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La riscossione a mezzo ruolo e l’esecuzione esattoriale. Forme di tutela giurisdizionale.

Scritto da: Giovanni Orlando - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:


I. La riscossione esattoriale mediante ruolo è disciplinata in via generale dal Decreto Legislativo 46/1999, che estende alla riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi e di quelle degli altri enti pubblici anche previdenziali (INPS, INAIL) l’applicabilità del capo II del titolo I e del titolo II del Decreto del Presidente della Repubblica 602/73 relativo alla riscossione delle imposte sul reddito.

Le norme di cui al capo II del titolo I e del titolo II del DPR 602/73 applicabili dunque ad ogni forma di riscossione esattoriale, riguardano, in particolare, la possibilità di adottare la misura cautelare del fermo amministrativo di beni mobili registrati (cosiddette ganasce fiscali), e la possibilità di iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio delle somme complessivamente iscritte.

Prima di passare all’esame dei singoli casi oggetto della presente disamina, è bene richiamare alcune delle norme fondamentali. L’art. 50 del DPR 602/73, comma 2: se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica da effettuarsi con le modalità previste dall’art. 26 di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni. L’art. 57 del DPR 602/73 (con riferimento all’espropriazione tributaria): non sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; b) le opposizioni regolate dell’art. 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo. In proposito, è utile precisare che per la riscossione di entrate non tributarie e previdenziali è ammissibile l’opposizione ex art. 615 del codice di procedura civile non solo per questioni attinenti la pignorabilità dei beni ma anche per fatti estintivi del credito, sopravvenuti alla formazione del titolo (come la prescrizione); è ammissibile inoltre l’opposizione ex art. 617 del codice di procedura civile anche per vizi formali del titolo esecutivo o della cartella.

L’art. 24 del D. Lgs. 46/1999 comma 5: contro l’iscrizione a ruolo (di crediti aventi natura previdenziale) il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento.

L’art. 21 del D. Lgs 546/92 in materia di impugnativa davanti le Commissioni Tributarie: il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo.

 

 

II. Le notifiche eseguite ai sensi dell’art. 139 c.p.c, ovvero ai sensi dell’art. 7 della Legge 890/82, richiedono che si dia espressamente atto oltre che dell’inutile tentativo di consegna a mani proprie per l’assenza del destinatario, e altresì, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, (onde, nel riferire al riguardo, sebbene non debba necessariamente fare uso di formule sacramentali, deve, nondimeno attestare chiaramente l’assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal comma 2° dell’art.139 c.p.c. --la successione preferenziale dei quali è tassativamente prevista--), è, pertanto, nulla la notificazione nelle mani dei soggetti diversi dal destinatario quando la relazione dell’ufficiale notificante non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata.

Ulteriore elemento di nullità della notificazione nelle mani dei soggetti diversi dal destinatario, consegue alla omessa spedizione della raccomandata stabilita dal quarto comma dell’art 139 c.p.c.

In ordine alla notifica della cartella di pagamento, bisogna considerare inoltre la sentenza n. 909 del 23 ottobre 2009, della Commissione tributaria provinciale di Lecce che, ha affermato come inesistente la notifica a mezzo posta degli atti di Equitalia eseguita direttamente e non tramite agente all’uopo abilitato. Difatti, sebbene l’art. 26, comma 1, secondo periodo, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, rubricato “Notificazione della cartella di pagamento”, preveda la possibilità, per gli Agenti della riscossione, di notificare i propri atti per posta mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, esso, tuttavia, individua espressamente quali agenti notificatori gli ufficiali della riscossione o altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, i messi comunali o gli agenti della polizia municipale. In base all'art. 26, comma 1, primo periodo, citato, quindi, la notificazione deve sempre essere effettuata da un agente notificatore abilitato, il quale può anche avvalersi del servizio postale, mentre sono certamente illegittime le notifiche eseguite a mezzo del servizio postale direttamente e non tramite agente all’uopo abilitato. Poiché, tuttavia, nel caso de quo, le condizioni di cui all’art. 26 cit. non sono state rispettate, è evidente l’inesistenza della notifica. A nulla vale invece, il solo secondo periodo del succitato art. 26, primo comma, secondo il quale "la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento". Infatti, mentre il primo periodo del comma 1 dell'art. 26 si limiterebbe a individuare - con un’elencazione tassativa - i soggetti legittimati all'esecuzione della notifica, il secondo periodo del comma 1 indicherebbe il modo attraverso il quale i soggetti di cui al periodo precedente possono eseguirla. In pratica, pur rimanendo fermi i soggetti autorizzati, questi, a loro volta, invece che direttamente, possono ricorrere all'ausilio del servizio postale per la notifica degli atti.

Per quanto riguarda la mancanza della relata di notifica sull’originale dell’atto notificato, sul punto, v’è da considerare l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione, il quale afferma che costituendo la relata di notifica momento fondamentale del procedimento notificatorio, sia ai sensi del codice di rito che delle norme speciali, la mancata apposizione della stessa sull'originale o sulla copia consegnata al destinatario, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 890 del 1982, comporta, non l'irregolarità,ma la nullità della notificazione (Corte di Cass., sent. n. 9377 del 21 aprile 2009; Corte di Cass., sent. n. 9493 del 22 aprile 2009).

 

III. Nel merito della illegittimità della maggiorazione di cui al 6° comma dell’art. 27 della legge 689/81 “secondo cui in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore”, sussistono sufficienti elementi di logica giuridica di disamina della subiecta materia per dedurre la illegittimità e/o la nullità della cartella esattoriale che tali maggiorazioni riporta, quantificate in ragione delle semestralità la cui decorrenza è rimessa alla libera volontà e decisione dell’Ente Creditore, quell’ente, cioè, che ad libitum provvede alla formazione ed alla trasmissione dei ruoli -resi esecutivi dalla sottoscrizione del titolare dell’ufficio –al Concessionario che curerà la riscossione delle somme iscritte.

Il ricorso alla suddetta norma, richiamata dall’art. 206 del c.d.s., postula, necessariamente, o il mancato pagamento in misura ridotta —pari alla sanzione minima prevista dalla norma violata--, entro giorni 60 dalla notifica della sanzione pecuniaria amministrativa connessa alla violazione di norme sulla circolazione stradale, oppure il mancato pagamento entro trenta giorni dalla notifica della ordinanza –ingiunzione emessa dal Prefetto a seguito del rigetto del ricorso avverso il verbale di contestazione.

Nell’uno e nell’altro caso, esauriti i mezzi di impugnazione con esito negativo, sia il verbale di contestazione che la ordinanza-ingiunzione costituiscono titoli esecutivi, rispettivamente, il primo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione edittale e, la seconda, per l’ammontare della somma ingiunta pari al doppio del minimo edittale oltre le relative spese.

Per la riscossione di tali somme-divenute esigibili, l’art. 206 del c.d.s. rimanda alle norme di cui all’art. 27 della legge 689/81 la cui formulazione -contestuale alla depenalizzazione— doveva servire alla riscossione delle sanzioni comminate in ordinanze-ingiuntive emesse dal Prefetto per violazione diverse dalla tipologia delle violazioni alle norme del codice della strada.

In tale contesto, l’ordinanza-ingiunzione, quale provvedimento di cornice di un iter procedurale di cui agli artt. 17 e 18 della legge 689/81 diveniva titolo esecutivo per una somma determinata –motu proprio—dal Prefetto con ordinanza motivata nella quale pure si riporta l’avviso che l’eventuale ritardo nel pagamento comporterà l’applicazione della sanzione accessoria costituita dalla maggiorazione sopra indicata.

Soltanto in tal caso, il mancato pagamento delle somme ingiunte comportava e comporta la maggiorazione del 10% semestrale a decorrere da quel semestre in cui la sanzione era ovvero diviene esigibile –quindi subito—e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso dall’Ente creditore al Concessionario.

Diversamente avviene nel sistema configurato del nuovo codice della strada ove, a parte che non vi è traccia della notifica di alcuna sanzione accessoria, e comunque, a seguito della violazione alle norme sulla circolazione stradale, il verbale di contestazione la cui sanzione non è stata corrisposta nella misura ridotta entro il termine di sessanta giorni, automaticamente, ex lege e secondo la previsione normativa di cui all’art. 203 comma 3°del cds, diviene titolo esecutivo, proprio in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17-18 della legge 689/81 che trovano applicazione, ut supra, per la emissione della ordinanza ingiunzione relativa a fattispecie che partecipano ad una tipologia di violazioni diverse da quelle del c.d.s.

Similmente, ex lege—art- 204 comma 3° del cds--, diviene esecutiva l’ordinanza-ingiunzione, emessa dal Prefetto a seguito di rigetto del ricorso avverso il verbale di contestazione qualora non si provveda al pagamento entro trenta giorni dalla sua notificazione.

La cognizione, a priori, del quantum debeatur, per i menzionati due titoli esecutivi, costituisce un ulteriore elemento di differenziazione con la ordinanza-ingiunzione disciplinata dalla legge 689/81, avulsa da ogni riferimento alle norme del c.d.s. ed emessa dal Prefetto che ne determina il quantum a posteriori, con l’avviso debitamente notificato dell’applicazione della sanzione accessoria costituita dalla maggiorazione di che trattasi.

Ne consegue che il legislatore con la formulazione dell’art. 27 della l. 689/81 –quando, cioè non era ancora in vigore la nuova normativa del c.d.s.—DLgs 30 aprile 1992 n. 285—ha inteso sanzionare ulteriormente il responsabile della violazione, prevedendo con tale norma –in sostituzione degli interessi legali o risarcitori o corrispettivi una maggiorazione della sanzione principale mediante una sanzione accessoria nella misura, alquanto penalizzante, del 10% semestrale dal giorno della esigibilità fino a quello della trasmissione del ruolo esecutivo all’esattore.

Seri dubbi di legittimità subentrano se una simile maggiorazione, per una presunzione di estensibilità coinvolgesse i due titoli esecutivi che trovano la loro fonte nella violazione di norme sulla circolazione stradale e la cui sanzione principale --già predefinita nei termini di cui al 3°comma dell’art .203 cds, per il verbale di contestazione, ed al 1° comma dell’art. 204 per la ordinanza-ingiunzione --venisse ulteriormente aggravata da una sanzione aggiuntiva del 10% semestrale ai sensi del 6° comma dell’art. 27 della legge 689/81.

Di talché è da ritenere che il legislatore con l’art. 206 del cds abbia fatto richiamo al menzionato art. 27 non per estendere al primo l’applicabilità del 6° comma, bensì per mutuare le modalità di riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria.

Allo stato è a dire che il legislatore -tam dixit quam voluit- con dedotta esclusione della maggiorazione semestrale non rilevabile aliunde: maggiorazione illegittima se applicata alle somme di cui ai titoli esecutivi originati dalla violazione di norme del codice della strada.

Sotto altro profilo si appalesa la illegittimità di una cartella esattoriale che tali maggiorazioni espone –in aggiunta alla sanzione principale –nell’ottica delle modalità di riscossione in base alle norme per le imposte dirette ai sensi del ricordato art. 27 comma 1° L.689/81.

Ciò che accomuna l’art. 27 L.689/81 e l’art. 206 cds, che ad esso fa richiamo sul tema, riguarda la predisposizione e la trasmissione dei ruoli dall’ente creditore al concessionario una volta divenuti titoli esecutivi il verbale di contestazione e l’ordinanza –ingiunzione.

L’univoca interpretazione delle modalità di riscossione non risucchia affatto la maggiorazione del 10% semestrale di cui al 6° comma dell’art. 27, bensì circoscrive il riferimento alle sole norme delle imposte dirette previste per l’esazione di queste e delle ordinanze-ingiunzione della prima tipologia non connessa alla violazione delle norme del cds.

La ratio di tale richiamo consegue evidentemente all’intento del legislatore di prevenire comportamenti scorretti, ai sensi dell’art. 1175 c.c., da parte di enti creditore tentati a formalizzare e trasmettere i ruoli esecutivi alla fine del 5° anno –termine di prescrizione del credito—per lucrare della sanzione aggiuntiva del 10% semestrale.

In ultimo, v’è da segnalare la sentenza n. 3701/2007, con la quale la Suprema Corte ha sancito inequivocabilmente il principio dell'illegittimità della maggiorazione, sempre conteggiata nelle cartelle di pagamento. Infatti, l’applicazione omnia di detta maggiorazione determinerebbe in capo alla Pubblica Amministrazione un paradossale interesse che il debitore possa provvedere al pagamento il più tardi possibile.

Pertanto si rileva la nullità della cartella esattoriale e della notifica del verbale, anche in considerazione che la nullità della notificazione del verbale di accertamento, come sopra dedotto, infirma e rende nulla per trasmissione la stessa cartella di pagamento comunque da considerarsi autonomamente viziata per quanto anzidetto, determinando l’impossibilità giuridica dell’acquisto dell’efficacia di titolo esecutivo e, conseguentemente la nullità del citato atto di riscossione, qual è appunto la cartella esattoriale.

 

IV. Il Decreto Legge n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) convertito nella legge 248/06, ha modificato l’art.19 comma 1 del D. Lgs 546/92 inserendo due nuove previsioni in ordine agli atti impugnabili presso le Commissioni Tributarie e cioè quelli inerenti l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del DPR 602/73 e quelli inerenti il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del cit. DPR; ciò non ha impedito alla giurisprudenza (cfr., Cassazione Civile, Sez. Un., 07 maggio 2010 n. 11087) di fare chiarezza, stabilendo che la giurisdizione si determina in dipendenza della natura del credito azionato.

Pertanto, se la pretesa fatta valere è di carattere tributario, il contribuente potrà opporsi ricorrendo alla competente Commissione Tributaria. Ad espropriazione forzata avviata, vale a dire con il pignoramento, si dovrà però tener conto dei limiti di cui all’art. 57 sopra citato.

Se la pretesa azionata avrà natura previdenziale, oltre a trovare applicazione l’art. 24 del D. Lgs. 46/1999 per i soli motivi attinenti al merito della pretesa, la giurisdizione sarà del giudice del lavoro ai sensi dell’art. 618 bis del codice di procedura civile per quanto riguarda sia l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.,1 comma che l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, 1comma, c.p.c.

La giurisprudenza di merito ha avuto modo di affermare che “il termine previsto dal 5 comma del citato art. 24 è accordato per l’opposizione nel merito della pretesa contributiva e non per disciplinare la sola azione esecutiva; prova di ciò si ha nella circostanza che (comma 6) il giudizio di opposizione contro il ruolo è regolato dagli artt 442 e seguenti cpc, mentre le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie (art. 29 cit. D. Lgs. 46/99), dunque con le modalità di cui agli artt. 615 e seguenti c.p.c.” (fra le tante, Tribunale di Lecce, sez. lavoro, n. 10633 del 29/10/2009).

Invero, con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., avente ad oggetto una domanda di accertamento negativo in ordine alla sussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, il contribuente potrebbe sempre rilevare l’illegittimità dell’azione esecutiva avviata dal concessionario per cause sorte successivamente alla notifica della cartella, facendo valere, come nel caso in esame, la prescrizione del credito.

In tutti gli altri casi la giurisdizione è del giudice ordinario e sarà ripartita in base ai consueti criteri di competenza per valore.

In ultima analisi, per le pretese extratributarie, se si vuole contestare non il merito della pretesa, bensì i vizi formali dell’atto esecutivo o degli atti prodromici all’esecuzione vera e propria (vizi intrinseci, difetto di notifica o di motivazione, etc.), il rito applicabile è quello della opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 del codice di procedura civile da proporsi entro venti giorni dalla notifica.

Se invece si vuole contestare l'insussistenza del diritto a procedere in via esecutiva per fatti sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, ovverosia, come nel caso in esame, la prescrizione maturata dopo l’irrogazione della sanzione, il contribuente potrà sempre proporre (in caso di pretesa extratributaria) l’opposizione all'esecuzione ai sensi dell’art. 615 del codice di procedura civile; qualora si tratti di un credito avente natura previdenziale, l’opposizione si presenterà nelle forme di cui all'articolo 618 bis del codice di procedura civile.

In merito alle sanzioni amministrative, ai fini dell’esercizio dell’opposizione all’esecuzione contro la cartella di pagamento, il preavviso di fermo o la cd. ipoteca esattoriale per importi non superiori ai 15.490,00 Euro, la competenza per materia attribuita al giudice di pace dall’articolo 22 bis della legge 24 novembre 1981 n. 689 si estende anche alle opposizioni all’esecuzione con cui si faccia valere l’inesistenza del credito o la sua successiva estinzione (cfr., Cass., 18 luglio 2005 n. 15149, secondo la quale ove si contesti, prima dell’inizio dell’esecuzione, la legittimità dell’iscrizione al ruolo per la mancanza di un titolo idoneo, o si adducano fatti estinti sopravvenuti alla formazione del titolo, giudice competente deve ritenersi, in applicazione del criterio ex art. 615 primo comma c.p.c., quello ritenuto idoneo dal legislatore a conoscere della sanzione, cioè quello stesso indicato dalla legge come competente per l’opposizione al provvedimento sanzionatorio).

La Cassazione ha anche affermato l’autonoma impugnabilità della comunicazione di avvio della procedura di fermo amministrativo, cioè del c.d. preavviso di fermo, costituente l’unico atto di una sequenza procedimentale –emanazione del provvedimento di fermo, preavviso ed iscrizione del provvedimento emanato- mediante il quale il contribuente viene a conoscenza dell’esistenza, nei suoi confronti, di una procedura di fermo amministrativo del veicolo, e che è quindi finalizzato ad assicurare, mediante una pronta conoscibilità del provvedimento, un’ampia tutela del contribuente destinatario, svolgendo una funzione assolutamente analoga a quella dell’avviso di mora nel quadro della comune procedura esecutiva esattoriale (cfr., Cass., Sezioni Unite, n.ro 10672 dell' 11 maggio 2009).

Passando al merito, nel prosieguo delle avviate riscossioni esattoriali sarà verosimilmente adottato l’avviso avente ad oggetto l’intimazione ad adempiere, e la conseguente comunicazione di avvio della procedura di fermo amministrativo; presumibilmente, il concessionario della riscossione potrà altresì iscrivere ipoteca sugli immobili del contribuente.

Conclusivamente, il limitato portato applicativo dell’art. 57 del DPR 602/73 alla singola ipotesi della riscossione tributaria, limitatamente alla sola fase dell’espropriazione, e la natura del fermo quale misura cautelare, inducono a ritenere che, sia la cartella di pagamento che gli atti successivi, segnatamente, gli ultimi due atti dianzi indicati (il fermo e/o l’ipoteca) saranno impugnabili: a) in caso di pretesa tributaria, con esclusione della fase espropriativa, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale entro i termini di cui all’art. 21 del D. Lgs 546/92; b1) in caso di pretesa previdenziale, per motivi attinenti esclusivamente al merito ex art. 24, D. Lgs. 46/99, con ricorso in opposizione al giudice del lavoro entro il termine di 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento; b2) con l’opposizione all’esecuzione per fatti sopravvenuti alla formazione del ruolo (prescrizione) ex art. 615 del codice di procedura civile nelle forme di cui all’art. 618 bis dello stesso codice davanti al giudice del lavoro; c) nel caso di credito di altra natura (sanzioni amministrative) con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 del codice di procedura civile davanti al giudice ordinario (Giudice di Pace fino ad Euro 15.490,00).

Senza attendere gli ulteriori atti della riscossione, è sempre possibile –in caso di intervenuta prescrizione- avanzare domanda di sgravio ai singoli enti impositori interessati.

Lo sgravio è il provvedimento attraverso il quale l’ente dispone la cancellazione totale o parziale dal ruolo di un importo precedentemente iscritto, qualora sia dimostrata l'inesistenza totale o parziale della pretesa creditizia per l’avvenuta prescrizione.

In considerazione delle modifiche in materia introdotte dal D. L. 40 del 25 marzo 2010 (convertito, con modifiche, nella legge 22 maggio 2010 n. ro 73), si rammenta che in caso di sgravio o pagamento, l’ente creditore deve rilasciare al contribuente, in triplice copia, una dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento ovvero lo sgravio totale riconosciuto. La liberatoria così rilasciata è opponibile al concessionario direttamente da parte del contribuente medesimo.

 

V. La Corte costituzionale con l’ordinanza n. 377 ha dichiarato illegittima la cartella di pagamento priva dell'indicazione del responsabile del procedimento. L'indicazione del responsabile del procedimento costituisce infatti un requisito fondamentale della cartella esattoriale dal momento che «l'obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento  ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa, la piena informazione del cittadino e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97, primo comma, della Costituzione». Non appena è stata resa pubblica la citata ordinanza Equitalia s.p.a. che gestisce la riscossione dei tributi su tutto il territorio nazionale ha adottato, nel giro di pochissimi giorni,  tutti gli accorgimenti tecnici necessari perché le nuove cartelle contenessero tutte le indicazioni. Oggi tutte le cartelle sono regolari.

Il problema rimane per tutte le cartelle emesse sino alla data dell’ordinanza che sono, in genere,  prive della suddetta indicazione. Queste cartelle hanno acceso un numero incalcolabile di liti ed i contribuenti non intendono darsi per vinti.

L'ordinanza vale anche "in ritardo„ Migliaia di cittadini che hanno fatto ricorso contro le Cartelle da "multe pazze" sono tuttora in attesa di udienza davanti al Giudice di Pace. Può darsi che al momento in cui è stato depositato il ricorso, la Corte Costituzionale non avesse ancora emesso l'esplosiva ordinanza N. 377. Come si fa a introdurla, nel giudizio pendente, come motivo di illegittimità della cartella? Le 'strade sono due. La prima: depositare una memoria con il nuovo motivo di ricorso alla cancelleria dei giudice al quale è stata assegnata la pratica (nome del giudice e numero di ruolo della causa vengono forniti al momento del deposito del ricorso). Seconda strada: aggiungere i motivi di ricorso durante la prima udienza.

Qualora i termini  sono scaduti,  immaginiamo  il caso più complesso: Tizio ha ricevuto una Cartella da multe. Nella Cartella non c'è l'indicazione del responsabile del procedimento (dunque è illegittima) ma entro i fatidici trenta giorni non è stato fatto ricorso. Si può ancora fare qualcosa? La risposta è si. Il cittadino, non potendo più aggredire" la Cartella, dovrà fare  opposizione alla sua esecuzione. Potrà farlo con un ricorso al Giudice di Pace se la richiesta di pagamento nella Cartella non supera un certo limite (in genere 2.580 euro) oppure al Tribunale Civile. La procedura è più complessa del solito, ma vale la pena tentare.

Va  preliminarmente osservato che le opposizioni nel processo esecutivo trovano la loro prima ragion d'essere nella cosiddetta efficacia incondizionata del titolo esecutivo e più precisamente, nell'attitudine del titolo a fondare l'avvio e lo svolgimento indisturbato del processo esecutivo in funzione dell'attuazione coattiva del diritto.

Principio quello sopra indicato che si ritiene ben si adatti anche alla procedura espropriativa promossa dall'agente della riscossione in base al ruolo.

Anche il ruolo - così come qualsivoglia altro titolo esecutivo tassativamente indicato nell'art. 474 del Cod. di proc. civ. - può essere considerato l'unica condizione necessaria e sufficiente che legittima l'azione esecutiva dell'agente della riscossione allorquando agisce in forza delle disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito recate dal D.P.R. n. 602/1973.

Con la conseguenza che, analogamente a quanto avviene nell'esecuzione disciplinata dal codice processuale, le eventuali discordanze tra la situazione che risulta dal titolo e la realtà giuridica, nonchè le eventuali illegittimità degli atti del processo esecutivo o della loro direzione soggettiva od oggettiva, non possono essere fatte valere che in una sede diversa dal processo esecutivo.

In quella separata sede - che allorquando si proceda con il rito ordinario è un autonomo giudizio di cognizione - l'opponente tende a contestare:

a) il fondamento dell'esecuzione intrapresa (cioè del processo esecutivo) e, quindi, il “se” dell'esecuzione stessa e, pertanto spiega "opposizione all'esecuzione";

b) la legittimità dello svolgimento dell'esecuzione e, quindi, il "come " dell'esecuzione e, spiega "opposizione agli atti esecutivi";

c) insieme fondamento e legittimità di svolgimento dell'esecuzione in sede di distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione.

Nessuna opposizione può essere proposta se un processo esecutivo (anche fiscale) non è iniziato o preannunziato con la notificazione del precetto (o del ruolo, tramite la cartella esattoriale).

Esecuzione ed opposizione sono caratterizzate da una netta autonomia strutturale e da una stretta coordinazione funzionale.

Le opposizioni nel processo esecutivo sono disciplinate nel titolo quinto del libro terzo del codice processuale, cioè dagli articoli dal 615 al 622 c.p.c., e dal disposto dell'art. 512 dello stesso codice.

Il suddetto titolo è suddiviso in due capi:

a) il Capo 1° che si occupa delle opposizioni del debitore e del terzo assoggettato all'esecuzione e, più precisamente: nella prima sezione, delle opposizioni all'esecuzione (art. 615 c.p.c.); nella seconda Sezione (art. 617 c.p.c.) delle opposizioni agli atti esecutivi;

b) il Capo 2° che si occupa delle opposizioni di Terzi (art. 619 c.p.c.).

L'art, 512 inserito nella fase satisfattiva del procedimento espropriativo, cioè nella fase relativa alla distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione, concerne le controversie che possono insorgere tra i creditori in sede di riparto.

Nel nostro sistema non esistono altre forme di opposizione nel processo espropriativo disciplinato dal codice di procedura civile oltre quelle sopra indicate.

Conversione del pignoramento (art. 495..c.p.c.) e riduzione del pignoramento (art, 496 c.p.c.) - ritenute inammissibili nella esecuzione fiscale disciplinata dal D.P.R. n. 602/1973 - non rientrano nella categoria delle opposizioni di cui non evidenziano le caratteristiche.

Infatti, con le iniziative in discorso non si contesta nè il "Se" nè il “Come" dell'esecuzione, salva, si intende, la possibilità che nel relativo procedimento incidentale si compiano degli sconfinamenti sul "se" o vengano commesse delle irregolarità: sconfinamenti e irregolarità ovviamente denunciabili, con l'opposizione all'esecuzione gli uni, e con l'opposizione agli atti esecutivi le altre" .

Vedremo appresso che le disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito stabiliscono che le opposizioni regolate dagli arti. 615 e 617, del codice di procedura civile non sono ammesse (art. 57 del Dpr. n.602/73).

 

VI. La contestazione dell'esistenza del titolo esecutivo o della legittimità della direzione soggettiva od oggettiva dell'impiego del titolo stesso, così come l'affermazione che il titolo esecutivo non dovrebbe esistere, sono i diversi concreti aspetti che la legge prende in considerazione in modo globale con l'impiego della formula della constestazione del diritto a procedere ad esecuzione forzata .

Consegue che il contenuto minimo dell'opposizione all'esecuzione è rappresentato dalla domanda di accertamento negativo del diritto di procedere ad esecuzione forzata .

L'opposizione agli atti esecutivi, come già osservato, investe il come dell'esecuzione forzata, cioè la regolarità formale del titolo esecutivo e degli altri atti della procedura espropriativa.

La funzione tipica dell'opposizione agli atti esecutivi è individuabile, pertanto, "nella contestazione delle modalità dell'esercizio concreto dell'azione esecutiva e nell'individuazione del metro di valutazione di tali modalità nella loro regolarità formale .

Contestandosi la regolarità formale del titolo, non si pone in discussione il diritto di procedere all'esecuzione di cui il titolo costituisce la necessaria condizione.

E la giurisprudenza ha avuto occasione di affermare che la contestazione della regolarità formale del titolo esecutivo rimane praticamente limitata al difetto di spedizione in forte esecutiva .

Va, però,  subito precisato che  "le irregolarità (del titolo esecutivo) che danno luogo a nullità investono il  “ se “ dell'esecuzione e perciò costituiscono materia di opposizione all'esecuzione".

Le opposizioni regolate dagli articoli da 615 a 618 del codice di procedura civile non sono ammesse,  ma il debitore esecutato non è lasciato senza tutela.

Il legislatore, infatti, ha apprestato in favore del contribuente debitore alcuni. rimedi per contestare la procedura di riscossione coattiva illegittima.

Il primo di tali rimedi è ravvisabile nel disposto dell'art. 19 del D. Lgs. N. 546/1992.(atti impugnabili), che offre al contribuente di predisporre una sorta di difesa preliminare: infatti esso prevede la possibilità di adire la competente Commissione tributaria provinciale per impugnare il ruolo, o meglio, la cartella esattoriale notificata, cioè, un atto che precede ancora la vera e propria fase della riscossione coattiva in queste due ipotesi: 1) che il ruolo non sia stato preceduto da un avviso di accertamento o da un provvedimento di irrogazione di sanzioni pecuniarie; 2) che il ruolo presenti dei vizi intrinseci propri.

I rimedi apprestati dagli articoli 57-58-e-59 del D.P.R. n. 602/1973 riguardano, invece, la riscossione coattiva vera e propria, cioè, l'esecuzione fiscale intrapresa dall'agente della riscossione in base al ruolo.

I rimedi sopra surrichiamati hanno sicuramente natura giurisdizionale e, concernono, rispettivamente, l'opposizione di terzi e l'azione giudiziaria.

Si richiedono al giudice ordinario competente per territorio con ricorso contro gli atti esecutivi dell'agente della riscossione.

Con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi che si propone con ricorso alla Commissione Tributaria vanno denunziati anche i vizi formali della cartella di pagamento e del pignoramento.

La dottrina non ha mancato, però, di ricordare che  nell'ipotesi di nullità insanabili della cartella di pagamento, le opposizioni possono proporsi, anche avverso l'atto conclusivo dell'espropriazione.( pignoramento ) in quanto, la nullità della cartella di pagamento  investe e travolge tutti gli atti successivi , in omaggio  al principio che l'atto nullo non può produrre alcun effetto.

L'atto conclusivo dell'espropriazione ha la natura di provvedimento giurisdizionale impugnabile dinanzi al giudice dell’esecuzione.

I terzi che pretendano di avere la proprietà e altro diritto reale sui beni pignorati possono proporre opposizione, con le limitazioni stabilite dall'art. 57, secondo comma del D.P.R. n. 602/1973, e, quindi far valere l'inefficacia del pignoramento, mediante ricorso al giudice dell'esecuzione, prima della data fissata per il primo incanto.

 

VII. Non sono ammesse :a) le opposizioni regolate dall'articolo 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni;

b) le opposizioni regolate dall'articolo 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

2. Se è proposta opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti avanti a sé con decreto steso in calce al ricorso, ordinando al concessionario di depositare in cancelleria, cinque giorni prima dell'udienza, l'estratto del ruolo e copia di tutti gli atti di esecuzione.

 Per le garanzie giurisdizionali relative alle entrate non devolute alle commissioni tributarie, vedi l'art.29 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n.46,

Le disposizioni del presente articolo vanno correlate con quelle del successivo articolo 60, concernente la sospensione dell'esecuzione da parte del giudice dell'esecuzione. La materia disciplinata da tali disposizioni e da quelle del seguente articolo 59 (risarcimento dei danni) era in precedenza regolata, sino al 30 giugno 1999, dall'articolo 53 dello stesso decreto n. 602/73 ora modificato. Secondo tale previgente disciplina 1e opposizioni all'esecuzione e quelle contro gli atti esecutivi regolate dagli articoli da 615 a 618 c.p.c. non erano ammesse, la sospensione dell'esecuzione da parte del giudice ordinario era consentita solo in caso di opposizione di terzo ex art.619 e l'azione giudiziaria per il risarcimento del danno - in alternativa, ma anche a conferma dei predetti limiti posti alla tutela giurisdizionale - era data solo dopo il compimento dell'esecuzione, Nel sistema introdotto con la riformulazione delle norme concernenti la specifica materia, per un verso, si è soppressa la speciale "giurisdizione" in precedenza accordata, dal previgente articolo 53 del D.P.R. n.602/73, all'Autorità amministrativa, ivi compreso il quasi esclusivo potere di sospensione dell'esecuzione, e, per altro verso, si è ricostituita la piena tutela giurisdizionale del debitore nelle rispettive sedi di competenza. La copiosa giurisprudenza, anche costituzionale, sul precedente sistema normativo si è formata prevalentemente, per non dire esclusivamente, proprio con riferimento al preesistente difetto assoluto di giurisdizione dell'A.G.O. che è stato ora normativamente eliminato. Quindi il sistema, ora, risulta profondamente modificato poiché tra i principi e i criteri direttivi contenuti nella legge di delega di riforma della riscossione si trova quello che prevede la necessità di introdurre adeguate forme di tutela per le entrate non tributarie e di eliminare talune preclusioni o limitazioni di tutela per quanto attiene alle entrate tributarie. Tali previsioni hanno trovato puntuale realizzazione essendo stato attribuito al giudice dell'esecuzione il potere di sospendere l'esecuzione, se ricorrono gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno; viene inoltre ammessa l'opposizione all'esecuzione da parte dell'esecutato quando il pignoramento ha per oggetto beni impignorabili. Quanto ai crediti di natura tributaria, si rinviene, oltre alla sospensione giudiziale, in presenza per il contribuente del pericolo di danno grave e irreparabile, la sospensione amministrativa della riscossione. L'articolo 39 del nuovo decreto n. 602/73 stabilisce, infatti, che l'ufficio delle entrate  hanno la facoltà di disporre la sospensione della riscossione con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente; tale atto ha efficacia fino alla data di pubblicazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale. II provvedimento suddetto, peraltro, può essere revocato -se sopravviene un fondato pericolo per la riscossione. Conseguentemente, a seguito delle introdotte innovazioni, nel nuovo regime permane l'inammissibilità delle opposizioni previste dagli articoli 615 (relative all'avviso di intimazione di pagamento, ma non alla pignorabilità dei beni) e 617 (riguardanti la regolarità formale e la notificazione del ruolo) del codice di procedura civile. Il procedimento di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi del concessionario si potrà svolgere solo dinanzi al giudice dell'esecuzione giacché è definitivamente venuto meno ogni intervento in materia da parte dell'ex Intendente di Finanza. Il giudice potrà, inoltre, sospendere l'esecuzione in presenza di gravi motivi e ricorrendo il fondato pericolo di grave e irreparabile danno. Quanto al coniuge, ai parenti e agli affini sino al terzo grado del debitore iscritto a ruolo, nonché dei coobbligati, viene ad essi riconosciuta la facoltà di opporsi all'esecuzione sui beni pignorati solo se siano in grado di provare il loro diritto di proprietà su tali beni secondo le modalità previste dal novellato articolo 58 del D.P.A. n. 602/73 (vedi anche l’ articolo 76 sulla procedura immobiliare).

Si ritiene che la natura dell’opposizione in questione  previsto dallo art. 57 del, D.P.R. n. 602/1973 sia assimilabile a quella dell'opposizione agli atti esecutivi disciplinata dall'art. 617 del codice di procedura civile.

E’ stato osservato che il ricorso previsto dall'art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 "è informato al principio della garanzia giuridica delle situazioni giuridiche dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, essendo concepito come un mezzo predisposto dall'ordinamento non a tutela esclusiva dell'interesse generale, bensì prevalentemente a tutela dei cittadini, come è fatto palese dalla circostanza che di esso possono avvalersi quei cittadini, che lamentino di essere stati lesi dagli atti esecutivi dell'agente della riscossione." .

La tutela cautelare nella fase espropriativa consegue, pertanto, al ricorso prodotto dal contribuente o dall'interessato  avverso i materiali atti di esecuzione compiuti dall'agente della riscossione direttamente o, su sua istanza, dall'Ufficiale procedente.

Ma è essenziale tener presente che la speciale competenza attribuita al giudice con il disposto del surrichiamato art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 "è diretta a garantire il contribuente - e colui che come tale va considerato nei riguardi dell'obbligazione tributaria - contro irregolarità od abusi che possono verificarsi nella condotta della procedura tramite ruolo. Investe, cioè, solo la fase della riscossione del tributo e non può, pertanto, estendersi al titolo per il quale si procede, a meno che tale titolo o il precetto sia affetti da nullità totale.

La giurisdizione  si estende al controllo della regolarità formale degli atti esecutivi dell'agente della riscossione che procede al recupero coattivo di entrate non erariali in base a ruolo .

Il Ministero delle Finanze, ritenuto che nella fattispecie prevista dall'art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 vengono in considerazione quei ricorsi che si sostanziano in una opposizione agli atti esecutivi, in quanto deducono irregolarità del relativo procedimento, ha precisato che il giudice è chiamato ad accertare non la legittimità dell'imposizione, sia con riguardo all'autorizzazione che alla misura del tributo, ma la regolarità della procedura intrapresa dall'Agente della riscossione per il recupero del credito, con la conseguenza che deve ritenersi di competenza dello stesso l'intervento in materia, e l'eventuale sospensione del procedimento esecutivo, qualora ne ricorrano le condizioni stabilite dalla normativa vigente".

E' stato ritenuto che detta  giurisdizione  trova la propria giustificazione non soltanto nella necessità della unicità della giurisdizione, ma anche nella circostanza che i ruoli formati dagli Enti diversi dallo Stato sono resi esecutivi dall’Agente della riscossione e nella ulteriore circostanza che le norme dettate dal  D.P.R. n. 602/1973) si applicano anche per la riscossione delle entrate di Enti di-versi dallo Stato , e, infine, "nell'esigenza di garantire ai soggetti destinatari dell'imposizione, anche nel caso di ruoli emessi da Enti diversi dallo Stato, la necessaria tutela giuridica nella fase esecuti-va, fase che non può che essere assoggettata alla verifica della regolarità degli atti da parte del giudice.

E' stato autorevolmente affermato che  la norma dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 ha lo scopo di dare al contribuente una difesa equa e sollecita attraverso il giudice, il quale in tal modo è messo in grado di riparare gli errori e gli abusi dell' agente della riscossione con un mezzo semplice e immediato".

Il Consiglio di Stato ha avuto occasione di chiarire  che:

1) condizione per l'ammissibilità dell’opposizione che l'atto impugnato sia dell'agente della riscossione;

2) non si ritiene necessario invece, che l'atto dal quale il contribuente si ritiene gravato sia un atto esecutivo, bastando che si tratti di atto diretto ad assicurare la riscossione;

Ne consegue che  il ricorso deve perciò ritenersi ammesso anche contro l'avviso di intimazione di pagamento,  specie se sfornite del nominativo del funzionario responsabile del procedimento, al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, l’informazione del cittadino e la garanzia del diritto di difesa.

Una autorevole dottrina, peraltro, ha ritenuto che nell'ambito dell’opposizione in questione  rientrano non solo le controversie insorte, in sede di esecuzione forzata, ma anche quelle che investono la responsabilità del contribuente, in tema di pagamento dell'imposta .

Non si possono  denunziare i vizi che attengono alla regolarità formale degli atti esecutivi posti in essere dall'agente della riscossione e, pertanto, il suo contenuto essenziale deve ravvisarsi nella denunzia di una violazione alle regole procedurali dell'esecuzione, violazione che può comportare tanto l'annullamento , quanto l'annullabilità dell'atto.

Ond'è che, se il vizio non comporta la nullità (assoluta) dell'atto, alla dichiarazione di nullità non potrà pervenirsi, quando l'atto abbia raggiunto lo scopo o, comunque, quando il vizio sia stato sanato col compimento di ulteriori atti provenienti da chi aveva interesse a fare valere la nullità.

Le disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito non stabiliscono alcun termine per la proposizione dell’opposizione contro gli atti esecutivi dell'agente della riscossione che procede in esecutivis in base a ruolo.

Per cui nella fattispecie si   dovrebbe ritenere, ugualmente applicabile il termine perentorio fissato dall'art .617 del Codice di procedura civile (20 giorni).

Ciò per un diverso ordine di motivi: a)  innanzitutto perché, in genere sussiste la possibilità di un rinvio formale, alla disciplina del Codice di procedura civile per tutto quanto non diversamente stabilito dalle disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito che, sul punto, nulla precisano; b) in secondo luogo, un termine più lungo di quello fissato per la procedura ordinaria si porrebbe in evidente contrasto con il particolare sistema dei mezzi di tutela apprestati dal legislatore e da esso riconosciuti come i più compatibili con i modi dell'esecuzione tramite ruolo; c) sarebbe in contrasto con la ratio della particolare espropriazione tramite ruolo stabilire per la proposizione delle censure, d’invalidità dei relativi atti di procedura, termini meno brevi di quelli stabiliti per la proposizione delle questioni incidentali (quali sono appunto le opposizioni in parola) nel normale processo esecutivo.

Attesa la brevità dei termini concessi all'agente della riscossione per il compimento degli atti esecutivi, sembra doversi ritenere che il termine non possa essere diverso da quello di venti giorni  previsto dal rito ordinario.

Un termine maggiore, invero, potrebbe far perdere al ricorso il requisito della attualità in senso stretto e potrebbe, a volte, determinare le sanatorie conseguenti al compimento dell'atto successivo a quello viziato.

Ma l’opposizione agli atti esecutivi con la quale si impugna un atto radicalmente nullo, al punto da potersene raffigurare l’inesistenza, non può essere  soggetto al suddetto termine perentorio di venti giorni.

Non vi è dubbio, pertanto, che l’opposizione in parole contro gli atti esecutivi dell’agente della riscossione, può essere proposto sino a che non sia compiuto la vendita dei beni pignorati. Successivamente è inammissibile.

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Giovanni Orlando

Avvocato in Catanzaro