Pubblicazione legale:
Tax News · 13 lug 2021
Con la sentenza in commento, la Suprema Corte conferma l’orientamento giurisprudenziale che riconosce la compatibilità delle presunzioni tributarie in sede di procedimento cautelare penale. A tal fine occorre dimostrare il fumus boni iuris del reato contestato, attraverso l’esame di vari elementi fattuali che consenta di ritenere verosimile, in concreto, la violazione della fattispecie penale (come, per esempio, il versamento di contributi per collaboratori domestici, l’esistenza di rapporti finanziari correnti, titoli di proprietà di autoveicoli e motoveicoli, titolarità di immobili ed utenze in Italia, rilevanti spese sostenute, stipula di contratti immobiliari, la frequenza degli istituti scolastici da parte dei figli). Inoltre, la Cassazione statuisce che, nonostante la Convenzione contro le doppie imposizioni possa essere applicata solo in presenza di un «potenziale assoggettamento alla fiscalità dello Stato», nell’ambito di un procedimento cautelare ciò che rileva, in concreto, è la sussistenza del fumus boni iuris del reato contestato. Il fumus del reato deve essere valutato anche con riferimento agli effettivi esborsi fiscali del contribuente nello Stato contraente e, pertanto, nel caso di specie, la Convenzione, ancorché sia astrattamente applicabile, non può trovare materialmente attuazione.