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Nuova Direttiva Whistleblowing e normativa recente italiana

Scritto da: Francesca Marchini - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Nuova Direttiva Whistleblowing e normativa recente italiana

 

Il Parlamento europeo, il 16 aprile 2019, ha approvato a larga maggioranza la Direttiva che detta le nuove regole in materia di whistleblowing (“DWB”), a tutela degli informatori che rivelano le violazioni del diritto comunitario in molteplici settori, tra cui: appalti pubblici, servizi finanziari, riciclaggio di denaro, sicurezza dei prodotti e dei trasporti, sicurezza nucleare, salute pubblica, protezione dei consumatori e dei dati.[1]

Obiettivo dichiarato della DWB è garantire una protezione “equilibrata ed efficiente agli informatori” a livello UE ed internazionale, attraverso la previsione di norme minime comuni. Secondo il legislatore europeo infatti i contenuti delle segnalazioni rappresentano informazioni importanti a supporto dei sistemi di contrasto all’illecito domestico ed internazionale. E quindi strumenti di rafforzamento dei principi di trasparenza e responsabilità nella gestione dell’attività dell’organizzazione e a tutela del mercato, di cui il canale di segnalazione rappresenta uno strumento e quindi un servizio strategico all’interno della stessa azienda. Il WB è inteso come uno strumento di esercizio del diritto di libertà di espressione e di manifestazione del pensiero[2] dell’individuo ed al contempo un servizio, messo a disposizione della azienda ai soggetti che operano al suo interno, o in nome e per conto di essa e ai suoi stakeholders, al fine di autotutelarsi dalla perpetrazione di illeciti, preservandone altresì il mercato di riferimento. Caratteristiche necessarie a garantire l’efficienza dei canali di segnalazione sono la riservatezza e la sicurezza di questi ultimi. Questi requisiti trovano riscontro nel fondamento della disciplina della Direttiva che è costituito dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo in materia di libertà di espressione e informazione, nonché dai principi elaborati dal Consiglio d’Europa nella Raccomandazione 2014 sulla Protezione degli Informatori. Quindi chi si deve proteggere? Meritevole di protezione è esclusivamente il segnalante che “ritenga ragionevolmente, alla luce delle circostanze e delle informazioni di cui dispone al momento della segnalazione, che i fatti segnalati sono veri. Nessuna protezione giuridica specifica viene pertanto accordata “a coloro che segnalano scientemente e deliberatamente informazioni errate e fuorvianti”.

In Italia la disciplina del WB vede la formulazione di recenti normative in materia, sia nel settore privato che nel pubblico. L’art. 1, comma 51, legge n. 190/2012, in relazione al D.Lgs. 30.03.2001, n. 165, "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche", introduce l’articolo 54-bis, intitolato "Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti"; la Legge 179 del 2017 inserisce il WB nel cd. MOG del D.Lgs. 231/2001 (“DLgs 231”). In particolare, con riferimento a questa seconda fonte normativa, si segnalano le decisive modifiche apportate all’art. 6 del DLgs 231, con l’inserimento di 3 nuovi commi che prevedono: i) uno o più canali che consentano ai soggetti “segnalatori” di presentare segnalazioni circostanziate di condotte illecite rilevanti ai sensi del predetto DLgs. 231, a tutela dell’integrità dell’ente; ii) la garanzia nel canale della riservatezza dell’identità del segnalante; iii) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante; iv) la previsione nel sistema disciplinare di sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante e di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelino infondate. Risultano evidenti le assonanze della normativa domestica con la DWB.



[1] La disciplina è stata decisa a valle delle risultanze di uno studio effettuato nel 2017 per conto della Commissione Europea, che ha dimostrato che la assenza di una adeguata tutela degli informatori nell’ambito degli appalti pubblici appalti pubblici ha comportato una perdita di circa dieci miliardi di euro all'anno.

[2] Così come tutelati dall’art. 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.



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Francesca Marchini

Esperto in materia di gestione dei rischi legali e compliance