Avvocato Giovanni Longo a Pisa

Giovanni Longo

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Diritti del consumatore: garanzia legale e rimedi

Scritto da: Giovanni Longo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

 

Diritti dei consumatore.

Il diritto di garanzia legale regola (negli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo) le pretese che l’acquirente può vantare nei confronti del venditore in seguito alla consegna di un prodotto difettoso o dalle caratteristiche non conformi a quanto previsto nel contratto.

Si tratta di disposizioni di legge – irrinunciabili – che trovano applicazione unicamente ai cosiddetti contratti di consumo, stipulati tra consumatori e operatori professionali e aventi ad oggetto la compravendita di beni di consumo. A questa tipologia vengono equiparati anche i contratti di permuta e di somministrazione, nonché quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti comunque attinenti alla fornitura di beni di consumo che vengono prodotti (cioè tutte le cose mobili ad eccezione di quelle oggetto di vendita forzata o venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie; acqua e gas, se non in contenitori che permettano di conoscerne il volume o la quantità; energia elettrica).

Il venditore è quindi tenuto a consegnare all’acquirente solo i prodotti che corrispondono alle caratteristiche previste dal contratto di compravendita. In tal caso si parla di conformità contrattuale. Determinati requisiti dei prodotti sono indice della loro conformità contrattuale: idoneità all’uso normalmente previsto per beni dello stesso tipo; rispondenza del prodotto alle caratteristiche riportate nella descrizione del venditore, o a quelle del prodotto già consegnato in prova o sotto forma di campione al consumatore; effettiva presenza di qualità o prestazioni propri di prodotti dello stesso tipo e che il consumatore si attende verosimilmente sulla scorta della normale esperienza o sulla base delle espressioni riportate nella pubblicità o nell’etichettatura da parte del venditore o del produttore; idoneità ad un particolare uso desiderato dal consumatore e portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato.

Il diritto di garanzia non viene riconosciuto nel caso di vizi ben noti al consumatore nel momento dell’acquisto o comunque così evidenti da non poter essere occultati.

 

 

L’art. 128 Codice del Consumo, prevede:

  1. Il presente capo disciplina taluni aspetti dei contratti di vendita e delle garanzie concernenti i beni di consumo. A tali fini ai contratti di vendita sono equiparati i contratti di permuta e di somministrazione nonche’ quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre.
  2. Ai fini del presente capo si intende per:
  3. a) beni di consumo: qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, tranne:

1) i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalita’ dalle autorita’ giudiziarie, anche mediante delega ai notai;

2) l’acqua e il gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantita’ determinata;

3) l’energia elettrica;

  1. b) venditore: qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attivita’ imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1;
  2. c) garanzia convenzionale ulteriore: qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicita’;
  3. d) riparazione: nel caso di difetto di conformita’, il ripristino del bene di consumo per renderlo conforme al contratto di vendita.
  4. Le disposizioni del presente capo si applicano alla vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa.

Molto importante è la conoscenza del successivo art. 130, il quale disciplina i diritti del consumatore:

  1. Il venditore e’ responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformita’ esistente al momento della consegna del bene.
  2. In caso di difetto di conformita’, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformita’ del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9.
  3. Il consumatore puo’ chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlosenza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.
  4. Ai fini di cui al comma 3 e’ da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:
  5. a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformita’;
  6. b) dell’entita’ del difetto di conformita’;
  7. c) dell’eventualita’ che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
  8. Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo ternine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.
  9. Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.
  10. Il consumatore puo’ richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
  11. a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
  12. b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;
  13. c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
  14. Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.
  15. Dopo la denuncia del difetto di conformita’, il venditore puo’ offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:
  16. a) qualora il consumatore abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto;
  17. b) qualora il consumatore non abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.
  18. Un difetto di conformita’ di lieve entita’ per il quale non e’ stato possibile o e’ eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non da’ diritto alla risoluzione del contratto.


Avv. Giovanni Longo - Avvocato civilista tributarista

Giovanni Longo è un avvocato, arbitro e mediatore professionista D.M. 28/10. Accoglie i propri assistiti presso il suo Studio di Pisa, dove si avvale della collaborazione multidisciplinare di altri professionisti in diritto per svolgere consulenze ed assistenza legale. Lo Studio Legale dell’avv. Giovanni Longo si distingue per il suo dinamismo, la sua forza e la sua vitalità che permettono di instaurare una relazione con i clienti solida e sempre improntata alla fiducia ed al rispetto reciproco (come da omonimo sito internet studiolegalegiovannilongo).




Giovanni Longo

Esperienza


Diritto bancario e finanziario

L'avv. Giovanni Longo, essendo legato al mondo consumeristico si è interessato assiduamente a problematiche legate al diritto bancario e dell'intermedizione finziaria, ampio conoscitore della legislazione di riferimento.


Investimenti

L'avv. Giovanni Longo, essendo legato al mondo consumeristico si è interessato assiduamente a problematiche legate al diritto bancario e dell'intermedizione finziaria, avendo seguito numerosi filoni e curato decine di cause legate ai crack Parmalati, Cirio Finpart, Argentina Vicenza, MPS, derivati, diamanti, Fondo Obelisco, Polizze Index, Buoni Fruttiferi Postali, eccetera.


Usura

L'avv. Giovanni Longo, essendo legato al mondo consumeristico si è interessato assiduamente a problematiche legate al fenomeno dellusura, interessi anatocistici, essendo stato legale del Centro Anti-Usura.


Altre categorie:

Incapacità giuridica, Diritto tributario, Incidenti stradali, Tutela del consumatore, Diritto del turismo, Tutela degli anziani, Arbitrato, Diritto civile, Diritto di famiglia, Eredità e successioni, Unioni civili, Separazione, Divorzio, Brevetti, Marchi, Diritto assicurativo, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Diritto condominiale, Malasanità e responsabilità medica, Diritto dello sport, Mediazione, Multe e contravvenzioni, Cassazione, Matrimonio, Locazioni, Sfratto, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Diritto del lavoro, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Previdenza, Diritto sindacale, Diritto immobiliare, Diritto ambientale, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Fondo Obelisco e Fondo Europa Immobiliare.

Pubblicato su IUSTLAB

Fondo Obelisco e Fondo Europa Immobiliare: A.C.F. Arbitrato per le Controversie Finanziarie risarcisce il consumatore. Il consumatore ha interessato l’ACF Arbitrato per le Controversi Finanziarie, rappresentando di essere stato indotto dal proprio Ufficio Postale a sottoscrivere delle quote del Fondo Europa Immobiliare 1, e del Fondo Obelisco. Il consumatore rappresentava di essere inesperto in materia finanziaria, e di essere stato indotto ad investire tutti i suoi risparmi nei fondi suindicati qualificandoli come “sicuri, a breve termine e adatti anche a delle persone anziane”; Secondo il consumatore, l’Intermediario non avrebbe adempiuto ai prescritti obblighi informativi sia nella fase di profilatura che in quella di comunicazione delle informazioni relative agli strumenti finanziari di che trattasi, né avrebbe correttamente valutato l’appropriatezza/adeguatezza delle operazioni concluse che, in violazione dell’art. 29, comma 1, del Regolamento Consob n. 11522/1998, allora vigente, risultavano essere inadeguate al profilo degli investitori, sia per età che per conoscenza ed esperienza; che la “dichiarazione resa dal cliente su un modulo predisposto dalla bancae da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza […] di certo non può costituire dichiarazione confessoria in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo” con l’effetto che l’Intermediario “ha approfittato della buona fede [dei coniugi, fuorviati] da una prospettiva di guadagno spacciata per sicura, ha investito la totalità del proprio patrimonio in investimenti finanziari in modo del tutto inconsapevole e disinformato”. L’Intermediario ha svolto le proprie difese rilevando: di aver svolto nel caso di specie unicamente il ruolo di collocatore delle quote del fondo, rimanendo, dunque, estraneo all’attività di acquisto e gestione degli immobili di riferimento, oltre che di valorizzazione e liquidazione del patrimonio, di competenza della SGR; che la tipologia d’investimento espone ai rischi di possibili variazioni del valore della quota in relazione all’andamento dei mercati immobiliari e degli altri strumenti che compongono il Fondo, nonché all’evoluzione economico-finanziaria, politica-valutaria dei Paesi nei quali gli investimenti sono effettuati e che il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenza della durata dei rispettivi Fondi o al momento della loro liquidazione; pertanto, per il Fondo Obelisco non sarebbe possibile ad oggi pronunciare determinazioni al riguardo, trattandosi di prodotto ancora quotato e per il quale, pertanto, sino a che lo stesso non sarà venuto a scadenza, non risulta possibile determinare se l’investitore abbia riportato o meno un danno economicamente valutabile. Secondo L’Arbitrato ACF l’Intermediario non ha dimostrato di aver assolto agli obblighi in punto di valutazione di “adeguatezza delle operazioni”, così come d’altronde emerge dai moduli d’ordine allegati al ricorso. In argomento va rilevato che l’art. 29, comma 3, del Regolamento. Intermediari vigente all’epoca dei fatti prevedeva che “Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”. Per l’A.C.F. il Ricorrente ha, pertanto, conclusivamente diritto di essere risarcito dei danni occorsi. Venendo alla relativa quantificazione e conformemente alle modalità di quantificazione del danno seguite dal Collegio in casi analoghi (Decisioni nn. 155 del 20 dicembre 2017, 215 del 24 gennaio 2018 e 654 del 18 luglio 2018), il risarcimento da riconoscere al Ricorrente è pari alla differenza tra la somma investita (euro 70.000) e il valore dell’investimento al tempo in cui egli si è reso conto o avrebbe potuto rendersi conto, con l’ordinaria diligenza, dell’effettiva rischiosità del prodotto finanziario acquisito, da individuarsi nella data in cui egli ha presentato reclamo all’intermediario, ovvero il 16 marzo 2018. A tale data, da una verifica effettuata sul sistema Bloomberg risulta che il valore di ciascuna quota del Fondo Obelisco era pari a 128 euro (per un importo complessivo, riferito alle n. 20 quote sottoscritte, pari a 2.560 euro), a fronte di un valore unitario d’acquisto di euro 2.500 (per un investimento complessivo iniziale di euro 50.000 euro); la differenza, dunque, risulta pari a euro 47.440. Con riferimento al Fondo Immobiliare Europa I, l’ultimo prezzo disponibile risale al 27 dicembre 2017, data in cui il valore di ciascuna quota era pari a euro 431,8 (per un importo complessivo, riferito alle n. 8 quote sottoscritte, pari a euro 3.454,4), a fronte di un valore unitario d’acquisto di euro 2.500 (per un investimento complessivo iniziale di euro 20.000); la differenza, dunque, risulta pari a euro 16.545,6. Ne discende che la somma complessiva perduta dal Ricorrente è pari a euro 63.985,60, oltre ad interessi e rivalutazione. In base al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e al susseguente divieto di ultra petitum (art. 112 c.p.c.), va tuttavia tenuto conto che il Ricorrente si è limitato a richiedere il risarcimento per una somma quantificata forfetariamente nella misura di euro 50.000, che circoscrive pertanto l’importo suscettibile di essere liquidato a suo favore. Va anche tenuto conto che il Ricorrente non ha assolto all’onere di provare il lucro cessante, cosicché il risarcimento va circoscritto al danno emergente, nei limiti della domanda (art. 112 c.p.c.). Ciò posto, dalla somma complessiva, pari come detto a euro 63.985,60, vanno detratti, in questa sede, i vantaggi conseguiti per il fatto che i due fondi hanno nel corso degli anni distribuito dividendi ed effettuato rimborsi parziali per un totale di 300 euro per quota per il fondo Obelisco e di 1.622,69 euro per il fondo Europa Immobiliare 1, cosicché parte Ricorrente ha presumibilmente percepito 6.000,00 euro per il fondo Obelisco e 12.981,53 per il fondo Europa Immobiliare 1, per un totale di 18.981,53 euro. In conclusione, deve accogliersi la domanda di parte Ricorrente quantificando la somma oggetto di risarcimento in € 45.004,07, da rivalutarsi nei limiti della domanda di € 50.000,00 trattandosi di debito di natura risarcitoria, su cui sono dovuti gli interessi legali dalla data del reclamo sino al soddisfo. PQM Il Collegio, in accoglimento del ricorso, dichiara l’Intermediario tenuto a corrispondere al Ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma rivalutata di euro 50.000,00 su cui sono dovuti gli interessi legali dalla data del reclamo sino al soddisfo, e fissa il termine per l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della decisione. Entro lo stesso termine l’Intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016. ACF FONDO OBELISCO dec. 1844 11.9.19

Pubblicazione legale

Diamanti: possibili rimedi.

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Diamanti: breve excursus della vicenda. Per quanto riguarda la nota questione delle vendita dei diamanti è chiaro come i clienti hanno riposto fiducia nei dipendenti della banca, i quali hanno prospettato loro tale acquisto come una forma alternativa di investimento, in pietre preziose, non spiegando che si trattava di investimenti in prodotti finanziari illiquidi, strutturati e rischiosi. La pubblicità posta in essere dalla fallita Intermarket Diamond Businnes S.p.a. e il documento di informativa per l’acquisto dei diamanti consegnato recitavano però: “l’investimento in diamanti, per sua natura, non persegue finalita’ speculative nel breve termine, ma conservative nel lungo periodo, tendenti a tutelare il potere di acquisto della somma utilizzata.” …la Intermarket Diamond Businness garantisce al cliente, in ogni momento, l’assistenza per il ricollocamento dei diamanti acquistati… cio’ nella massima trasparenza, facendo riferimento alle quotazioni pubblicate trimestralmente dall’azienda su ‘Il Sole 24 ore’ utilizzate sia per l’acquisto che per la rivendita.” … il ricollocamento ha un costo per commissioni. le percentuali sono inversamente variabili alla durata dell’investimento; tanto piu’ basse quanto piu’ perdura il possesso. una scelta coerente con la natura conservativa dell’investimento e finalizzata a scoraggiare i disinvestimenti nel breve periodo ed evitare la tendenza ad operazioni speculative”. Sempre dal sito di Intermarket Diamond Businness si leggeva: “ Come a tutti noto, il mercato del diamante da investimento venduto pel tramite del canale bancario è stato oggetto di una importante campagna mediatica di discredito, che ha indotto grave turbativa del mercato e che ha spinto gli acquirenti a valutare il proprio acquisto come avvenuto a prezzo incongruo ed effettuato con modalità di scarsa trasparenza e di non adeguata informazione da parte degli operatori interessati. Questa percezione, da parte dell’acquirente, ha determinato un eccesso di offerta che, a fronte di una domanda bloccata dallo screditamento mediati co, ha impedito nell’ultimo anno ogni possibilità di disinvestimento da parte degli acquirenti. Circostanza, questa, che ha aggravato la percezione negativa: si è così creato, nell’opinione pubblica, un clima di allarme.”. Ed ancora: “Ma proprio a seguito di questa campagna, il mercato dei diamanti è stato travolto da un vero e proprio shock e sta vivendo, oggi, la stessa situazione che ha attraversato il mercato immobiliare all’indomani della cosiddetta “bolla immobiliare”: un giorno qualcuno grida che i prezzi degli immobili sono gonfiati, si diffonde il panico, si crea un’ondata di vendite. Nessuno, in una situazione simile, è disposto a comprare: ne conseguono discesa dei prezzi e difficoltà a vendere. Vale sia per gli immobili che per i diamanti. La difficoltà a vendere ha un’immediata conseguenza: chi vuole vendere oggi un diamante trova acquirenti solo tra gli speculatori. Da questa constatazione nasce il consiglio che IDB dà a tutti i possessori di diamanti: se non avete urgenze particolari, è meglio aspettare a vendere, aspettare soprattutto che il mercato abbia riassorbito lo shock subìto e che sia tornato alla normalità. Un altro consiglio: se si vuol capire quale sia il valore del proprio diamante (senza gli importanti servizi offerti da IDB), il prezzo non va chiesto allo speculatore disposto a comprarvelo oggi, nel mezzo della peggior crisi che il diamante abbia attraversato in Italia; è meglio andare da un operatore serio a chiedere a quanto si potrebbe comprare un diamante identico a quello posseduto” . E’ palese la violazione delle norme del TUIF da parte dei soggetti collocatori ed il buon diritto dei consumatori che sono rimasti invischiati in questo spiacevole acquisto a poter tentare di recuperare i denari spesi, anche alla luce delle pronunce dell’Autorità Garante. AGCOM PS10678_scorrsanz._omi AGCOM PS10677_scorrsanz_omi

Pubblicazione legale

Buoni fruttiferi postali: poste italiane deve pagare quanto riportato sull’effetto.

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Buoni fruttiferi postali serie P e serie Q: poste italiane deve pagare quanto riportato sull’effetto. E’ quanto è stato confermato dalla recente sentenza del Tribunale di Milano n. 91/2020 del 09 Gennaio 2020, in linea peraltro con la precedente giurisprudenza. La materia del contendere riguardava le rendite e/o tassi di intersse da applicarsi dal ventunesimo al trentesimo anno della loro emissione. E’ un caso speculare a molti altri, ovvero la circostanza che detti buoni appartenevano alla serie “P”, ma riportavano sul fronte apposto con timbro la dicitura “serie P/Q”. Detto timbro modificava i rendimenti dei buoni solo per i primi 2o anni, mentre per l’ultimo decennio nulla veniva disposto. Secondo il Tribunale occorre dare forza e valore fra le parti a quanto è stato contrattualmente pattuito. In pratica le Poste hanno utilizzato i moduli già pre-stampati della precedente serie P, mettendo un timbro e qualificandoli come “serie Q”, senza però correggere o novare interamente i rendimenti trentennali della tabella (in particol modo per quanto concerne gli ultimi dieci anni dal ventesimo al trentesimo). Per tale motivo Poste italiane è tenuta ad adempiere al contratto con il sottoscrittore così come risulta dal tenore del titolo, in quanto l’art. 4 del DM 13.6.1986 fa riferimento alla (sola) tabella stampata sui buoni fruttiferi postali. sent. trib. milano 91.2020 buoni postali .

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