IL REATO DI PECULATO -Art. 314, comma 1, c.p.
Il reato di peculato, sancito dall’art. 314 del codice penale, dispone che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.
Il bene giuridico tutelato è il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione, nonché il prestigio degli enti pubblici.
Secondo l’orientamento maggioritario della Dottrina, il reato de quo tutela anche il patrimonio della P.A.
Il soggetto attivo (c.d. agente del reato) può essere solamente un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio (es: Funzionario P.A., Magistrato, Ufficiale giudiziario, Consigliere comunale, ispettore sanitario etc.).
Il reato si configura quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio si appropria, in ragione del suo ufficio o servizio, di denaro o di altra cosa mobile, purché eserciti il possesso sulle cose sottratte o ne abbia – quantomeno – la disponibilità.
Mediante l’appropriazione, il P.U. o l’incaricato di pubblico servizio realizza una interversio possessionis, esercitando sulla cosa un dominio analogo a quello esercitato dal proprietario.
L’elemento soggettivo del reato è il dolo generico, da intendersi come coscienza e volontà di compiere la condotta suesposta.
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Peculato d’uso – Art. 314, comma 2, c.p.
Il peculato d’uso, disciplinato dall’art. 314, comma 2, c.p., prevede che si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.
In questa ipotesi, il reo agisce esclusivamente al fine di utilizzare momentaneamente la cosa, restituendola – immediatamente – dopo l’uso.
Il peculato d’uso può avere ad oggetto qualsiasi bene mobile, fatta eccezione per il denaro.
Differentemente dal reato di cui al primo comma, il peculato d’uso prevede un trattamento sanzionatorio più mite (reclusione da 6 mesi a 3 anni), in ragione del minor disvalore della condotta.
L’elemento soggettivo è il dolo specifico, in quanto il reo agisce con lo specifico scopo di restituire la cosa dopo l’utilizzo della stessa.
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Casistica esemplificativa:
-Integra il reato di peculato la condotta del medico il quale, svolgendo in regime di convenzione intramuraria, dopo aver riscosso direttamente dai pazienti l’onorario dovuto per le prestazioni, ometta poi di versare all’azienda sanitaria quanto di spettanza della medesima, in tal modo appropriandosene. (Cass. pen. n. 25255/2012);
-Integra il reato di cui all’art. 314 cod. pen. la condotta del pubblico agente che consenta a terzi l’utilizzo di un bene pubblico per finalità personali qualora ciò determini una lesione dell’interesse al buon andamento della P.A., anche se la condotta non ha determinato alcun danno patrimoniale per l’ente. (Cass. Pen. n. 34940/2018);
-Commette il delitto di peculato il portalettere che, avendo la disponibilità per ragioni del suo servizio di pacchi contro assegni, si appropri dei relativi bollettini di spedizione e dei rispettivi importi, spettanti ai legittimi creditori. (Cass. Pen. n. 35512/2013);
-La condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono di ufficio per fini personali, al di fuori dei casi di urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso, purché produca un danno apprezzabile al patrimonio della Pubblica Amministrazione o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio. (Cass. Pen. 1327/2016).
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