario Istituto di Credito. In quell'ambito mi occupavo prevalentemente della fase del recupero del credito; alla predetta fase, peraltro, era spesso connessa l'attività di difesa della Banca nei giudizi di merito ove era frequente la trattazione di complesse questioni giuridiche. Successivamente mi sono occupato di numerosi contenziosi nei quali ho assunto la difesa dell'utente bancario (Azienda e Consumatore). Ho frequentato un Master breve in Diritto Bancario nell'anno 2017.


Diritto civile

Mi occupo di diritto civile dall'inizio della mia attività professionale. Le mie aree di attività spaziano dal recupero crediti (che viene svolto principalmente a favore di Aziende) al contenzioso Bancario (per il quale si veda l'apposita sezione) ed assicurativo. Nel corso degli anni, in virtù di specifiche esperienza maturate sul campo, mi sono occupato anche di diritto di famiglia (per il quale rimando all'apposita sezione).


Recupero crediti

Dal 1993 (anno di inizio della pratica professionale) ho seguito moltissime pratiche di recupero crediti. Detta attività si esplica attraverso una prima necessaria fase stragiudiziale - con eventuale fase di mediazione o di negoziazione assistita, laddove necessaria - seguita in caso di mancato recupero, dall'azione monitoria e dalla successiva fase esecutiva (mobiliare presso il debitore, mobiliare presso terzi e immobiliare).


Altre categorie:

Diritto di famiglia, Tutela dei minori, Fallimento e proc. concorsuali, Usura, Pignoramento, Diritto penale, Tutela del consumatore, Diritto condominiale, Locazioni, Sfratto, Eredità e successioni, Separazione, Divorzio, Matrimonio, Affidamento, Incapacità giuridica, Diritto commerciale e societario, Franchising, Diritto assicurativo, Contratti, Diritto tributario, Diritto del lavoro, Mobbing, Licenziamento, Reati contro il patrimonio, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Malasanità e responsabilità medica, Mediazione, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Risarcimento danni.



Referenze

Pubblicazione legale

La nullità delle fideiussioni bancarie redatte su schema ABI

Pubblicato su IUSTLAB

Da alcuni anni a questa parte e più precisamente dal momento in cui la Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, con l’Ordinanza 12 dicembre 2017, n. 29810 ha sancito il seguente principio di diritto: “ in tema di accertamento dell'esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione "a valle" di contratti o negozi che costituiscano l'applicazione di quelle intese illecite concluse "a monte" (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa da parte dell'Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d'Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 14 e 20, (in vigore fino al trasferimento dei poteri all'AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016)) a condizione che quell'intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza ” ​è ampiamente dibattuto il tema della nullità delle fideiussioni redatte secondo lo schema ABI. A partire da quella data numerose altre Sentenze, sia di legittimità che di merito, hanno ribadito il suddetto principio di diritto e statuito la nullità dei contratti di fideiussione redatti su moduli conformi allo schema ABI. Tra gli ultimi arresti in tal senso citiamo Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-05-2019, n. 13846 che ha ribadito il principio già affermato da Cass. 29810/2017 in base al quale le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie redatte su modulo uniforme ABI sono radicalmente nulle per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali previsto dall'art. 2, comma 2, lett. a), della L. n 287/1990 . Il citato art. 2 della L. 287/1990 vieta, infatti, le intese tra imprese che abbiano l’oggetto o l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale, anche fissando direttamente o indirettamente prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni contrattuali. Non è superfluo ricordare come, a monte delle Sentenze sopra richiamate, in applicazione della predetta normativa, la Banca d'Italia avesse avviato nei confronti dell’ABI, relativamente alle condizioni generali della fideiussione contratta a garanzia delle operazioni bancarie, una istruttoria dalla quale era emerso che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale tipo predisposto dall'ABI “ contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto ” con la citata normativa. Il caso concreto che venne a suo tempo esaminato da Cass. 29810/2017 riguardava un fideiussore che si era opposto ad un Decreto Ingiuntivo emesso nei suoi confronti assumendo che il contratto di fideiussione omnibus da lui sottoscritto fosse nullo in quanto le clausole ivi contenute erano identiche allo schema contrattuale tipo predisposto dall’ABI e come tali contrastanti con il provvedimento della Banca d’Italia, del 2 maggio 2005, che ne vietava l'applicazione per violazione della L. n. 287 del 1990. La Suprema Corte ha evidenziato che ciò che assume rilievo, ai fini della predicata inefficacia delle clausole del contratto di fideiussione di cui agli artt. 2, 6 e 8, è, all’evidenza, il fatto che esse “ costituiscano lo sbocco dell'intesa vietata.. .”, cioè che “ attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita.. ”. Ciò che andava accertata, pertanto, non era la diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale ritenuto coincidente con lo schema delineato dall’intesa restrittiva vietata. E’ evidente, infatti, che l’illecito concorrenziale poteva configurarsi anche nel caso in cui l’ABI non avesse contravvenuto a quanto disposto dalla Banca d'Italia nel provvedimento del 2 maggio 2005, ma la Banca parte in causa avesse egualmente sottoposto all’odierno ricorrente un modulo negoziale includente le disposizioni che costituivano comunque oggetto dell’intesa di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 2, lett. a)”. In altre parole, Cass. 29810/2017 statuisce che, indipendentemente dal comportamento dell’ABI, quello che rileva è se l’Istituto di credito abbia sottoposto al ricorrente una fideiussione contenente quelle clausole che sono ritenute in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90. Pertanto il Giudice di merito è tenuto essenzialmente “ a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidono con le condizioni oggetto dell'intesa restrittiva ”, cioè se coincidono con quelle, individuate dalla Banca d'Italia, che violano la legge L. n. 287 del 1990, ciò indipendentemente dal fatto che l’ABI abbia provveduto o meno a diffondere il testo delle condizioni generali del contratto di fideiussione comprensivo delle clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario. Un ulteriore passo avanti nell’interpretazione della vicenda in esame è senz’altro costituito dalla ciò richiamata Sentenza della Corte di Cassazione del 22.05.2019 n. 13846. Nella sopra richiamata pronuncia si chiarisce, infatti, che per fare sì che l’azione realizzata dall’Azienda di credito debba considerarsi vietata, si deve accertare “ non la diffusione di un modulo abi da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali, col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva: giacché, come è chiaro, l’illecito concorrenziale poteva configurarsi anche nel caso in cui l’abi non avesse contravvenuto a quanto disposto dalla banca d’italia nel provvedimento n. 55/2005, ma la banca (…) avesse egualmente sottoposto all’odierno ricorrente un modulo negoziale includente disposizioni che costituivano comunque oggetto dell’intesa di cui alla l. 287 del 1990, art. 2, lett. A) ”. Da ciò deriva, secondo l’interpretazione sopra richiamata, l’automatica nullità dei contratti fideiussori redatti secondo il modello ABI, senza necessità che il Giudice di merito debba provvedere ad una valutazione in ordine all’illegittimità delle clausole fideiussorie, in quanto la valutazione di tale illegittimità è stata fatta a suo tempo dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 02.05.2005. Quali sono le conseguenze della declaratoria di nullità? Una delle conseguenze più evidenti della declaratoria di nullità dei contratti di fideiussione è senz’altro la decadenza del diritto ad agire contro il fideiussore. Di norma, infatti, i contratti di fideiussione comportavano una diluizione a dismisura dei termini per l’escussione del garante nonché di estensione della garanzia anche agli obblighi di restituzione derivanti dall'invalidità del rapporto principale, chiaramente ulteriori e diversi rispetto agli obblighi garantiti al momento della stipulazione. In ordine alla decadenza del diritto ad agire contro il fideiussore ricordiamo che l’art. 1957 c.c. dispone che il fideiussore rimanga obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore abbia proposto le sue istanze contro il debitore entro sei mesi e le abbia continuate con diligenza . Il creditore che non attiva tempestivamente gli strumenti di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale decade pertanto dal diritto di pretendere l’adempimento dal fideiussore. Nel caso in cui il debito sia ripartito in scadenze periodiche, ciascuna delle quali dotata di un grado di autonomia tale da potersi considerare esigibile prima ed a prescindere dalla prestazione complessiva, il “ dies a quo” , per calcolare il termine decadenziale previsto dall’art. 1957 cod. civ., va individuato in quello di scadenza delle singole prestazioni e non già dell’intero rapporto (Cass. n. 15902/2014). Il termine di decadenza previsto all’art. 1957 c.c. si applica a prescindere da qualsivoglia stato soggettivo del creditore, che esso porti a giustificazione della sua inerzia nell’azione contro il debitore principale; ciò che rileva è il solo oggettivo decorso del termine, senza che il creditore abbia iniziato una azione giudiziale di recupero contro il debitore principale e l’abbia altresì diligentemente continuata. Da quanto sopra esposto è evidente che, in ogni ipotesi in cui l’Azienda di credito abbia (come accade più frequentemente di quanto si pensi) iniziato l’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale dopo molto tempo (talvolta passano anni tra la decadenza del beneficio del termine e l’inizio delle azioni volte al recupero) il fideiussore avrà la possibilità di eccepire la nullità della clausola di deroga all’art 1967 c.c.. La predetta difesa è spesso particolarmente efficace nei giudizi di opposizione a Decreto Ingiuntivo ed ha spesso comportato la sospensione del provvedimento monitorio emesso nei confronti del fideiussore Articolo originariamente pubblicato dallo scrivente su: https://www.studiolegalemdg.com/notizie/la-nullita-delle-fideiussioni-bancarie-redatte-su-schema-abi

Titolo professionale

Master breve in diritto e contenzioso bancario e finanziario

Altalex Formazione - 6/2017

Il Master Breve ha focalizzato la sua attenzione sugli aspetti del contenzioso in materia Bancaria e Finanziaria. Il corso si è svolto in 25 ore di formazione nel periodo maggio -giugno 2017 e mi ha permesso di approfondire con un taglio differente una materia che tratto da anni.

Pubblicazione legale

L’omessa o errata indicazione del TAEG - ISC del Finanziamento o del Mutuo.

Pubblicato su IUSTLAB

1. La natura e la funzione del TAEG. Il Tasso annuo effettivo globale (TAEG) è l’indicatore di tasso di interesse di ogni operazione di finanziamento ed è stato introdotto dalla direttiva europea 90/88/CEE. La successiva Deliberazione del CICR (n. 10688 del 4/03/2003, art. 9 comma 2) ha demandato alla Banca d’Italia di individuare quali siano le operazioni e i servizi a fronte dei quali detto indice, “ comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente ”, debba essere segnalato, nonché la formula per rilevarlo. L’art. 121 T.U.B. definisce il TAEG come segue “ …m) “tasso annuo effettivo globale” o “TAEG” indica il costo totale del credito per il consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito. 2. Nel costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte. 3. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, stabilisce le modalità di calcolo del TAEG, ivi inclusa la specificazione dei casi in cui i costi di cui al comma 2 sono compresi nel costo totale del credito. .” Per effetto delle nuove disposizioni della Banca d’Italia sulla trasparenza, in adempimento della direttiva europea EU 2008/48/CE, dal 1º giugno 2011, il calcolo del TAEG comprende - a differenza di quanto previsto per il TEG - anche gli oneri fiscali (come ad esempio l’imposta di bollo sui contratti). 2. L’Indicatore Sintetico di Costo - I.S.C. La sigla I.S.C. esprime, nella sostanza, il medesimo tasso del TAEG; la definizione, che ha assunto significato formale nel 2003 con una delibera del CICR - cui è seguito un Provvedimento attuativo della Banca d'Italia che ne ha confermato il presumibile significato - ha infatti precisato che l’ISC è “ calcolato conformemente alla disciplina sul tasso annuo effettivo globale (TAEG )”. In altri termini è stato chiarito che quando si dice ISC è come dire TAEG; quindi nell’ISC andranno ricomprese tutte le spese specificate per il TAEG. In linea di massima si ritiene che Il TAEG si riferisca mutui, anticipazioni bancarie, aperture di credito e altri finanziamenti, compreso il credito al consumo, mentre l’ISC alle sole aperture di conto corrente. 3. Natura e funzione del TAEG / ISC Alla luce di quanto sopra indicato il TAEG/ISC rappresenta lo strumento principale di trasparenza nei contratti di credito al consumo (esso è infatti regolato nel Titolo VI, Capo II del TUB, intitolato “Credito al consumo”) ed esprime , in termini percentuali rispetto al capitale erogato, il costo totale effettivo del credito a carico del consumatore . Lo stesso deve essere inserito obbligatoriamente nella pubblicità, negli uffici commerciali dell’intermediario e nella documentazione messa a disposizione del consumatore prima della conclusione del contratto, in quanto persegue lo scopo di dare al consumatore informazioni omogenee e attendibili sul costo effettivo del credito tra le diverse offerte presenti sul mercato e raffrontare istantaneamente la convenienza delle diverse offerte di credito. Il TAEG include, pertanto, oneri diversi e ulteriori rispetto al tasso di interesse semplice (T.A.N. - Tasso Annuo Nominale) come, ad esempio, le spese di riscossione dei rimborsi e di incasso delle rate, se stabilite dal creditore, il costo dell’attività di mediazione svolta da un terzo, se necessaria per l’ottenimento del credito, le commissioni, le imposte, i costi relativi a servizi accessori connessi che siano obbligatori e di cui il finanziatore sia a conoscenza, i costi legati a operazioni di pagamento e i costi di gestione del conto sulle quali queste ultime vengono scritturate. Non sono invece incluse nel TAEG le spese connesse a un eventuale inadempimento e gli interessi di mora , le spese per il trasferimento dei fondi , le spese per assicurazioni o garanzie, a eccezione di quelle che, imposte dal creditore, riguardano particolari eventi della vita del consumatore, quali la morte, l’invalidità, la disoccupazione, anche in tal senso il TAEG si differenzia dal TEG (che, invece, è l’indicatore di riferimento per quanto concerne l’eventuale usurarietà del prodotto finanziario). Il calcolo del TAEG presuppone, pertanto, che siano conosciuti in anticipo gli elementi che ne determinano il risultato quali, tra gli altri, l’entità del finanziamento o i tempi di restituzione dello stesso. Recenti pronunce della giurisprudenza di merito ed arbitrale (ABF – Arbitro Bancario Finanziario) hanno sanzionato con la declaratoria di nullità del contratto bancario istituti di credito e società di leasing che hanno applicato ai rapporti condizioni differenti da quelle pubblicizzate , se non addirittura espressamente indicate nel testo contrattuale o hanno omesso l’indicazione in contratto di contenuti obbligatori , espressamente previsti dalla legge per garantire al cliente la massima trasparenza e conoscenza del contenuto del contratto sottoscritto. L'informazione, in effetti, serve ad identificare con precisione cosa la banca vuole dal cliente, cosicché quest'ultimo possa operare scientemente le proprie scelte. Appare rispondente all'esigenza “sociale” la definizione che taluno ha dato della trasparenza, ovvero “ termine trasparenza è un modo riassuntivo di esprimere il concetto di informazione completa e adeguata ”. Traendo spunto dai principi generali dell'art. 1374 c.c., ovvero buona fede e correttezza della condotta, si ricava l'obbligo di informazione quale “obbligo accessorio” al rapporto contrattuale e alla sua integrazione. Come ha avuto modo di precisare la Corte di Cassazione con sentenza n. 12093 del 27.09.2001, tra i più generali doveri di buona fede rientra quello di consegnare al cliente la documentazione relativa al rapporto concluso, dovere che trova la sua corrispondenza negli artt. 1374, 1375 e 119 TUB che sanciscono un vero e proprio diritto soggettivo del cliente a farsi consegnare tale documentazione. 4. La violazione della normativa - Errata o omessa indicazione del TAEG Nel caso in cui il TAEG effettivo non sia conforme a quello dichiarato in contratto, l'art. 125- bis, comma 6 del T.U.B., prevede che: " Sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell'articolo 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall'articolo 124. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto. " Ciò comporta la nullità della clausola di determinazione del tasso d’interesse e la sua sostituzione di diritto con quanto previsto nel comma 7 dello stesso articolo: “ Nei casi di assenza o di nullità delle relative clausole contrattuali: a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto. Nessuna altra somma è dovuta dal consumatore a titolo di tassi di interesse, commissioni o altre spese”. Una importante pronuncia relativa alle conseguenze della mancata o errata indicazione del sopraindicato indice è costituita da Tribunale di Cagliari, sentenza del 26 giugno 2019, n. 1455. Nella predetta Sentenza si chiarisce che l’ISC rappresenta un elemento fondamentale tra tutte le previsioni del contratto, in quanto indica il costo complessivo dell'operazione . La mancata indicazione dell'ISC rende il contratto difforme dal modello legale con conseguente nullità ai sensi dell'art. 117, comma 8, TUB (“i contratti e i titoli difformi sono nulli”). La pronuncia in esame chiarisce che la nullità del contratto per mancata indicazione dell'ISC deriva per altra via anche dalla violazione di norma imperativa.; ed invero, l’inserimento in contratto del predetto indice, difatti, lungi dall'essere solo obbligo di comportamento del finanziatore, costituisce un obbligo posto a presidio di interessi pubblici di primaria importanza e non solo del cliente: la trasparenza delle condizioni economiche del contratto mediante l'indicazione del costo complessivo dell'operazione non consente solo al cliente di cogliere il senso complessivo dell'operazione, ma altresì di comparare le proposte contrattuali presenti sul mercato, così da orientarlo nella scelta della proposta più conveniente e di garantire la più ampia concorrenza tra gli operatori. In particolare il Tribunale chiarisce quanto segue: “ Occorre anzitutto evidenziare che l’ISC, a norma del paragrafo 9, sezione II delle Istruzioni della Banca d’Italia, deve essere riportato non solo nel documento di sintesi, ma anche nel contratto, avente pertanto natura di “contenuto minimo determinato”. La prevista indicazione dell’ISC nel contratto chiarisce la differenza di natura e funzione rispetto al documento di sintesi. Se, infatti, il documento di sintesi ha una natura meramente riepilogativa e descrittiva di elementi contenuti tutti nel contratto, l’ISC al contrario è il frutto di una elaborazione matematica dell’istituto finanziatore che offre al cliente un elemento informativo fondamentale, ovvero il costo complessivo dell’operazione. Tale elemento, pertanto, non rappresenta un ausilio alla lettura in senso formale del contratto ma fornisce uno strumento di lettura in senso sostanziale, ovvero consente al cliente di comprendere e valutare l’operazione economica sotto il profilo pi ù squisitamente concreto del costo della stessa mediante una sintesi numerica di immediata e facile percezione. Si tratta, in effetti, di un dato che non pu ò essere autonomamente elaborato dal cliente, giacch è presuppone la conoscenza della disciplina del TAEG, aliunde contenuta, bens ì dal solo istituto finanziatore, unico soggetto professionalmente in grado di effettuarlo. L’assenza dell’indicatore sintetico del costo, a differenza del documento di sintesi i cui elementi sono desumibili da una lettura per esteso del contratto, impedisce al cliente di avere conoscenza del costo del finanziamento e di poter effettuare cos ì una valutazione complessiva e comparativa della proposta contrattuale. L’ISC, dunque, si pone in una duplice veste. Sia come strumento di pubblicit à nella fase pre-contrattuale, e di qui l’inserimento nella sezione II delle Istruzioni, L’assenza dell’indicatore sintetico del costo, a differenza del documento di sintesi i cui elementi sono desumibili da una lettura per esteso del contratto, impedisce al cliente di avere conoscenza del costo del finanziamento e di poter effettuare cos ì una valutazione complessiva e comparativa della proposta contrattuale. Sulle conseguenze della mancata / errata indicazione la predette pronuncia chiarisce che “l’ISC è pertanto un elemento del contratto su cui si forma la volont à contrattuale delle parti ed anzi pu ò anche dirsi che si tratti dell’elemento fondamentale tra tutte le previsioni del contratto in quanto indica il costo complessivo dell’oeprazione. Deve conseguentemente affermarsi che la mancata indicazione dell’ISC rende il contratto difforme dal modello legale con conseguente nullit à ai sensi dell’art. 117 c. 8 TUB (“i contratti e i titoli difformi sono nulli”) .” La sanzione di detta inosservanza comporta, che debba trovare “applicazione la previsione dell’art. 117 c. comma 7, il quale prevede che <<in caso di inosservanza del comma 4 ... si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se pi ù favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione. b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se pi ù favorevoli per il cliente, al momento in cui l'operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicit à nulla è dovuto>>. Ad avviso del tribunale, tra le conseguenze previste dalla norma, appare pi ù corretto fare applicazione di quella prevista dalla lett. a), in conformit à alla disciplina dettata dall’art. 125 bis per quanto riguarda il TAEG, e dunque corretto applicare al contratto il tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto.” Sulla stessa linea della Sentenza sopra richiamata, anche la Sntenza n. 801 del 2018, del Tribunale di Pesaro. ***** *** **** Non possiamo, peraltro nascondere che vi è una parte della giurisprudenza che ritiene, diversamente dalle pronunce sopra richiamate, che la mancata o errata indicazione del TAEG non comporti alcuna conseguenza di legge. A puro titolo di esempio riportiamo uno stralcio di motivazione di una Sentenza che esprime il contrario orientamento: “ l'ISC/TAEG non costituisce un tasso di interesse o una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, ma svolge unicamente una funzione informativa finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi; pertanto, l'erronea indicazione dello stesso, non comportando di per sé una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto un'erronea rappresentazione del suo costo complessivo, non determina alcuna nullità contrattuale” (In tal senso cfr., da ultimo, Trib. Monza 23 febbraio 2018 n. 550; Trib. Grosseto 21 giugno 2018); nel medesimo senso anche Tribunale di Roma, 5 marzo 2020, n. 4835. Ad avviso di chi scrive le argomentazioni espresse dalle pronunce sopra citate appaiono deboli e non congruamente motivate. Ed invero l’interpretazione data dalla parte della giurisprudenza sopra richiamata pare svuotare radicalmente di significato il dettato normativo. In altri termini una siffatta interpretazione lascerebbe del tutto prive di tutela condotte scorrette da parte di banche e società finanziarie nei confronti della propria clientela, andando contro non solo al dettato degli articoli del TUB sopra richiamati ma sopratutto allo spirito che informa tutto il Testo Unico Bancario relativamente ai rapporti tra Aziende di Credito ed utenti delle stesse. Viceversa le Sentenze richiamate supra ( Tribunale di Cagliari, sentenza del 26 giugno 2019, n. 1455 per tutte) si collocano nell’alveo della corretta interpretazione della lettera e della ratio del TUB. Articolo già pubblicato su: https://www.studiolegalemdg.com/notizie/lomessa-o-errata-errata-indicazione-del-taeg-isc-del-finanziamento-o-del-mutuo

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