Pubblicazione legale:
Sempre più spesso la convivenza risulta una
soluzione non soltanto transitoria, volta a valutare la stabilità del rapporto
nella prospettiva di un futuro matrimonio, ma costituisce una vera e propria
scelta di vita consapevole e duratura.
Ma quali sono le differenze che
permangono ancor oggi, alla luce delle ultime riforme normative, tra
convivenza e matrimonio?
Anzitutto risultano finalmente superate le
discriminazioni previste nei riguardi dei figli nati fuori dal matrimonio,
considerato che la tutela giuridica nei riguardi dei figli è stata
equiparata dalla legge del 10 dicembre 2012 n. 219, che ha annullato la
distinzione tra figli naturali (ossia nati fuori dal matrimonio) e
figli legittimi (ovvero nati all'interno del matrimonio). Si pensi, ad
esempio che, prima della riforma, al figlio di genitori non coniugati non era
riconosciuto il rapporto di parentela con i nonni.
Pertanto, sotto questo aspetto, i
figli godono degli stessi diritti e tutele sia in caso di
convivenza che di matrimonio.
Lo stesso non può invece ancora dirsi per quanto
riguarda la posizione della coppia sposata rispetto ai conviventi, in quanto,
sotto il profilo giuridico, permangono evidenti differenze.
In particolare, vi sono alcuni diritti (e
corrispondenti obblighi) riconosciuti unicamente alla coppia sposata,
e non alla coppia di fatto.
Unicamente tra i coniugi è previsto:
- il
diritto di fedeltà e coabitazione;
- il regime
legale della comunione dei beni e la reversibilità della
pensione;
- l'obbligo
di mantenimento a favore del coniuge economicamente più
debole, in caso di separazione;
- soltanto
il coniuge è erede legittimo, mentre il convivente può
ereditare unicamente in caso di testamento a suo favore.
Va tuttavia sottolineato che sono state introdotte rilevanti novità
dalla Legge Cirinnà del 20 maggio 2016 n. 76.
Vi è, anzitutto, la possibilità, per i conviventi
registrati all’Anagrafe, di stipulare un contratto di convivenza volto
a disciplinare i rapporti patrimoniali (anche nell’eventualità della fine della
convivenza).
Inoltre, è previsto che, in caso di cessazione
della convivenza, il giudice, su richiesta di uno degli ex conviventi, può
stabilire l’obbligo del versamento degli alimenti.
Tuttavia, a differenza di quanto accade per le
coppie sposate, gli alimenti possono essere corrisposti:
- unicamente a favore dell’ex convivente in
stato di bisogno;
- mirano a garantire solo quanto necessario
alla sopravvivenza del partner, essendo quindi di importo
inferiore rispetto al mantenimento e fissato in proporzione alla durata
della convivenza;
- sono previsti a tempo determinato.
In conclusione, se è vero che nella scelta tra
convivenza e matrimonio intervengono fattori emotivi, psicologici, oltre che
economici, va comunque considerato che le conseguenze di tale scelta,
sotto il profilo della responsabilità giuridica, risultano evidenti ancora oggi,
specie in caso di eventuale rottura del rapporto affettivo.