Pubblicazione legale
LE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS (SARS-COV-2)
Pubblicato su IUSTLAB
La recente cronaca ci mostra l’importanza e gli
effetti della pandemia sulla popolazione mondiale in ampi aspetti, da quello
economico a quello scolastico, fino a giungere ad una analisi sociale.
In questo articolo verrà illustrata una breve
panoramica degli istituti giuridici che oggi assumono una importante rilevanza
e degli effetti riflessi sui contratti alla luce del Decreto Legge n. 18/2020
di recente emanazione, c.d. “Decreto Cura Italia”.
Sommario: 1.Introduzione:
effetti della pandemia sui contratti pendenti; 2. Possibili rimedi;
3. Eventi di origine umana; 4. Impossibilità sopravvenuta;
5. Onerosità sopravvenuta;
6. Le clausole si “hardship”; 7. La
responsabilità del debitore alla luce del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18
(C.d. “Cura Italia”); 8. Rimborsi.
1. Introduzione: effetti della pandemia
sui contratti pendenti.
Il crescente numero di contagi da
Covid 19 ha indotto il Governo ad emanare, in forza della tutela della salute
pubblica ed al fine del contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale,
diversi provvedimenti studiati “ad hoc”; provvedimenti che stesso Primo
ministro, Giuseppe Conte, ha definito come volti a fronteggiare un’emergenza
“mai conosciuta dal dopoguerra ad oggi”.
Più precisamente il Governo ha
introdotto, a mezzo di decreti legge, diverse limitazioni alla libertà
personale ed alla libertà di circolazione ed hanno, al contempo, disposto la
sospensione e poi la chiusura di gran parte delle attività commerciali e
produttive in genere.
In tale ottica, è opportuna una valutazione
circa l’impatto che le suddette misure di contenimento della attuale pandemia
avranno sui contratti stipulati prima della attuale emergenza e pertanto ancora
pendenti ed efficaci.
La prima questione da affrontare
riguarda la natura delle misure adottate dal Governo e porta inevitabilmente
con sé la necessità di individuare i possibili effetti delle misure adottate
suoi rapporti contrattuali già posti in essere.
2.
Possibili rimedi
L’art. 1218 c.c., costituisce la norma cardine in materia
di responsabilità contrattuale:
“Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è
tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo
è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui
non imputabile”.
Ciò che rileva è dunque
l’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, atteso che
le limitazioni introdotte dai decreti, potrebbero fortemente incidere sulla possibilità
di adempiere alle obbligazioni assunte.
Il nostro ordinamento
aggiunge poi che a norma dell’art.1256, comma 1 c.c.:
“L’obbligazione si estingue quando, per una
causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”. Ove concorrano i due elementi dell’impossibilità
sopravvenuta della
prestazione (siamo dunque in presenza
di un elemento oggettivo) e della non imputabilità di detta impossibilità a
fatto del debitore (e qui di un elemento soggettivo), si verificano due
effetti: da un lato, l’obbligazione si estingue e il debitore è liberato;
dall’altro, il debitore, pur non avendo eseguito la prestazione, non è tenuto
al risarcimento dell’eventuale danno.
Il codice civile prevede, poi, che,
nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, l’impossibilità
sopravvenuta della prestazione comporta altresì che il debitore liberato non
possa a sua volta chiedere la controprestazione e debba, invece, restituire
quella che abbia eventualmente già ricevuto, secondo le norme relative alla ripetizione
dell’indebito (art. 1463 c.c)
Consolidata giurisprudenza, ritiene
che per configurarsi come tale, la causa non
imputabile consiste in “impedimento imprevedibile ed inevitabile con
l'ordinaria diligenza”.
Affinché assurga a causa non
imputabile deve pertanto trattarsi di un “evento imprevedibile in relazione
alla natura del negozio e alle condizioni del mercato”, che trascende la sfera
del debitore, e cioè “non dipendente da dolo o da colpa” dello stesso.
La stessa giurisprudenza specifica come, se da un lato
“l'impossibilità sopravvenuta che libera dall'obbligazione deve essere
obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi
contemplata, e deve consistere non in una mera difficoltà, ma in un
impedimento, del pari obiettivo e
assoluto, tale da non poter essere rimosso”, dall’altro lato, occorre tenere
presente il principio di buona fede contrattuale che ormai assume il carattere
di fonte integrativa del contratto e concerne il rapporto contrattuale dalla
sua esistenza ed in ogni sua fase, impone allo stesso tempo però di considerare
impossibile non solo quella
prestazione che non può essere eseguita dal debitore neanche utilizzando la massima diligenza, ma anche quella che
implichi un impiego di forze psicofisiche o di costi economici particolarmente
gravoso, tenuto conto del programma contrattuale originari: ciascun contraente
è infatti tenuto “a salvaguardare l'interesse o l'utilità dell'altra parte”, ma
sempre “nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio”.
Diversamente dal precedente codice del 1865, che esplicitamente statuiva che
“Il debitore non è tenuto ad aver un risarcimento di danni, quando in
conseguenza di una forza maggiore o di un caso fortuito fu impedito di dare o
di fare ciò a cui si era obbligato, od ha fatto ciò che gli era vietato”, il
codice civile attualmente vigente non individua, a livello di disciplina
generale, specifiche cause di esonero da responsabilità.
E’ la stessa giurisprudenza a
richiamare il “caso fortuito e la forza maggiore” come limite alla diligenza
normalmente richiesta e alla possibilità concreta di richiedere l’adempimento.
Figure che, secondo un autorevole dottrina, qualora
ricorrenti nel caso di specie, ne impedirebbero perfino la configurazione di
un’azione penalmente rilevante, posto che la forza maggiore annulla del tutto
la signoria del soggetto sulla condotta e impedisce quindi di configurare
un’azione penalmente rilevante, il caso fortuito, invece, non sempre esclude
l’esistenza dell’azione.
Caso fortuito e forza maggiore,
concretizzandosi in forze impeditive non altrimenti vincibili e fuori da ogni
controllo e prevedibilità umana, qualificandosi come fattori eccezionali ed
imprevedibili che possiamo riassumere nel brocardo “vis maior cui resisti non
potest”, inducono a configurare la presente pandemia come una calamità naturale
e pertanto una causa di esonero da responsabilità contrattuale.
3.
Eventi
di origine umana
Il debitore può non eseguire la
prestazione dovuta, se l’adempimento è impedito da un atto di pubblica
autorità che sia esso di natura legislativa, amministrativa o giudiziaria, il
c.d. “factum
prìncipis”.
La giurisprudenza ha chiarito che
sono solo due le condizioni che possano giustificare “factum prìncipis” e
dunque giustificare l’inadempimento o il ritardo nell’esecuzione della
prestazione.
Per soddisfare la prima condizione è
“necessario che l'ordine o il divieto dell'autorità sia configurabile come un
fatto totalmente estraneo alla volontà dell'obbligato e ad ogni suo obbligo di
ordinaria diligenza; il che vuoi dire che, di fronte all'intervento
dell'autorità, il debitore non deve restare inerte né porsi in condizione di
soggiacervi senza rimedio, ma deve, nei limiti segnati dal criterio
dell'ordinaria diligenza, sperimentare ed esaurire tutte le possibilità che gli si offrono per vincere e rimuovere la
resistenza o il rifiuto della pubblica autorità”.
La seconda condizione richiede che il
debitore “non può invocare l'impossibilità della prestazione con riferimento ad
un provvedimento dell'autorità amministrativa che fosse ragionevolmente
prevedibile secondo la comune diligenza”.
Per maggiore chiarezza e a titolo
esemplificativo, le possibili attività che rientrerebbero nella prima
condizione sono:
Asili nido, obbligati a rimanere
chiusi per ordine della Pubblica Autorità e che pertanto non possono in alcun
modo adempiere alle obbligazioni assunte al momento della iscrizione presso
l’asilo dei propri alunni.
Vale lo stesso per i bar ed i servizi
di ristorazione, impossibilitati a svolgere la propria attività e che pertanto
sono legittimamente autorizzati a rifiutare qualsiasi tipo di rifornimento ed
adempimento concernente i contratti di somministrazione.
4.
Impossibilità sopravvenuta.
Ai
sensi dell’art. 1256,
comma 2 c.c., l’impossibilità temporanea esonera il debitore
da ogni responsabilità per il
ritardo nell’adempimento, salvo che l’impossibilità perduri “fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura
dell’oggetto, il debitore
non
può più essere ritenuto obbligato a
eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a
conseguirla”.
Nelle ipotesi di inadempimento
contrattuale, l’unica impossibilità che di regola ne determinerebbe
l’estinzione è l’impossibilità definitiva.
Infatti, cessata la causa di
impossibilità temporanea, il debitore è tenuto ad adempiere la prestazione, ed
in caso di impossibilità parziale o divenuta impossibile troveranno
applicazione gli artt. 1258 e 1464
c.c. Secondo la
prima norma, “il debitore
si libera
dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte
che è rimasta possibile”. Tuttavia, in caso
di contratto a prestazioni corrispettive
l’art. 1464 c.c. introduce
un correttivo, sempre
al fine di salvaguardare il sinallagma, statuendo che in tale ipotesi “l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta
e può anche recedere dal contratto
qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento
parziale”.
La giurisprudenza ha chiarito che
all’impossibilità di eseguire la prestazione deve essere equiparata la diversa
e ipotesi in cui sia divenuto impossibile per il creditore utilizzare la
prestazione per causa a lui non imputabile.
L’interesse creditorio a veder
soddisfare la propria pretesa ed a ricevere la prestazione viene meno per
effetto della sopravvenuta oggettiva impossibilità di utilizzarla da parte del debitore verificandosi in tal modo
l’estinzione dell’obbligazione e “dovendosi in tal caso prendere atto che non
può più essere conseguita la finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto”.
5.
Onerosità sopravvenuta
I contratti a prestazione
corrispettive, caratterizzati dal “sinallagma funzionale” e con effetti
destinati a durare nel tempo, in particolare i contratti ad esecuzione
continuata e periodica, ovvero ad esecuzione differita, subiscono al
verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili che ne alterino in
maniera significativa l’equilibrio economico originario in quanto non
rientranti “nell’alea normale del contratto”. Gli articoli 1467 e ss.cc. consentono, al verificarsi di eventi straordinari ed imprevedibili che ne
alterino in maniera significativa l’equilibrio economico originario in quanto non rientranti
“nell’alea normale del contratto” non
esistenti dunque al momento della stipula, di sciogliere il vincolo
contrattuale.
Al verificarsi dei suddetti casi, la
parte obbligata ad eseguire la prestazione e a causa di tali fattori divenuta “eccessivamente onerosa” non è di regola
liberata automaticamente ma ha la
facoltà di chiedere la risoluzione del contratto. La parte creditrice, se vuole
evitare la risoluzione può offrire una modifica equa delle condizioni del contratto,
ripristinando così l’originario equilibrio delle prestazioni.
In casi non emergenziali, se la
crescente svalutazione monetaria e le fluttuazioni del mercato, sono
considerate dalla giurisprudenza eventi che ne giustificherebbero l’aumento e
ne impedirebbero la risoluzione contrattuale, con la nuova normativa che
riveste il carattere della straordinarietà e imprevedibilità e diretta a
fronteggiare l’emergenza, questi fattori potrebbero prendere il sopravvento sui
normali divieti e nello specifico indurre ad un’alterazione dell’assetto
concordato dalle parti tale da svantaggiare eccessivamente, dal punto di vista
economico, uno dei due contraenti.
Vi rientrerebbero ad esempio tutte quelle attività
produttive inserite in una determinata catena settoriale, impossibilitate a
reperire sul mercato materie prime o semilavorati se non ad un prezzo raddoppiato ed eccessivo che apparrebbe
giustificato dalla scarsità del bene in presenza della emergenza sanitaria in corso.
6.
Le
clausole di “hardship”.
L’autonomia contrattuale consente
alle parti di inserire negli accordi, per le fattispecie fin ora analizzate,
apposite clausole disciplinanti le modalità di gestione e della persistenza
delle obbligazioni contrattuali in caso di forza maggiore o eccessiva onerosità
sopravvenuta.
La clausola, qualora convenuta nel
rispetto delle prescrizioni di legge, è valida ed ha forza di legge tra le
parti. Prevarrà pertanto su quanto previsto dall’ordinamento.
Si indicano, nello specifico, le
clausole di rinegoziazione, nella quale rientrano sia le clausole contrattuali
di forza maggiore sia quelle c.d. di “hardship” o eccessiva onerosità.
Per la maggior parte utilizzate in
ambito di contrattualistica commerciale, lasciano alle parti contraenti la
possibilità di variare il contratto originario in presenza di fattori
sopravvenuti che rendano impossibile l’adempimento delle precedenti
obbligazioni.
7.
La responsabilità del debitore alla luce del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (C.d. “Cura Italia”)
La responsabilità del debitore è
valutata dalle previsioni contenute nel Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18
(C.d. “Cura Italia”) ed, in particolare, la specifica previsione contenuta
nell’art. 91, comma 1 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura
Italia”) che aggiunge all’art. 3 del Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6,
convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, il comma 6-bis,
secondo cui: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente
decreto, è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti
degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche
relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a
ritardati o omessi adempimenti”.
La suddetta norma così come
evidenziato dalla relazione illustrativa è volta a chiarire che “il rispetto
delle misure di contenimento può escludere, nei singoli casi, la responsabilità
del debitore ai sensi e per gli effetti dell’art. 1218 c.c., nonché l’applicazione
di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Viene espressamente riconosciuto alla
legge la rilevanza delle misure di contenimento della pandemia ed alla
emanazione della normativa di emergenza quale causa di esclusione della responsabilità del debitore.
Alla luce della vigente normativa di
emergenza, l’impossibilità della prestazione divenuta tale proprio in virtù del
rispetto delle norme di contenimento di cui al Decreto Legge, potrà essere utilmente invocata dal debitore
per impedire l’inadempimento, la decadenza
o ogni altro effetto penale
connesso a ritardi
o omessi adempimenti.
8.
Rimborsi
L’art. 88 (rubricato “Rimborso dei
contratti di soggiorno e risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per
spettacoli, musei e altri luoghi della cultura”) è volto a regolare i
contratti di soggiorno e quelli di
acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura.
Il comma 1 estende l’applicabilità
delle disposizioni di cui all’art. 28 del Decreto Legge 2 marzo 2020, n. 9 ai
“contratti di soggiorno per i quali si sia verificata l’impossibilità
sopravvenuta della prestazione a seguito dei provvedimenti” emanati ai sensi
dell’art. 3 del Decreto Legge 23
febbraio 2020 n.6, vale a dire le misure di contenimento adottate dalle
autorità competenti (all’epoca con riferimento a specifiche aree del territorio
nazionale).
La norma richiamata (rubricata
“Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici”) prevede esplicitamente, al
comma 1, che “Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile,
ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai
contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o
terrestre stipulati” dai soggetti, elencati in maniera dettagliata, che per
effetto delle misure di contenimento o della stessa diffusione del virus non
abbiano potuto usufruire della prestazione. Aggiunge poi al comma 5 che i
medesimi soggetti “possono esercitare, ai sensi dell'articolo 41 del decreto
legislativo 23 maggio 2011, n. 79, il diritto di recesso dai contratti di
pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi” interessati dalle misure
finalizzate a contenere l’emergenza sanitaria.
Il Decreto c.d. “Cura Italia” al 2
comma prevede, ancora, che a seguito dell'adozione delle misure di cui all'articolo 2, comma l, lettere b) e d) del Decreto
del Presidente del Consiglio
dell’8 marzo 2020, con cui è stata disposta la sospensione delle attività
culturali di seguito menzionate, e a decorrere dalla data di adozione del
medesimo Decreto, “ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice
civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in
relazione ai contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di
qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti
di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura”. Al 3 comma troviamo
invece disciplinate le modalità di rimborso.
Al 4 comma viene specificato le
disposizioni di cui ai commi 2 e 3 hanno si applicheranno fino alla data di
efficacia fino alla data di efficacia delle misure previste dal Decreto del
Presidente del Consiglio dell’8 marzo
2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del Decreto
Legge 23 febbraio
2020, n. 6. In conclusione, il momento che stiamo
affrontando assume dei caratteri di novità ed emergenza, non di facile
contenimento, superamento e limitazione nel nostro stato democratico. CONCLUSIONI La larga ed inaspettata diffusione
del virus ha indotto il Governo ad emanare una serie di provvedimenti che si
connotano per la loro “eccezionalità ed urgenza” in ragione dell’emergenza
sanitaria in atto, evento, quest’ultimo, eccezionale ed imprevedibile tanto
dalla popolazione quanto dalle parti contrattuali al momento della stipula del contratto. Appare dunque necessario esonerare il
debitore dalla responsabilità contrattuale in presenza di una tale emergenza
senza eguali, seppure la valutazione circa la possibilità di esonerare il
debitore, al di fuori dei casi previsti dall’art. 88, necessita di una
valutazione caso per caso,
posto che lo stesso articolo
91 del Decreto esclude qualsiasi automatismo.
In conclusione, sembra ragionevole
osservare che per tutte le ipotesi che non siano state qui direttamente
trattate, possano comunque trovare applicazione i principi generali sia
normativi che giurisprudenziali ad essi ricollegabili in virtù della emergenza
sanitaria e della possibilità di invocare la situazione di pandemia quale causa
non imputabile ai casi di
inadempimento contrattuale riconducibili tanto al ritardo nell’esecuzione della
prestazione quanto alla mancata o inesatta esecuzione della stessa.