Pubblicazione legale:
Il caso:
Tizio,
idraulico incaricato del controllo di alcune tubature nell’appartamento di Caio
– custode dello stabile condominiale – veniva da questi violentemente percosso
e riportava gravi lesioni. 
A seguito
del fatto, Tizio citava in giudizio sia Caio sia il condominio invocandone la
responsabilità ai sensi dell'art. 2049 del codice civile che prevede che “i
padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto
illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui
sono adibiti”.
In questo
caso il condominio può considerarsi responsabile del fatto illecito posto in
essere dal portiere?
Come è
noto, l’art. 2049 del codice civile dispone che i padroni e i committenti sono
responsabili per i danni arrecati dai loro domestici e commessi nell’esercizio
delle incombenze a cui sono adibiti. Occupandosi delle gravi lesioni provocate
a un condomino dal comportamento violento del portiere dello stabile
condominiale e della conseguente applicabilità alla fattispecie dell'art. 2049
c.c., la Corte ha concluso doversi escludere la responsabilità del Condominio
per il fatto doloso del portiere – o altro dipendente o assimilato - nel corso
dello svolgimento delle relative mansioni "quando la relativa condotta sia
del tutto avulsa dalle mansioni affidate e l’espletamento di quelle abbia costituito
una mera occasione non necessaria per la condotta". Ha precisato
che "il fatto che la responsabilità del preponente possa sussistere
anche se il preposto abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie
mansioni o abbia agito all’insaputa del primo non consente di ritenere
operativa la previsione dell’art. 2049 c.c., quando il fatto illecito sia
avvenuto senza il benchè minimo collegamento funzionale con l’attività
lavorativa (Cass., ord. 30 giugno 2015, n. 13425), ovvero quando la condotta
abbia risposto ad esigenze meramente personali dell’agente.
Infatti, "al contrario di quanto previsto dagli artt. 2048 e 2051 cod.
civ., la responsabilità in esame prescinde del tutto da una culpa in eligendo o
in vigilando del datore di lavoro o preponente ed è quindi insensibile
all’eventuale dimostrazione dell’assenza di colpa (Cass. 16 marzo 2010, n.
6325; Cass. 29 agosto 1995, n. 9100), ...in estrinsecazione del principio “cuius
commoda eius et incommoda”, secondo il quale del danno causato dal dipendente
deve rispondere colui che normalmente trae vantaggio dal rapporto con il
preposto. Se questa è la giustificazione di una simile responsabilità, è
evidente che le condotte del preposto le cui conseguenze possa sopportare il
preponente debbono essere in qualche modo collegate alle ragioni, anche
economiche, della preposizione e ricondursi al novero delle normali
potenzialità di sviluppo di queste, se del caso considerate alla stregua
dell’ordinaria responsabilità per colpa collegata alla violazione dell’altrui
affidamento. E’, in tal senso, significativo che la più recente giurisprudenza
abbia precisato (Cass. 23448/14, cit.) che l’automatismo dell’insorgenza della
responsabilità del preponente si attenua a mano a mano che la condotta del
preposto si allontana dalle mansioni e dalle incombenze, tanto che l’art. 2049
c.c., può trovare applicazione per l’operatività dell’ulteriore principio
dell’apparenza del diritto circa la corrispondenza della condotta alle mansioni
ed incombenze.."
Corte di Cassazione Sezione III Civile, n. 11816 del 9 giugno 2016
AVVERTENZA
PER IL LETTORE:
Questo
scritto non approfondisce tutti gli aspetti controversi della questione
trattata. Quando hai un problema non accontentarti mai della lettura di saggi o
articoli sul web anche perché il diritto è in continua evoluzione e il medesimo
fatto potrebbe avere una qualificazione giuridica diversa a distanza di anni. 
Rivolgiti sempre ad un professionista:
lui sa come prevenire i rischi ed evitare i numerosi pericoli che si annidano
ovunque e conosce la strada migliore per tutelare adeguatamente i tuoi diritti.
Il caso:
Tizio,
idraulico incaricato del controllo di alcune tubature nell’appartamento di Caio
– custode dello stabile condominiale – veniva da questi violentemente percosso
e riportava gravi lesioni. 
A seguito
del fatto, Tizio citava in giudizio sia Caio sia il condominio invocandone la
responsabilità ai sensi dell'art. 2049 del codice civile che prevede che “i
padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto
illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui
sono adibiti”.
In questo
caso il condominio può considerarsi responsabile del fatto illecito posto in
essere dal portiere?
Come è
noto, l’art. 2049 del codice civile dispone che i padroni e i committenti sono
responsabili per i danni arrecati dai loro domestici e commessi nell’esercizio
delle incombenze a cui sono adibiti. Occupandosi delle gravi lesioni provocate
a un condomino dal comportamento violento del portiere dello stabile
condominiale e della conseguente applicabilità alla fattispecie dell'art. 2049
c.c., la Corte ha concluso doversi escludere la responsabilità del Condominio
per il fatto doloso del portiere – o altro dipendente o assimilato - nel corso
dello svolgimento delle relative mansioni "quando la relativa condotta sia
del tutto avulsa dalle mansioni affidate e l’espletamento di quelle abbia costituito
una mera occasione non necessaria per la condotta". Ha precisato
che "il fatto che la responsabilità del preponente possa sussistere
anche se il preposto abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie
mansioni o abbia agito all’insaputa del primo non consente di ritenere
operativa la previsione dell’art. 2049 c.c., quando il fatto illecito sia
avvenuto senza il benchè minimo collegamento funzionale con l’attività
lavorativa (Cass., ord. 30 giugno 2015, n. 13425), ovvero quando la condotta
abbia risposto ad esigenze meramente personali dell’agente.
Infatti, "al contrario di quanto previsto dagli artt. 2048 e 2051 cod.
civ., la responsabilità in esame prescinde del tutto da una culpa in eligendo o
in vigilando del datore di lavoro o preponente ed è quindi insensibile
all’eventuale dimostrazione dell’assenza di colpa (Cass. 16 marzo 2010, n.
6325; Cass. 29 agosto 1995, n. 9100), ...in estrinsecazione del principio “cuius
commoda eius et incommoda”, secondo il quale del danno causato dal dipendente
deve rispondere colui che normalmente trae vantaggio dal rapporto con il
preposto. Se questa è la giustificazione di una simile responsabilità, è
evidente che le condotte del preposto le cui conseguenze possa sopportare il
preponente debbono essere in qualche modo collegate alle ragioni, anche
economiche, della preposizione e ricondursi al novero delle normali
potenzialità di sviluppo di queste, se del caso considerate alla stregua
dell’ordinaria responsabilità per colpa collegata alla violazione dell’altrui
affidamento. E’, in tal senso, significativo che la più recente giurisprudenza
abbia precisato (Cass. 23448/14, cit.) che l’automatismo dell’insorgenza della
responsabilità del preponente si attenua a mano a mano che la condotta del
preposto si allontana dalle mansioni e dalle incombenze, tanto che l’art. 2049
c.c., può trovare applicazione per l’operatività dell’ulteriore principio
dell’apparenza del diritto circa la corrispondenza della condotta alle mansioni
ed incombenze.."
Corte di Cassazione Sezione III Civile, n. 11816 del 9 giugno 2016
AVVERTENZA
PER IL LETTORE:
Questo
scritto non approfondisce tutti gli aspetti controversi della questione
trattata. Quando hai un problema non accontentarti mai della lettura di saggi o
articoli sul web anche perché il diritto è in continua evoluzione e il medesimo
fatto potrebbe avere una qualificazione giuridica diversa a distanza di anni. 
Rivolgiti sempre ad un professionista:
lui sa come prevenire i rischi ed evitare i numerosi pericoli che si annidano
ovunque e conosce la strada migliore per tutelare adeguatamente i tuoi diritti.
