In caso di separazione, divorzio o di regolamentazione dei figli nati fuori dal matrimonio, il Giudice adito - in presenza di minori - è chiamato a pronunciarsi anche in punto di affidamento della prole prediligendo, se percorribile, l'affidamento condiviso ad entrambi i genitori, e ciò in piena applicazione del principio della bigenitorialità.
In casi eccezionali, invece, il Giudice, ravvisando la necessità di tutelare l'interesse del minore ed il relativo benessere psico-fisico, può disporre l'affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, con conservazione, seppur limitata, da parte dell'altro della responsabilità genitoriale.
In altri termini, il genitore non affidatario, pur mantenendo l'obbligo di versare il mantenimento, potrà partecipare all'assunzione delle sole decisioni di maggiore rilevanza per il minore, facendo salvo comunque il diritto di vigilare sul corretto operato dell'altro per quelle di ordinaria amministrazione.
E' evidente, però, che detto schema normativo trovi difficile applicazione nel caso di spiccata inidoneità del genitore non affidatario: in tale ipotesi, infatti, quello affidatario sarebbe comunque vincolato - nelle predette decisioni - al consenso dell'altro. Ed è proprio per tale ragione che la giurisprudenza di legittimità, nell'interpretare l'art. 337 quater c.c., ha coniato l'istituto dell'affidamento super esclusivo che, di fatto, abolisce l'intervento del genitore non affidatario anche per le decisioni di maggiore rilevanza.