Pubblicazione legale:
Al giorno d’oggi le
operazioni bancarie vengono compiute, prevalentemente, da migliaia di utenti
tramite le piattaforme di home banking.
Generalmente, per
garantire un’operatività sicura, il cliente ha a disposizione un codice
identificativo, una password e una chiave di autenticazione (con un sistema di
protezione a due fattori) per effettuare l’accesso.
Tuttavia, sono sempre più
frequenti i casi di disconoscimento di operazioni bancarie non
autorizzate. Mi riferisco alle ipotesi di bonifici materialmente deviati
dall’esterno e indirizzati a beneficiari sconosciuti o pagamenti che vengono inspiegabilmente
addebitati sul proprio conto.
Quando scatta la
responsabilità della banca?
In questo articolo
cercheremo proprio di far chiarezza sulle ipotesi di responsabilità della banca
a fronte di operazioni effettuate dalla clientela tramite home banking non preventivamente
autorizzate.
In linea di massima, il
prestatore del servizio (la banca) ha l’obbligo di assicurare che i dispositivi
forniti alla clientela non siano accessibili a soggetti diversi dal legittimo
titolare. L’istituto di credito è ,infatti, tenuto ad operare secondo il
parametro di diligenza, ex art. 1176 II comma c.c., dell’accorto banchiere.
In capo alla banca
gravano obblighi di informazione e protezione verso i clienti in ragione della
asimmetria che caratterizza il rapporto interno. La clientela si pone rispetto
la banca in una “posizione debole” sia a livello informativo sia a livello di
forza contrattuale. Questo giustifica gli obblighi informativi e di protezione posti
a carico dell’istituto di credito.
Al fine di garantire la
fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema, la giurisprudenza tende a ricondurre nell’area
del rischio professionale dell’istituto di credito l’utilizzazione dei codici
di accesso al sistema da parte di terzi (Cass. Sent. 2950/2017).
In poche parole la banca
ha l’obbligo di adottare tutti gli accorgimenti adeguati per prevenire e quindi
evitale un accesso fraudolento al sistema di home banking da parte di soggetti
non autorizzati.
Responsabilità per esercizio
di attività pericolosa
Nello specifico, qualora
si verifichi un accesso non autorizzato o l’impiego di dati raccolti per
finalità non conformi alla legge, la banca risponde ai sensi dell’art. 2050
c.c. responsabilità per esercizio di
attività pericolosa.
L’attività delle banche è
ritenuta pericolosa nella misura in cui comporta la gestione di dati sensibili
dei clienti. A tal proposito, infatti, opera la disciplina dettata dal Codice
in materia di protezione dei dati personali.
In particolare, l’art. 15
del D.lgs.196/2003 prevede che chiunque cagioni un danno ad altri per effetto
del trattamento dei dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art.
2050 c.c. Ed ancora, i dati personali oggetto di trattamento devono essere
custoditi e controllati in modo da ridurre al minimo i rischi di distruzione,
perdita degli stessi o accesso non autorizzato.
L’intermediario (la
banca) ha quindi l’obbligo, in qualità di responsabile del trattamento dei
dati, di adottare tutti gli accorgimenti adeguati a prevenire l’illecita
captazione degli stessi. Diversamente si andrà incontro ad una responsabilità
per esercizio di attività pericolosa ex art. 2050 c.c.
Si tratta di una
responsabilità oggettiva aggravata. Il prestatore del servizio, per andare
esente da responsabilità, non deve solo dimostrare di aver adottato tutte le
misure idonee ad evitare il danno, ma è tenuto a fornire la prova positiva di
una causa esterna (ad esempio la colpa dell’utente che ha mal custodito o
rivelato a terzi le chiavi di accesso al sistema).
Alla base di questo
modello di responsabilità vi è una giustificazione al contempo sociale e
commerciale, il cosiddetto rischio di impresa. L’idea è quella secondo
cui i rischi di attività oggettivamente pericolose, che interessano un’ampia
moltitudine di utenti gravano, sull’impresa che può, grazie alla determinazione
dei prezzi di vendita di beni o servizi, convertire tali rischi in costi distribuiti,
così, tra tutti i consumatori e non sul singolo.
Quali meccanismi è
possibile attivare?
Per accertare la
responsabilità della banca si potrà avviare un giudizio ordinario e chiedere al
Giudice la condanna al risarcimento del danno subito, generalmente quantificato
nella somma sottratta al singolo dall’operazione non autorizzata.
Peraltro occorre
ricordare che in materia dei contratti bancari la legge impone la mediazione
obbligatoria. Ciò significa che prima di rivolgersi al Giudice, dando avvio ad
un procedimento ordinario, occorrerà esperire il procedimento di mediazione a
pena di improcedibilità della domanda.
Come vedi, ogni vicenda
ha delle peculiarità proprie e delle caratteristiche che la rendono unica. Rivolgersi
ad un legale può aiutarti a capire come procedere, i passaggi da seguire e
quali strade è possibile percorrere.
Infine, vale la pena
ricordare che, una valida alternativa, all’avvio di un giudizio per la
definizione della controversia, può essere la presentazione di un ricorso all’Arbitro
Bancario Finanziario.
Si tratta di uno
strumento di tutela celere, semplice ed economico rispetto l’instaurazione di
un procedimento ordinario dinanzi ad un giudice. Un sistema di risoluzione
delle controversie, tra clienti e banche, alternativo al giudizio ordinario.
Per depositare il ricorso
non è necessaria l’assistenza di una avvocato, ma si potrà seguire una
procedura on line, depositando la relativa documentazione.
Proporre tale ricorso non
escluderà, in una fase successiva, la possibilità di adire il giudice
ordinario. Contemporaneamente non possono essere attivati entrambi gli
strumenti.
L’unico limite del
ricorso all’ABF è rappresentato dal fatto che le sue decisioni non sono
vincolanti, come vale per le sentenze di un giudice, ma hanno un effetto
“persuasivo” . Se la banca non rispetta le decisioni dell’Arbitro viene resa
pubblica per cinque anni la notizia dell’inadempimento sul sito internet della
banca e del ABF.
Ad oggi tale strumento ha un’operatività in forte crescita perché offre una risposta concreta ai cittadini che non intendono sottostare alle tempistiche di un processo e affrontare costi senz’altro più elevati dei 20 euro necessari per la presentazione del ricorso all’ABF.
#dirittobancario #dirittocivile #responsabilitàbanca #attivitàpericolosa #ABF
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
© Copyright IUSTLAB - Tutti i diritti riservati
Privacy e cookie policy