Caso legale:
L'avvocato Emanuele Crozza ha assistito un ragazzo che inconsapevolmente aveva scaricato sul suo PC un film pedopornografico. La vicenda si chiarì durante le indagini grazie anche alle perizie informatiche che chiarirono tecnicamente cosa era successo.
Il principio di non colpevolezza affonda le sue radici nel diritto romano, ma si è affermato con forza nel pensiero illuminista del XVIII secolo, in reazione agli abusi della giustizia inquisitoria. Pensatori come Cesare Beccaria e Montesquieu sottolinearono come fosse inaccettabile considerare una persona colpevole prima che la sua responsabilità fosse accertata in modo rigoroso, pubblico, imparziale.
Questo principio ha trovato poi consacrazione nelle grandi Carte dei diritti moderni:
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art. 11): “Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata in un processo pubblico.”
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 6, §2): “Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata.”
Il principio, quindi, non è solo una regola processuale, ma un diritto fondamentale della persona, un pilastro dello Stato di diritto. Presume che ogni cittadino sia innocente fino a prova contraria, e impone che tale prova venga raccolta nel pieno rispetto delle garanzie difensive.
Affermare che l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva significa che:
Non può essere trattato pubblicamente o giuridicamente come colpevole durante le fasi delle indagini o del processo;
Il peso della prova ricade interamente sull’accusa (il cosiddetto onus probandi);
Qualsiasi dubbio ragionevole deve tradursi in assoluzione (in dubio pro reo);
Non è ammissibile alcuna forma di colpevolizzazione anticipata, né da parte dell’autorità giudiziaria, né dei media, né dell’opinione pubblica;
Ogni limitazione della libertà personale deve rispondere a esigenze cautelari, non punitive.
Il principio, pertanto, tutela l’imputato da ogni forma di giustizialismo e garantisce che la colpevolezza sia dichiarata solo al termine di un processo equo, regolato, con le necessarie contrapposizioni dialettiche tra accusa e difesa.
L’avvocato penalista è il garante concreto del principio di non colpevolezza. Difendere una persona imputata di un reato, spesso nel mirino dell’opinione pubblica, significa affermare il valore della Costituzione, anche – e soprattutto – quando tutto sembra spingere verso una condanna anticipata.
Il difensore non si limita a contestare le prove: vigila sul rispetto delle regole, sull’equilibrio tra le parti, sulla proporzione delle misure cautelari. È l’interprete attivo di una garanzia che non è un privilegio, ma un diritto universale: quello di non essere considerati colpevoli fino alla prova contraria, in un processo giusto.
Troppo spesso, infatti, la narrazione mediatica tende a presentare l’indagato o l’imputato come “il colpevole”, dimenticando che l’informazione non può sostituirsi al giudizio. L’avvocato penalista si trova a dover combattere non solo nei tribunali, ma anche nel tribunale dell’opinione pubblica, difendendo il diritto a un processo equo contro ogni forma di gogna.
Violazioni del principio e rischi per la democrazia
La violazione del principio di non colpevolezza non è solo un errore procedurale: è una ferita allo Stato di diritto. Quando le istituzioni, i media o la pubblica opinione trattano un imputato come colpevole prima del verdetto, si apre la strada all’arbitrio, alla giustizia sommaria, alla perdita di fiducia nei confronti della giurisdizione.
Si pensi alle misure cautelari applicate in modo eccessivo, che spesso si traducono in vere e proprie anticipazioni di pena. Oppure ai comunicati stampa di Procure che descrivono l’indagato con toni da sentenza. O ancora ai titoli sensazionalistici che travolgono la vita delle persone prima che si accerti la verità dei fatti.
La Corte di Cassazione ha più volte richiamato la necessità di rispettare il principio costituzionale di non colpevolezza, affermando che ogni provvedimento, anche cautelare, deve essere adottato nel pieno rispetto delle garanzie e mai come forma surrettizia di sanzione penale anticipata (Cass. pen., Sez. VI, n. 17797/2018).
Non colpevolezza e misure cautelari: un equilibrio difficile
Uno dei punti più delicati riguarda il rapporto tra il principio di non colpevolezza e le misure cautelari personali (custodia in carcere, arresti domiciliari, divieti). Queste misure possono essere applicate prima della sentenza definitiva, ma solo in presenza di gravi esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.) e non possono mai assumere funzione punitiva.
Eppure, nella prassi, accade spesso che l’opinione pubblica percepisca l’arresto come una condanna. È qui che il principio di non colpevolezza mostra tutta la sua fragilità: se non è accompagnato da una rigorosa applicazione da parte dei giudici, rischia di essere svuotato del suo contenuto.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha più volte condannato gli Stati che hanno trattato gli imputati come colpevoli prima della condanna, ricordando che anche le dichiarazioni delle autorità pubbliche devono rispettare la presunzione di innocenza (CEDU, caso Allenet de Ribemont c. Francia, 1995).
Il principio nella comunicazione istituzionale e mediatica
Il principio di non colpevolezza deve essere rispettato non solo all’interno del processo, ma anche nella comunicazione pubblica. La direttiva (UE) 2016/343 e il successivo D.lgs. 188/2021, hanno rafforzato questa tutela, imponendo limiti stringenti alle autorità pubbliche nella diffusione di notizie sugli indagati.
Le Procure, ad esempio, non possono presentare gli indagati o imputati come colpevoli. Anche la stampa, pur nel legittimo esercizio del diritto di cronaca, è tenuta a rispettare il principio di non colpevolezza, evitando formulazioni che lascino intendere una colpevolezza accertata.
Il rischio, infatti, è quello della pena del processo: anche in caso di successiva assoluzione, la reputazione, la vita privata e professionale della persona può risultare irrimediabilmente compromessa. Ecco perché ogni parola usata nel dibattito pubblico assume un valore non solo linguistico, ma anche giuridico ed etico.
Il principio di non colpevolezza non è una garanzia per colpevoli, ma una tutela per tutti i cittadini. È il segno distintivo di una giustizia civile, equa, rispettosa della dignità umana. È ciò che impedisce allo Stato di trasformarsi in un potere arbitrario, di colpire le persone senza prove, di punire senza processo.
L’avvocato penalista è il custode di questo principio. La sua opera quotidiana, spesso silenziosa e poco compresa, è il vero presidio contro ogni deriva autoritaria, contro ogni forma di giustizia sommaria, contro ogni tentazione di processi mediatici. Difendere il principio di non colpevolezza significa difendere la libertà di tutti.
In un tempo in cui l’opinione pubblica è spesso pronta a giudicare prima ancora del processo, è più che mai necessario ricordare che nessuno è colpevole fino a condanna definitiva. È il cuore della giustizia. È la bussola che deve guidare ogni processo penale. È la garanzia che distingue una democrazia da ogni altra forma di potere.
Fonte: LA STAMPA