Pubblicazione legale:
La problematica relativa alla
legittimita' delle fideiussione omnibus sottoscritte dagli istituti di credito
è frutto di un complesso percorso
giurisprudenziale che tenteremo
di riassumere brevemente al fine di un agevole comprensione della problematica.
LA
DELIBERA N. 55 DEL 02.5.2005
Nel 2003, l’Associazione Bancaria
Italiana ebbe a proporre agli associati
un testo di tredici articoli in merito alla fideiussione omnibus.
Sulla scorta del parere del 20.4.2005
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM), nel maggio 2005
la Banca d’Italia definì il procedimento istruttorio volto ad accertare se le
previsioni del testo A.B.I. fossero o meno lesive della concorrenza.
Con il provvedimento n. 55 del 02.5.2005
sulle “Condizioni generali di contratto per la Fideiussione” la Banca d’Italia ha
pronunciato 'il contrasto con l'articolo 2, della L. n. 287 del 1990
('Legge Antitrust')degli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale di
fideiussione omnibus predisposto dall'ABI.
In particolare:
-
l'articolo 2 che prevedeva la cosiddetta
'clausola di reviviscenza' e imponeva al fideiussore di “rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state
incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere
restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti
stessi, o per qualsiasi altro motivo”;
-
l'articolo 6 per il quale “i diritti derivanti alla banca dalla
fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso
il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore
medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a
seconda dei casi, dall'art. 1957 cod. civ., che si intende derogato”
-
l'articolo 8 per il quale “qualora le obbligazioni garantite siano
dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo del debitore
di restituire le somme allo stesso erogate”.
Tuttavia, le valutazioni della Banca
d’Italia nel Provvedimento n. 55 presentano alcune criticità.
Una prima criticità può essere
individuata al punto 54 laddove la Banca di Italia afferma: “In astratto, un’attività associativa che
produca l’uniformità degli schemi contrattuali adottati dalle imprese associate
può incentivare la concorrenza. Essa favorisce la domanda in quanto, aumentando
la comparabilità dei prodotti, ne riduce i costi di selezione; anche l’offerta
ne trae beneficio, poiché viene meno la necessità di una diffusa e continua
negoziazione di clausole e viene data alle banche di dimensioni ridotte
l’opportunità di operare nell’ambito di un quadro negoziale non dissimile da
quello fornito dalle maggiori banche, in grado di elaborare autonomamente i
propri schemi contrattuali”.
A tal riguardo si è osservato[1] che la proposta ABI
condannata, non ha ad oggetto un accordo volto ad incidere direttamente sulle
condizioni di erogazione del credito e quindi sui destinatari di queste, ossia
i beneficiari del finanziamento, ma bensì i soggetti (persone fisiche o
giuridiche)che si pongono come garanti delle obbligazioni assunte dai
beneficiari del finanziamento stesso.
E’
dunque del tutto palese la differenza rispetto ad altre ipotesi vagliate dalla
giurisprudenza, di “cartello” teso a violare le norme antitrust, come, ad
esempio l’intesa sulle tariffe RCAuto che assumono una incisività oggettiva sul
consumatore, ben diverse da quella oggetto della analisi della Banca di Italia
che ha ad oggetto alcune condizioni di un contratto di garanzia che si pone a
latere ed in maniera subordinata al finanziamento, il che fa dubitare che esse
abbiano quella ricaduta sul mercato del
credito tale da integrare la violazione dell’art. 2, comma 2, lettera a), della
Legge Antitrust. Che ricordiamo prevede che “sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per
effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco
della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte
rilevante, anche attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o
indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni
contrattuali”.
Ulteriori
criticità del provvedimento della Banca d’Italia possono essere individuate
nella osservazione che i criteri interpretativi adoperati dall’organo di
vigilanza appaiono di natura privatistica e non già, come avrebbe dovuto
essere, di natura pubblicistica.
Si è
infatti osservato[2]
che l’esame della banca di Italia nella parte del provvedimento dedicata alle
singole clausole oggetto di critica appare basata sull’analisi dello
sbilanciamento contrattuale si è dunque in presenza di una valutazione di tipo
civilistico e non di una valutazione, come sarebbe dovuto avvenire di tipo
pubblicistico con la contestazione della
contrarietàdelle clausole con la normativa di ordine pubblico economico.
Al
punto 83, Banca d’Italia così ragiona: “Con
riferimento alla deroga all’art. 1957 cod. civ. configurata dall’art. 6 dello
schema ABI, occorre rilevare che essa ha la funzione di esonerare la banca dal proporre
e proseguire diligentemente le proprie istanze, nei confronti del debitore e
del fideiussore, entro i termini previsti da detta norma. Tale clausola,
pertanto, appare suscettibile di arrecare un significativo vantaggio non tanto
al debitore in difficoltà – come ritiene l’ABI – quanto piuttosto alla banca
creditrice, che in questo modo disporrebbe di un termine molto lungo
(coincidente con quello della prescrizione dei suoi diritti verso il garantito)
per far valere la garanzia fideiussoria. Ne potrebbe risultare disincentivata
la diligenza della banca nel proporre le proprie istanze e conseguentemente
sbilanciata la posizione della banca stessa a svantaggio del garante”.
Al
successivo punto 84 la Banca d’Italia si sofferma sulla clausola di reviviscenza
affermando che: “La clausola che dispone
la “reviviscenza” della garanzia dopo l’estinzione del debito principale (art.
2 dello schema) impegna il fideiussore a tenere indenne la banca da vicende
successive all’avvenuto adempimento, anche quando egli abbia confidato
nell’estinzione della garanzia a seguito del pagamento del debitore e abbia
conseguentemente trascurato di tutelare le proprie ragioni di regresso nei
confronti di quest’ultimo (cfr. art. 1953 cod. civ.). Da ciò derivano conseguenze
particolarmente pregiudizievoli per il garante quando l’obbligo di restituzione
della banca sia determinato dalla declaratoria di inefficacia o dalla revoca
dei pagamenti eseguiti dal debitore a seguito di fallimento dello stesso”. Al
successivo punto 85 Si precisa inoltre che “la clausola in questione può
comportare la deroga all’art. 1945 cod. civ. in tutti i casi in cui il debitore
agisca nei confronti della banca per la restituzione di quanto ritenga di
averpagato in eccedenza rispetto al dovuto. In tal caso il fideiussore sarebbe
comunque impegnato a rimborsare alla banca le somme che la stessa fosse tenuta
a restituire all’originario debitore, senza poter far valere le eccezioni di
pertinenza del debitore”.
Con
riguardo alla c.d. clausola di sopravvivenza, poi, leggiamo al punto 86 che “L’art. 8 dello schema estende la garanzia
anche agli obblighi di restituzione del debitore, derivanti dall’invalidità del
rapporto principale. Tali obblighi sono ulteriori e diversi rispetto a quelli
di garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore in forza
dei rapporti creditizi cui accede la fideiussione. Pertanto, una siffatta
previsione non appare connaturata all’essenza del rapporto di garanzia e
potrebbe, per converso, indurre la banca, in sede di concessione del credito, a
dedicare una minore attenzione alla validità o all’efficacia del rapporto
instaurato con il debitore principale; essa, infatti, potrebbe comunque contare
sulla permanenza dell’obbligazione di garanzia in capo al fideiussore omnibus
al fine di ottenere il rimborso delle somme a qualsivoglia titolo erogate”.
Partendo
da tali assunti si è acutamente osservato[3] che il tenore adottato è,
dunque, nel segno di una stigmatizzazione di un favor per la banca poiché, ad
avviso di Banca d’Italia, le clausole in parola determinerebbero vantaggi
sproporzionati rispetto alla funzione dell’istituto.
Tuttavia
non può non evidenziarsi che dal punto di vista giuridico tali clausole
comunque assolvono ad un interesse giuridico come confermato dalla
giurisprudenza che si è formata su di esse.
In
particolare per quanto attiene la clausola relativa alla rinuncia del
fideiussore ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ. Si osserva che la Suprema
Corte investita in passato della questione aveva avuto modo di precisare con la
sentenza n.8839 del 13 aprile 2007, che “In relazione al
contratto di fideiussione, la decadenza del creditore dal diritto di pretendere
dal fideiussore l'adempimento dell'obbligazione principale per mancata
tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale nel termine
semestrale previsto dall'art. 1957, comma 1, c.c. può essere convenzionalmente esclusa per effetto di rinuncia preventiva da parte del
fideiussore e non opera, in particolare, ove le parti abbiano previsto che la
fideiussione si estingua solo all'estinguersi del debito garantito”, La Suprema Corte aveva inoltre già precedentemente precisato
(sentenze n.394/2006, n.
14089/2005; n. 776/2004),che si trattava di
pattuizione affidata alla disponibilità delle parti, che non urta contro alcun
principio di ordine pubblico, comportando soltanto l'assunzione, da parte del
fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni
patrimoniali del debitore.
In
ordine alla clausola di sopravvivenza, la cassazione con la sentenza n.4738 aveva giàavutomodo dirilevarechepoichél'accessorietàdellafideiussionevaintesainsensomeramentefunzionale,non costituiscemotivodinullitàdelnegoziolarinunciaadeccepirelaeventualeinvaliditàdell'obbligazionegarantita;questaclausolarendeoperativalafideiussioneanchecon riferimentoall'obbligodirestituzionecheconseguealaccertatainvalidità”, né tale clausola può dirsi vessatoria come tuttora
riferibile al rapporto principale, posto che questo non si è definitivamente
estinto con un pagamento valido ed irrevocabile (Sez. 1, n. 25361/2008). La
giurisprudenza da tempo ha ritenuto che non è nullo il contratto di
fideiussione "omnibus" che contenga una clausola di reviviscenza
dell'obbligazione fideiussoria in caso di invalidità o di revoca dei pagamenti
effettuati dal debitore garantito (Sez. 1, Sentenza n. 5720/2004).
La
ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali previgenti consente di
cogliere appieno i limiti della interpretazione della Banca di Italia che opera una interpretazione di
tipo civilistico il cui punto centrale non è l’adozione di quelle
clausole (peraltro legittimata, come detto dalla giurisprudenza anche della
Suprema Corte), quanto la circostanza della loro applicazione uniforme. Quasi
che l’uniformità trasformi una questione di diritto privato in problema di
antitrust
L’ORDINANZA
N. 29810 DEL
2017
Chiariti alcuni dubbi preliminari sul provvedimento
n 55 della Banca di Italia passiamo ad analizzare su quali siano i contenuti e
la portata dell’ordinanza n. 29810 del 2017, al
fine di evidenziare alcuni dei suoi limiti.
In tale ordinanza la
Suprema Corte si è espressa essenzialmente sulla valenza retroattiva del
Provvedimento della Banca d’Italia rispetto alla lettera fideiussoria, il
tenore della su detta pronuncia, nel rimettere la controversa alla corte di
Appello di Venezia, pare indicare alla corte territoriale il solo, seguente, “principio di diritto”:
quello secondo cui “in tema di accertamento dell’esistenza di intese
anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione “a
valle” di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese
illecite concluse “a monte” comprendono anche i contratti stipulati anteriormente
all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente
preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (…) a condizione che
quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del
negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella
disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del
rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della
concorrenza”.
In buona
sostanza, la Corte nell’esaminare i primi due motivi di ricorso, relativi al
primo gruppo di censure proposto dal ricorrente e attinenti al rigetto della
dichiarazione di nullità del contratto di fideiussione, pare aver qui
indirizzato la sua analisi esclusivamente sul profilo “temporale”, la Corte
limita chiaramente il suo esame solo al “ fatto che, il contratto stipulato
tra il fideiussore e la Banca non
potrebbe essere dichiarato nullo in forza di un dictum(dell’Autorità
di garanzia) sopravvenuto al patto.
Conclude
dunque la Corte: “la sentenza, pertanto, va cassata in parte qua e la causa
rinviata - anche per le spese di questa fase - alla Corte territoriale a quo,
per un nuovo esame della materia litigiosa, condotto alla luce del
principio di diritto appena enunciato, in esso rimanendo assorbite le
ulteriori denunce risarcitorie (pure non esaminate nella fase di merito) di cui
ai restanti mezzi di cassazione, non essendo dubbio che la diversa decisione
della domanda di nullità, indipendentemente dalla correttezza della denuncia
sull’autonomia delle istanze risarcitorie, comporteranno ricadute anche su
queste altre richieste.
In
conclusione, pertanto, l’ordinanza ha posto il principio, in base al quale non
può escludersi la nullità di una condotta anticoncorrenziale per il solo fatto
della sua anteriorità all’indagine dell’Autorità Antitrust ed alle sue
risultanze.
Alla
luce di quanto precede, va circoscritto l’ambito di applicazione della pronuncia
giacché in essa non vi è un esame nel merito delle fideiussioni bancarie non
soffermandosi esplicitamente sulle
conseguenze delle intese asseritamente illecite né sulle soluzioni
sanzionatorie, di stampo civilistico, da comminare ai contratti “a valle”
eventualmente travolti.
NULLITA DEL CONTRATTO
Chiarito
tale aspetto va detto che non è infrequente che l’ordinanza 29810
venga richiamata per sostenere la nullità totale del contratto di garanzia
perfezionato a favore della Banca.
A tal
riguardo va evidenziato che in giurisprudenza non è mancato chi sostiene che
non si possa parlare di nullità in tal senso si è espresso Tribunale sez. III , - Treviso, con la
sentenza n. 1632 del 30 luglio 2018, in larga parte pienamente condivisibile.
In essa il Giudice affronta la tesi della
nullità derivata evidenziando come l’ordinanza n. 29810 segue
il solco tracciato da Cass. Civ. SS.UU., 4
febbraio 2005, n. 2207 in cui è stata
riconosciuta, per la prima volta, la legittimazione del consumatore (quale
ultimo anello della filiera produttiva) ad avvalersi delle forme di tutela
previste dall'art. 33 della L.
287/1990 onde ottenere il risarcimento del danno
subito a causa di una intesa restrittiva della concorrenza. In tale arresto
venne affermato che il contratto "a valle" costituisce lo sbocco
dell'intesa, essenziale a realizzarne gli effetti, posto che la seconda si
estrinseca e viene attuata tramite il primo e che di fronte a un'intesa
restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore vede leso il proprio
diritto a una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza.
Ritiene
il giudice di Treviso che tale soluzione presta tuttavia il fianco ad una serie
di censure.
In
primo luogo, la nullità del contratto individuale viene predicata sia in
termini di nullità derivata , sia in termini di nullità per vizio proprio e,
segnatamente, per illiceità della causa ex art. 1418 co. 1
c.c., sull'assunto che il contratto recante
clausole di cui è stata riconosciuta l'attitudine a ledere la concorrenzialità
del mercato si porrebbe in contrasto con norme imperative e, in particolare,
con l'art. 2 della L. 287/1990.
Quanto
alla prima prospettazione, perché il meccanismo dell'invalidità derivata possa
trasmettersi dall'infrazione anticoncorrenziale ai sottostanti contratti a
valle è in ogni caso necessario accertare preliminarmente l'esistenza di un
nesso di indissolubile dipendenza con l'intesa a monte, legame questo che non
sembra invece riscontrarsi con riguardo alla normale dinamica della
contrattazione individuale in cui, al contrario, le intese mostrano di non
costituire un tutt'uno con i contratti a valle, di non essere a questi
collegati né per legge né per volontà delle parti e di non rappresentarne in
alcun modo un presupposto di esistenza, validità od efficacia.
La
caducazione automatica del rapporto dipendente per l'invalidità o la
risoluzione del rapporto giuridico al quale il primo accede è infatti di norma
ammessa nei subcontratti, in cui l'inesistenza o il venir meno del rapporto
obbligatorio principale fa inevitabilmente venir meno la causa del secondo, per
l'evidente impossibilità di questo ultimo di realizzare la ragion pratica in
vista della quale era stato stipulato.
Inoltre,
affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che
impone la considerazione unitaria della fattispecie, è invece necessario che
ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i
negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti
nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale
ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico
delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto
posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di
un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria
autonomia anche dal punto di vista causale.
Proprio
questo secondo requisito postula, alternativamente, o l'identità soggettiva tra
le parti dell'uno e dell'altro accordo, oppure la consapevole e fattiva
adesione del contraente del contratto dipendente all'accordo (rispetto al quale
egli è terzo) che lo pregiudicherebbe.
In
tutti i casi cennati, si presuppone sul piano oggettivo una ragione pratica
ulteriore e distinta da quella dei singoli contratti in sé considerati e, sul
piano soggettivo, l'oggettivizzazione, da parte dei contraenti coinvolti, del
comune intento pratico e della volontà di coordinamento teleologico dei
contratti.
Ove
tali elementi non siano oggettivamente apprezzabili, un contratto che sia stato
validamente perfezionato, presenti i requisiti strutturali di validità previsti
dalla legge e non persegua in sé una causa illecita o immeritevole per
l'ordinamento giuridico non può subire effetti invalidanti in dipendenza
dell'accertamento della nullità o della caducazione di un rapporto giuridico
diverso ed intercorso tra terzi, il quale, essendo res inter alios acta, nequenocetnequeprodest.
Partendo
da tali presupposti il giudice di Treviso ritiene arduo individuare un nesso di
dipendenza delle fideiussioni con la deliberazione dell'ABI incriminata, né un
vero e proprio collegamento negoziale, nel suo significato più tecnico.
Il
Tribunale poi esclude anche l'illiceità endogena del contratto a valle per
illiceità della causa. E tanto meno ritiene possibile configurare una ipotesi
di nullità del contratto a valle ai sensi dell'art. 1418, co 1 c.c..in
quanto, perché possa affermarsi la nullità negoziale per violazione di norme
poste a presidio di interessi generali, è necessario che dette norme
disciplinino direttamente elementi intrinseci alla fattispecie negoziale,
conformandone la struttura o il contenuto, ovvero impongano determinate
condizioni di liceità della stipulazione.
In
definitiva, come sostenuto da autorevole dottrina, perché possa aversi nullità,
non basta la semplice violazione della norma imperativa dell'art. 2, ma occorre
che per effetto di tale violazione si determini una situazione di oggettiva
incompatibilità tra il precetto posto dalla disposizione antimonopolistica e la
regola negoziale contenuta nei contratti a valle dell'intesa.
Nel
solco del tribunale di Treviso si è posto anche il Tribunale di Napoli che con
la sentenza n.
2338/2019:
·
richiama le motivazioni della sentenza
n. 1623/2018 del Tribunale di Treviso per affermare che la sanzione di nullità
prevista dall’art. 33 della legge 287/1990 riguarda solo le intese tra
imprese e non anche i contratti stipulati con testi soggetti a valle
di tali intese;
·
conferma che “l’unica forma di
tutela esperibile a fronte di intese anticoncorrenziali … è
pertanto quella risarcitoria…” (tutela che ad avviso del
giudice non sarebbe attuabile dal singolo utente “alla luce
dell’introduzione dell’azione collettiva prevista dall’art. 140 bis D.Lgs.
206/2005, la quale, non a caso, è espressamente limitata ‘all’accertamento
della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e
alle restituzioni’ a ristoro ‘del pregiudizio derivante agli stessi consumatori
ed utenti di pratiche commerciali scorrette o da comportamento
anticoncorrenziali”
·
riconosce che, per affermare la nullità
della singola garanza, sarebbe necessario dimostrare il nesso di
dipendenza funzionale o il “collegamento negoziale oggettivamente
apprezzabile” tra fideiussione e deliberazione dell’ABI (cita sul punto
T.le Treviso: “la circostanza che l’impresa collusa uniformi al programma
anticoncorrenziale le manifestazioni della propria autonomia privata non appare
sufficiente a privare il successivo contratto a valle di una autonoma ragione
pratica”);
A
Ciò va aggiunto che neppure può essere invocata la nullità del contratto di
fideiussione ai sensi dell’art 1419 c.c.,per il quale la
nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto solo
laddove risulti che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza
quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità, è dunquenecessaria
una valutazione postuma che tenga conto dell’originaria ragione giustificativa del contratto,
circostanza che tanto per quel che riguarda la banca quanto per quel che
riguarda il cliente non è configurabile.
Alla luce di tale criterio di valutazione il Tribunale
Rovigo, con sentenza del 09 Settembre 2018,
haevidenziato che per quanto attiene la banca essa avrebbe comunque
concluso il contratto, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di
garanzia, sia per quanto attiene il fideiussore, il quale presumibilmente
avrebbe comunque prestato la fideiussione anche senza le clausole contestate
trattantodosidi cause per lui peggiorative.
Nullità assoluta che può essere esclusa anche sotto un ulteriore profilo
individuato dagli Avv. Ernesto Sparano e Avv. Gianluca Scoleri in loro lavoro sulla fideiussione bancaria omnibus stesa su schema Abi, essi hanno evidenziato
che il precedente giurisprudenziale richiamato nell’ordinanza 29810/2017
e cioè la sentenza n. 11904 del 2014, aveva ad
oggetto il giudizio promosso dall'assicurato ed avente
ad oggetto il risarcimento del danno da questi patito per l'elevato premio
corrisposto in conseguenza di un'illecita intesa restrittiva della concorrenza,
posta in essere da imprese assicuratrici. La domanda era dunque volta ad
ottenere la declaratoria della nullità della richiesta del premio assicurativo,
per cui l’accoglimento della domanda travolgeva lo stesso contratto
assicurativo.
Nel vicenda della fideiussione come si è
avuto modo dire si è presenza di una ipotesi ben diversa che ha ad oggetto
alcune clausole secondarie di un contratto di garanzia che non costituiscono
condizione indispensabile e determinante ai fini della stipula della garanzia e
che ove anche ritenute affette da nullità non possono influenzare la causa vera ed effettiva della garanzia, ossia l’impegno a
pagare nel caso di mancatopagamento delle obbligazioni assunte dal debitore
principale con il contratto di
finanziamento.
LA
LEGITTIMAZIONE AD AGIRE
Resta da analizzare un ultimo profilo
attinente la legittimazione ad agire, le tutele previste dalla legge
Antitrust sono azionabili soltanto da
quei soggetti che si possono qualificare “consumatori”.
Si deve, quindi, verificare se i fideiussori
possano essere qualificati “consumatori” al fine di accertare la loro
legittimazione ad agire.
Sul punto si evidenzia che l’applicabilità
della tutela del consumatore è esclusa quando il contratto di fideiussione sia
concluso da una persona fisica che non agisce nell’ambito di un’attività
professionale, ma a garanzia di un debito contratto da un soggetto che agisce
nell’ambito della sua attività professionale; infatti, in presenza di un
contratto di fideiussione è all’obbligazione garantita che deve riferirsi il
requisito soggettivo ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in
materia di tutela del consumatore, attesa l’accessorietà dell’obbligazione del
fideiussore all’obbligazione garantita.
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
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