Pubblicazione legale:
Dal primo ottobre, ai sensi dell’art. 23, comma 30 del D.L. 6 luglio 2011 n.98 convertito con modificazioni dalla legge 111 del 2011 (manovra finanziaria 2011), l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate diventa titolo esecutivo decorsi sessanta giorni dalla notifica senza che si sia provveduto al pagamento. L’art. 29 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 (manovra correttiva 2010) che inizialmente prevedeva come termine per l’entrata in vigore il primo luglio 2011, riserva altri mutamenti di rilievo relativi al procedimento di riscossione esattoriale, ai quali si aggiungono quelli introdotti dal decreto sviluppo, ossia il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modifiche dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.
In un facile parallelismo, si consideri anche l’avviso di addebito emesso dall’Inps per contributi previdenziali non corrisposti; in entrambi i casi non sarà emessa la tradizionale cartella di pagamento che, in funzione garantista e dal punto di vista della tutela del diritto di difesa del contribuente, rappresenta il vero punctum dolens dell’attuale sistema della riscossione esattoriale così come da ultimo riformato, per come si dirà infra.
La prima modifica degna di nota è quella introdotta dall’art. 29, comma 1, lett. a) del D.L. 78/2010 che testualmente recita: “l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, devono contenere anche l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dall’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602…omissis..”. In caso di tempestiva proposizione del ricorso davanti alla Commissione Tributaria è dovuto quindi un pagamento
nella misura della metà del debito contestato; recita infatti l’art. 15 del DPR 602 del 73 che “Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati.”
Tale ultima disposizione mal si concilia con la norma di cui all’art. 29, comma 1, lettera b), del D.L. 78/2010, aggiunta dal decreto sviluppo 2011, D.L. 70/2011 secondo cui: «L’esecuzione forzata e’ sospesa per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti di cui alla lettera a); tale sospensione non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore».
In buona sostanza, l’obbligo di pagare la metà del debito contestato anche in caso di proposizione del ricorso giurisdizionale, abiliterebbe l’Agente della riscossione a procedere con la riscossione esattoriale, salvo poi specificare che l’esecuzione è sospesa (!!) e che la sospensione non si applica all’ipoteca e al fermo amministrativo.
La prima nota critica riguarda la terminologia approssimativa adottata dal legislatore. Fare riferimento alla sospensione dell’esecuzione, ovviamente, rendeva inutile specificare l’esclusione dalla sospensione “ex lege” degli atti cautelari che non sono atti esecutivi in senso stretto. Posto che gli atti cautelari sono adottabili, ci si domanda se debbano avere ad oggetto, a seguito della proposizione del ricorso giurisdizionale, l’intero debito ovvero la metà di esso, ai sensi del richiamato art. 15 del DPR 602/73. La seconda soluzione pare più aderente alle finalità della norma, sempre che il Giudice, a seguito della proposizione del ricorso non abbia sospeso l’efficacia dell’avviso. In quest’ultimo caso, non sarebbe possibile porre in essere neanche gli atti meramente cautelari.
Sul punto, è utile chiarire che, in caso di accertamenti di cui all’art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (cd. clausola antielusiva) nulla sarà dovuto fino alla sentenza sfavorevole di primo grado. Recita infatti il richiamato art. 37. comma 6, che “Le imposte o le maggiori imposte accertate in applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 sono iscritte a ruolo, secondo i criteri di cui all’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, concernente il pagamento dei tributi e delle sanzioni pecuniarie in pendenza di giudizio, unitamente ai relativi interessi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale.”
Ci si domanda se l’iscrizione a ruolo per la metà dell’importo dovuto (a titolo provvisorio) nei casi di presentazione del ricorso sia da considerarsi esecuzione frazionata del tributo. Può verificarsi, peraltro, che il ricorso venga presentato l’ultimo giorno utile, e in questo caso, sia spirato il termine di pagamento che coincide con quello per la presentazione del ricorso. In caso di risposta affermativa, l’Amministrazione dovrebbe riemettere un nuovo avviso con la rideterminazione delle somme dovute che, nella sequenza procedimentale, si inserirebbe prima dell’eventuale avviso di mora previsto dall’art. 50 del DPR 602/73.
Nei casi di riscossione frazionata, dunque, prima di adottare evenutali misure cautelari e conservative, l’Amministrazione dovrà necessariamente notificare un ulteriore avviso di rideterminazione delle somme dovute. Per espressa previsione della richiamata norma di cui all’art. 29, lett a) ciò è previsto: 1) ai sensi dell’articolo 8, comma 3-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218; 2) dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, 3) dell’articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Per dovere di completezza si riporta il comma 1, lettera c) dell’art. 29 del D.L. cit., che aggiunge: «Nell’ipotesi di cui alla presente lettera, e ove gli agenti della riscossione, successivamente all’affidamento in carico degli atti di cui alla lettera a), vengano a
conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di pregiudicare la riscossione, non opera la sospensione di cui alla lettera b)».
Altra modifica. Ai centottanta giorni di sospensione ex lege del procedimento di riscossione, se ne devono aggiungere novanta. E’ questa la conclusione imposta dal comma 9 dell’art. 39 della manovra 2011, D.L. 98/2011, che ha introdotto l’art. 17 bis nel corpo delle norme disciplinanti il processo tributario, il D. Lgs. 546/92 che troverà applicazione a decorrere dal 1° aprile 2012: 1. Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso e’ tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed e’ esclusa la conciliazione giudiziale di cui all’articolo 48. 2. La presentazione del reclamo e’ condizione di ammissibilita’ del ricorso. L’inammissibilita’ e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. 3. Il valore di cui al comma 1 e’ determinato secondo le disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 12. 4. Il presente articolo non si applica alle controversie di cui all’articolo 47-bis. 5. Il reclamo va presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto, le quali provvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili. 6. Per il procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12,18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili. 7. Il reclamo puo’ contenere una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare della pretesa. 8. L’organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all’annullamento totale o parziale dell’atto, ne’ l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilita’ della pretesa e al principio di economicita’ dell’azione amministrativa. Si applicano le disposizioni dell’articolo 48, in quanto compatibili. 9. Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del
ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predetta data. Se l’Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i predetti termini decorrono dal ricevimento del diniego. In caso di accoglimento parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale. 10. Nelle controversie di cui al comma 1 la parte soccombente e’ condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimento disciplinato dal presente articolo. Nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria, puo’ compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione.”
E’ interessante notare come il reclamo in via amministrativa non si ponga come una vera e propria condizione di procedibilità rispetto al ricorso giurisdizionale; anche se impropriamente definita “condizione di ammissibilità del ricorso” non rappresenta una fase amministrativa, distinta ed esterna rispetto al procedimento davanti al giudice. La norma sul punto è chiara, il reclamo produce gli effetti del ricorso, e i termini di cui agli artt. 22 e 23 decorrono dallo scadere dei 90 giorni. In questo senso il reclamo è il ricorso, o meglio il reclamo deve contenere tutti gli elementi del ricorso ed eventualmente una motivata proposta di mediazione, nel rispetto delle regole di cui “agli artt. 12,18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili”. In tal senso più che introdurre una fase amministrativa di mediazione finalizzata alla conciliazione cui addivenire con una serie di proposte e controproposte, si è stabilito in sostanza che la proposizione del reclamo equivalga a tutti gli effetti alla notifica del ricorso; in altre parole, si è “allungato” il processo tributario di novanta giorni entro i quali l’Amministrazione e il contribuente possono chiudere “in via breve” con la conciliazione il contenzioso insorto.
Ai novanta giorni iniziali si deve aggiungere il tempo necessario acchè il Giudice provveda sull’eventuale istanza di sospensiva. Il tutto deve concludersi entro 180 giorni ai sensi del D.L. 70/2011 (decreto sviluppo) che all’art. 7, comma 2, lett. gg novies) ha aggiunto il comma 5 bis all’art. 47 del D. Lgs. 546/92 che recita: ” L’istanza di sospensione e’ decisa entro centottanta giorni dalla data di presentazione della stessa». Quindi in totale 180 + 90 = 270 i giorni effettivi, inevitabilmente destinati a scontrarsi con i 180 giorni di sospensione ex lege del procedimento di riscossione decorrenti dall’affidamento in carico degli atti all’Agente della riscossione.
Anche considerando il termine dilatorio di trenta giorni (gli atti divengono esecutivi decorsi 60 gg. dalla notifica e in caso di inadempimento, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme risultanti dagli avvisi di accertamento, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata) affinchè gli atti passino all’Agente della riscossione, lo spatium temporis di 210 giorni rischia di essere affatto poco realistico, giacchè di gran lunga inferiore a quello previsto per ottenere (l’eventuale) sospensiva.
Conclusivamente alcune considerazioni di carattere generale. L’efficacia esecutiva dell’avviso di accertamento si inserisce in un sistema concepito e funzionale ad una molteplicità di atti che caratterizzano la fase iniziale, quella in cui avviene l’iscrizione a ruolo del tributo. Il ruolo era successivamente reso esecutivo e trasmesso all’Agente della riscossione che estrapolava uno schema sintetico (analogamente a quanto avviene per la notifica del titolo esecutivo e del precetto quali atti preliminari all’esecuzione forzata ordinaria) costituito dalla cartella di pagamento da portare a conoscenza del debitore e contro la quale il debitore medesimo poteva opporsi avvalendosi degli ordinari strumenti di impugnazione. Le note limitazioni di cui all’art. 57 del DPR 602/73 che interessano le opposizioni ex artt. 615 e 617 cpc contro gli atti esecutivi dell’esattore, trovano giustificazione proprio nella più ampia tutela del diritto di difesa del contribuente nella fase iniziale della riscossione esattoriale, che poteva esprimersi pienamente attraverso l’impugnazione di tutti gli atti compresi nella riscossione mediante ruolo il cui punto culminante era la notifica della cartella di pagamento senza rientrare nell’esecuzione forzata vera e propria. Con la scomparsa di tale istituto, viene meno in buona parte la funzione garantista che a tale istituto era riconosciuta, vale a dire, si è ideato un sistema la cui celerità e la concentrazione in un unico atto sono indiscutibili, ma al quale è connaturale una difesa ridotta per il contribuente che, in ipotesi non si integrino le condizioni di cui all’art. 50 del DPR 602/73, non riceverebbe neppure l’avviso di mora. In questa prospettiva, le disposizioni di cui all’art. 57 cit. non hanno senso e, a dire il vero, sarebbe auspicabile un intervento legislativo che disponesse l’esatto contrario, allargando (ove possibile) le ipotesi di oppugnabilità, affinchè la funzione garantista prima assicurata dalla cartella di pagamento, venga altrimenti recuperata.
-avv. Giovanni Orlando-
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