Pubblicazione legale:
L’art. 612 bis c.p.p. prevede la pena di reclusione da un anno a sei anni e sei mesi nei confronti di chiunque, “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
L’art. 8 c.p.p. stabilisce, tuttavia, che per determinare la competenza per territorio (in termini “semplicistici” la città in cui si incardinerà l’eventuale procedimento per stalking) si deve aver riguardo al “luogo in cui il reato è stato consumato”.
La questione non è di poco conto, giacché accade sovente che pur in presenza di condotte di molestie e minacce realizzate in un determinato luogo, il fatto di reato integrante il delitto di atti persecutori può manifestarsi in un momento e in un territorio differente (ovvero non coincidente con quello in cui il soggetto agente ha posto in essere le reiterate azioni di molestie e minacce).
In tali casi, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, “la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica”.
Secondo, infatti, Cass. Pen., Sez. V, 09/10/2019, n. 3042, la consumazione del reato di atti persecutori prescinde dall’accertamento del momento iniziale o finale delle singole condotte perpetrate dal soggetto agente, «assumendo, invece, a tal fine significato il comportamento complessivamente tenuto dal responsabile, sicché la competenza per territorio deve essere determinata in relazione al luogo in cui il comportamento stesso diviene riconoscibile e qualificabile come persecutorio ed in cui, quindi, il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica»