IL CASO
Le attrici, quali eredi del defunto padre/marito, convenivano in giudizio un istituto di credito deducendone la responsabilità per lo smarrimento di una cassetta di sicurezza di cui era titolare il de cuius. Chiedevano pertanto che la banca fosse condannata a risarcire un danno di € 50.000,00.
A dimostrazione della propria qualità di eredi, le attrici producevano una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nonché lo stato di famiglia.
L’istituto di credito si costituiva in giudizio eccependo il difetto di legittimazione attiva delle attrici, ritenendo insufficiente la documentazione prodotta dalle stesse per provare la propria qualità di eredi.
LA SOLUZIONE
Il Giudice, rilevava l’infondatezza dell’eccezione in parola richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale in forza del quale “…nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l'allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all'eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall'accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione iuris tantum dell'intervenuta accettazione tacita dell'eredità, atteso che l'esercizio dell'azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all'eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede (Cass. 26/06/2018, n. 16814)” (cfr. in questo senso Cass 210/2021).
In altri termini, la produzione del certificato di stato di famiglia unitamente all'allegazione in giudizio della qualità di erede costituisce una presunzione iuris tantum dell'intervenuta accettazione (tacita) dell'eredità, prova di per sé decisiva.
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Edoardo Braglia
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