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Patto di convivenza autenticato da un avvocato tra cittadino/a italiano e straniero privo di permesso di soggiorno DEVE essere registrato e consente ottenimento di un permesso per motivi familiari

Scritto da: Federica Cucciniello - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Un recente e ormai consolidato orientamento giurisrudenziale, riconosce alle coppie formate da cittadino italiano e straniero irregolare, di ottenere la registrazione del contratto di convivenza e, conseguentemente, il permesso di soggiorno per motivi familiari.

Diversi Tribunali si sono espressi in questi ultimi 3 anni, prevedendo l'obbligo del Comune di trascrivere  i contratti di convivenza alle seguenti condizioni:

- patto autenticato da avvocato;

- uno dei due conviventi deve essere cittadino italiano;

-vi deve essere tra le parti una comprovata relazione affettiva, e non ha rilevanza che uno dei due sia IRREGOLARE.

Alla base delle decisioni dei Giudici vi è una lettura costituzionalmente e convezionalmente orientata delle norme che regolano la materia ed in particolare:

L’art. 1 comma 36 della legge 76 del 2016 prevede che “si intendono per conviventi di fatto, due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un unione civile”.

L’accertamento della stabile convivenza, ai sensi della legge di cui sopra, comma 37, avviene con riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui agli artt. 4 e 13, comma 1, lett.b) del Regolamento recante adeguamento del regolamento anagrafico della popolazione residente ( D.P.R. 30/05/1989 n. 223).

L’art. 4 così recita “Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legati da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. Una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona”.

L’art. 13, rubricato “ dichiarazioni anagrafiche” afferma che “Le dichiarazioni anagrafiche da rendersi dai responsabili di cui all’art.6 del presente regolamento concernono i seguenti fatti: a) trasferimento di residenza da altro comune o dall’estero ovvero trasferimento di residenza dal’estero; b) costituzione di una nuova famiglia o di una nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza; c) cambiamento di abitazione; d) cambiamento qualifica professionale; f) cambiamento del titolo di studio ….”.

Sulla corretta lettura del dettato normativo, in particolare del comma 37, si è aperto nel tempo un dibattito dottrinale e giurisprudenziale, che vede oggi prevalere un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata di tipo sostanziale.

Secondo questa ormai consolidata tesi, il requisito dell’iscrizione anagrafica deve ritenersi elemento di mero accertamento, di carattere presuntivo, della stabile convivenza, da considerarsi invece l’unico elemento richiesto per la formazione sociale denominata convivenza di fatto.

In altre parole, in osservanza al disposto dell’art. 8 CEDU e ai principi della Direttiva Europea 2004/38/CE recepita in Italia con il D.lgs. 30/2007, deve ritenersi che la convivenza  abbia natura fattuale, “rispetto alla quale la dichiarazione anagrafica è solo strumento privilegiato di prova e non anche elemento costitutivo” (Tribunale di Milano, ordinanza 31 maggio 2016[1]; in senso conforme, tra le altre, Tribunale di Milano, ordinanza del 25.04.2021; Tribunale Ordinario di Bologna, ordinanza del 01.12.2022).

Ne discende, quindi, che la mancanza della dichiarazione anagrafica non osta alla configurabilità della convivenza di fatto, in presenza degli altri indici presuntivi atti a dimostrare la stabilità del rapporto di convivenza instaurato tra persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e reciproca assistenza morale e materiale, non vincolati da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” (Tribunale di Foggia, ordinanza del 30.11.2022- in senso conforme, tra le altre, Tribunale di Bari, ordinanza del 04.08.2023, Tribunale di Mantova, ordinanza del 01.04.2022; Tribunale di Viterbo, ordinanza del 25.04.2023).

E ancora Ai sensi dell’art. 3, comma 2,D.lgs 30/2007, “Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell’interessato lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno delle seguenti persone: […]b) il partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata”.


In definitiva, rivolgendovi ad  un avvocato specializzato, anche in ipotesi di rifiuto del COmune, potrete adire il Tribunale compentente ed ottenere la tracrizione del contratto di convivenza, la quale a sua volta vi consentirà di richiedere alla Questura un permesso di soggiorno per motivi familiari.











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Federica Cucciniello

Avvocato civilista esperto in diritto di famiglia e diritto dell'immigrazione