Pubblicazione legale:
La sottrazione internazionale di minori è, purtroppo, un fenomeno che sta dilagando sempre più negli ultimi anni. Il tema, oltre ad essere regolato da leggi nazionali, è oggetto della Convenzione dell'Aja del 25/10/1980, recepita dall'Italia.
Dobbiamo, preliminarmente, chiarire che cosa si intende per sottrazione.
Ai sensi della su richiamata Convenzione, si intende per sottrazione la violazione dell'accordo e del diritto di custodia, anche se commessa da un genitore (Cass. 30/06/2021, n. 18602).
In genere, quando si verifica un caso di sottrazione di minore, le autorità dei diversi Paesi - che cooperano tra loro in maniera efficace e continuativa - ordinano il rientro in patria del minore illegittimamente sottratto.
Ciò, comunque, non è sempre automatico. Infatti, qualora sussista per il minore un “pericolo psichico” o di “intollerabilità”;il giudice può negarne il rientro nel paese di provenienza (Cass. 25974/2024). Tale pericolo psichico, tuttavia, non può meramente consistere nel mero disagio o nella semplice sofferenza psicologica che comporterebbe il distacco dal genitore autore della sottrazione abusiva. Come ripetutamente sottolineato da attenta Giurisprudenza di merito (ex plurimis, Trib. Minorenni Roma, 19 ottobre 2022), la sola circostanza che deve essere indagata è rappresentata dal fatto che il rientro nel paese di origine possa condurre il minore a vivere una situazione per lui intollerabile.
A tale scopo deve essere chiesto all’Autorità Centrale di acquisire informazioni circa le attuali condizioni di vita, abitative e lavorative, del genitore che chiede il rimpatrio e della famiglia allargata di quest’ultimo e si deve verificare in concreto il rapporto tra il medesimo genitore e il minore con incontri organizzati dal Servizio Sociale alla presenza di un operatore in grado di valutare la qualità del rapporto in spazio neutro, accompagnati da un sostegno psicologico che deve essere immediatamente attivato per il minore al fine di consentire il recupero del rapporto con il genitore.
Gli accertamenti da eseguirsi sono funzionali alla verifica della sussistenza di un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.
Anche la Sprema Corte si colloca sulla stessa scia: invero, in una recente decisione (Cass. 07/05/2025 n. 12035), al fine di escludere ai sensi della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, la sussistenza delle condizioni ostative al rientro del minore nello Stato ove abitualmente risiede e in particolare al fine di ritenere non sussistente il fondato rischio per il minore di essere esposto a pericoli fisici o psichici o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile, non sono sufficienti le valutazioni (ancorché approfondite) compiute dalle autorità competenti dello Stato di residenza del minore, ma sono necessari ulteriori accertamenti (da svolgere anche mediante indagine tecnica) da parte del Giudice italiano.
Rimane, infine, da chiarire quale sia la competenza del Giudice chiamato ad ordinare il rientro in Patria del minore.
L'art. 10 della su richiamata Convenzione prevede che le autorità giurisdizionali dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale prima del trasferimento o del mancato rientro illeciti conservino la loro competenza a meno che non ricorrano determinate condizioni (Corte Giustizia Unione Europea, Sez. V, 24/03/2021, n. 603/20).
In conclusione, il genitore che, per qualsiasi motivo, decida di portare i figli nel proprio Paese di origine, senza che vi sia il consenso dell'altro o, in alternativa, un ordine di un Tribunale, non può certo contare sulla solidarietà di un Tribunale nazionale, in quanto tale vicenda è regolata da rigide norme a valenza internazionale e comporta, in caso di violazione delle stesse, responsabilità penali e civili non indifferenti.