Il conflitto di interessi nella donazione tra genitori e figli

Scritto da: Francesco Guido - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

L'art. 320, comma 3° del Codice Civile dispone: "I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni [...]".

Si è posto, pertanto, il problema se nella donazione dei genitori a beneficio del figlio minore questi possano, previa l'autorizzazione del giudice, di cui al 3° comma dell'art. 320 c.c., intervenire in atto, sia nella qualità di donanti, sia in quella di rappresentanti del minore donatario.

La rilevanza della questione è di immediata comprensibilità avuto riguardo del fatto che, ai sensi dell'art. 322 c.c. l'atto compiuto in violazione delle norme che regolano la rappresentanza e l'amministrazione dei beni del minore può essere annullato.

Al fine di rispondere al quesito è necessario, anzitutto, stabilire se tra il genitore donante ed il minore donatario sussista o meno un conflitto d'interessi.

La dottrina maggioritaria ha risposto negativamente, argomentando che nella donazione gli interessi del donante e del donatario coincidono ed il minore non corre alcun rischio patrimoniale (A. Guerra, L'accettazione della donazione fatta dal padre al figlio minore; B. Biondi, Le donazioni).

Esclusa  l'esistenza di un conflitto d'interessi è però discusso su chi debba intervenire in atto per accettare la donazione in rappresentanza del minore.

Un filone minoritario, quanto risalente, ha sostenuto che il genitore stesso, ottenuta l'autorizzazione del giudice tutelare, può validamente accettare la donazione in nome e per conto del figlio donatario.

E' però preferibile l'orientamento di quegli autori i quali sostengono che dovrebbe essere il genitore non donante a rappresentare il figlio minore in atto, posto che l'istituto del contratto con sé stesso non trova applicazione nella rappresentanza legale (A. Galluccio, Contributo alla dottrina dei contratti con sé stesso) in quanto il minore (incapace per definizione) non può, come richiesto dall'art. 1395 c.c. autorizzare il rappresentante o predeterminare il contenuto del contratto.

Quanto precede per non dire, poi, che sarebbe illogico concedere allo stesso donante il potere di accettare la donazione, posto che trattasi di un contratto che prevede la compresenza di più contraenti.

Non è però mancato l'avviso giurisprudenziale a mente del quale vi sarebbe, invece, un vero e proprio conflitto d'interessi tale da escludere la possibilità che il genitore donante possa rappresentare in atto il minore donatario.

Questa lettura è stata fatta propria dalla Suprema Corte (Cass. 19 gennaio 1981, n. 439), sull'assunto per cui la donazione costituisce sempre un atto potenzialmente idoneo a recare pregiudizio al patrimonio del minore, come dimostra proprio la formulazione dell'art. 320, comma 3° c.c., che prevede la necessità di un'autorizzazione affinché il genitore possa accettare una donazione in luogo del figlio minore.

Inoltre il conflitto d'interessi sarebbe da rintracciare nella circostanza che il donatario, ai sensi e per gli effetti dell'art. 437 c.c., sia pure nei limiti del valore della cosa donata, è tenuto con precedenza su ogni altro obbligato, a prestare gli alimenti al donante.

Pertanto, escluso che il genitore donante possa rappresentare in atto il minore donatario, al fine di identificare il soggetto legittimato ad accettare la donazione in luogo del minore non resta che chiedersi se il conflitto d'interessi si sostanzi anche nei confronti del genitore non donante.

Secondo la Suprema Corte anche il genitore non donante, se coniugato con il genitore donante, si trova in una situazione di conflitto di interessi con il figlio minore donatario e, pertanto, è necessario domandare giudizialmente la nomina di un curatore speciale che intervenga in luogo del minore (Cass. Civ. 19 gennaio 1981, n. 439).

In questo caso si averbbe conflitto d'interessi in quanto la donazione potrebbe ledere i diritti ereditari spettanti al coniuge non donante, ex art. 540 c.c. ed eventualmente agli altri figli laddove il genitore non donante sia anche co-donatario.

Secondo un avviso del tutto diverso il genitore non donante può legittimamente intervenire in atto per accettare la donazione in luogo del figlio minore donatario, mancando qualsiasi conflitto d'interessi (A. Finocchiaro - M. Finocchiaro, Diritto di Famiglia).

E' comunque da riferire che la dottrina prevalente e parte della giurisprudenza negano l'insorgenza del conflitto d'interessi, in quanto sia l'insorgere dell'obbligazione alimentare, sia la lesione dei diritti successori del coniuge, sono situazioni eventuali ed incerte per cui il conflitto è, in realtà, solo potenziale e, quindi, irrilevante.

Nel caso in cui a donare siano entrambi i genitori oppure l'unico genitore esercente la responsabilità genitoriale, si rende necessaria la nomina di un curatore speciale che intervenga in atto in rappresentanza del minore donatario.

Bibliografia:

L. Mambelli - J. Balottin, Glossario Notarile, Giuffrè Editore, 2013


 





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Avvocato Francesco Guido a Cosenza
Francesco Guido

Avv. penalista e civilista esperto in diritto di famiglia, assicurazioni, successioni