Il diritto al permesso di soggiorno e i tempi di risposta delle Questure: cosa c’è da sapere

Scritto da: Francesco Sequino - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

uando si presenta una domanda per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, si entra in una procedura amministrativa regolata da tempi e modalità specifiche. Tuttavia, non sempre le Questure rispettano i tempi previsti dalla legge. Questo articolo mira a chiarire i diritti dei cittadini stranieri e gli strumenti di tutela disponibili in caso di ritardi ingiustificati.


I tempi per la conclusione del procedimento


La normativa italiana (Legge n. 241/1990) stabilisce che le pubbliche amministrazioni, tra cui le Questure, devono concludere i procedimenti amministrativi entro 30 o 90 giorni, salvo disposizioni specifiche. Per le domande di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, il Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 286/1998) prevede un termine massimo di 6 mesi dalla presentazione della domanda.


È importante sottolineare che il termine di 6 mesi non decorre dalla data dell’appuntamento per la rilevazione delle impronte digitali, ma dalla data in cui viene presentata la domanda, ovvero dal momento in cui si consegna la documentazione necessaria presso gli uffici preposti, come il centro postale autorizzato.


Cosa succede in caso di ritardo


Se la Questura non adotta alcun provvedimento entro il termine di 6 mesi, si configura una situazione di silenzio dell’amministrazione. In questi casi, il cittadino straniero ha il diritto di agire per ottenere una risposta.


La legge italiana, infatti, prevede il principio del silenzio-assenso in molti procedimenti amministrativi. Questo significa che, trascorsi i termini previsti senza che l’amministrazione si esprima, la richiesta si considera implicitamente accolta. Tuttavia, nel caso dei permessi di soggiorno, non si applica automaticamente il silenzio-assenso, poiché la valutazione da parte dell’amministrazione è necessaria per garantire la conformità ai requisiti previsti dalla legge.


Il diritto di ricorrere al giudice


In caso di mancata risposta entro i 6 mesi, il cittadino straniero può presentare un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per ottenere una decisione sul proprio caso. Il ricorso è uno strumento per far valere il diritto a una risposta da parte della pubblica amministrazione, obbligandola a concludere il procedimento.


I principali passaggi sono:

1. Diffida alla Questura: prima di ricorrere al TAR, è consigliabile inviare una diffida formale alla Questura, sollecitando una risposta entro un termine ragionevole (ad esempio, 30 giorni).

2. Ricorso al TAR: se la Questura non risponde, è possibile presentare il ricorso al TAR, chiedendo al giudice di ordinare all’amministrazione di pronunciarsi sulla domanda.

3. Assistenza legale: il ricorso richiede l’assistenza di un avvocato esperto in diritto dell’immigrazione, che potrà predisporre tutta la documentazione necessaria.


Perché è importante agire tempestivamente


Il ritardo nella conclusione del procedimento può avere conseguenze significative per il cittadino straniero, come l’impossibilità di viaggiare, lavorare o accedere a determinati servizi. È quindi fondamentale conoscere i propri diritti e agire prontamente in caso di inadempienze da parte della Questura.


Conclusione


Il diritto al permesso di soggiorno è una garanzia fondamentale per i cittadini stranieri che vivono e lavorano in Italia.


Le Questure hanno l’obbligo di rispettare i tempi previsti dalla legge, e i cittadini hanno il diritto di ricorrere al giudice in caso di ritardi ingiustificati.


Se ti trovi in questa situazione, valuta la possibilità di richiedere una consulenza legale per ottenere l’assistenza necessaria e proteggere i tuoi diritti.



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Avvocato Francesco Sequino a Roma
Francesco Sequino

Avvocato dell'immigrazione e matrimonialista. Immigration and family law