Pubblicazione legale:
In tema di danno da perdita di un congiunto ( ad
esempio di una Zia ) non appartenente al “nucleo familiare ristretto”, la
convivenza non è condizione necessaria per accedere al risarcimento. La
convivenza rappresenta unicamente un elemento di prova utile per dimostrare,
insieme ad altri elementi, l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo.
FACCIAMO UN ESEMPIO CONCRETO
Mentre attraversa la strada, Tizia muore perché viene investita dal veicolo condotto da Luigina.
Caio, Sempronio e Mevio - nipoti di Tizia - citano in giudizio la conducente Luigina, il proprietario e la compagnia assicuratrice del veicolo, chiedendo il risarcimento dei danni patiti per la perdita della cara zia.
DOMANDA!
Al di fuori del nucleo familiare ristretto (genitori, figli, fratelli), la lesione del rapporto parentale è risarcibile solo in caso di convivenza tra danneggiato e parente deceduto?
La risposta è NO!
La "società naturale" della famiglia cui fa riferimento l'art. 29 della Costituzione non può essere limitata all'ambito ristretto della sola cd. "famiglia nucleare", incentrata su coniuge, genitori e figli. La convivenza, pertanto, non può essere condizione necessaria per dar luogo a un rapporto parentale caratterizzato da reciproci vincoli affettivi, pratica della solidarietà, sostegno economico, la cui perdita sia risarcibile.
A conferma di ciò, la Corte di Cassazione ha osservato come esistano convivenze non fondate su vincoli affettivi (magari perché determinate da necessità economiche, egoismi o altro) e “non-convivenze” determinate da esigenze di studio o di lavoro in sedi lontane - o comunque non necessitate da bisogni assistenziali e di cura - ma che non implicano, di per sé, carenza di intensi rapporti affettivi o difetto di relazioni di reciproca solidarietà: rapporti e relazioni la cui perdita, dunque, non può essere esclusa dall'area della risarcibilità.
La recente Cass. civ., sez. III, 24 marzo 2021 n. 8218, in commento, conferma queste argomentazioni già sostenute in precedenza, senza riserve, inclusa quella che relega il fatto della convivenza alla funzione di elemento probatorio utile, insieme ad altri, per dimostrare sia l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e, con esse, la risarcibilità del danno, sia per la quantificazione dello stesso.
Con la precisazione che, se manca la convivenza non è possibile escludere a priori la risarcibilità del danno derivante dalla perdita della zia. Ciò nonostante, il danneggiato deve pur sempre allegare e provare tutti gli elementi costitutivi del danno e, quindi, anche l'esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare non-convivente defunto.
OSSERVAZIONI - ATTENZIONE!
La condivisibile apertura della giurisprudenza al risarcimento della perdita di congiunti non appartenenti al nucleo familiare ristretto e non conviventi non deve trarre in inganno.
La necessità di evitare una dilatazione ingiustificata
dei “danneggiati secondari” è sempre ben presente nei pensieri della Corte di
Cassazione; e - allora come ora - l'obiettivo viene perseguito circoscrivendo
la risarcibilità del danno, con un occhio alla Costituzione, alle sole
relazioni di parentela contraddistinte da reciproci e stabili legami affettivi,
pratica della solidarietà e sostegno economico.
In buona sostanza, quindi, l'orientamento
giurisprudenziale più moderno si differenzia dal precedente solo in questo:
mentre prima si riteneva che il venir meno della convivenza fosse l'unica circostanza
idonea a provare la perdita di una relazione parentale sufficientemente
“stabile e solidale”, oggi viene considerata una delle possibili circostanze
idonee (e, oltretutto, solo se corroborata da altri elementi).
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