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Cani, gatti e animali domestici. I diritti dei nostri “amici” e i doveri dei loro proprietari.

Scritto da: Laura Lippolis - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Molto spesso ci si dimentica che possedere un animale domestico significa avere cura di una piccola vita, come un genitore fa con il proprio figlio. Nessuno di noi, infatti, lascerebbe passeggiare un bimbo di pochi anni, solo, per strada, mentre qualcuno, molto spesso, lascia i nostri piccoli amici senza alcuna custodia; liberi di girovagare per le vie del paese, di attraversare le strade, di entrare nei fondi dei vicini, addirittura di fare i propri bisogni dove capita. Questa prassi, ormai diffusa, oltre che rendere “antipatico” l’incolpevole animaletto per le proprie malefatte, crea situazioni di pericolo per l’intera collettività e per gli animali stessi.

A tal proposito giova ricordare cheil proprietario di un animale o chi se ne serve  per il tempo che l'ha in uso, risponde dei danni cagionati dall'animale, anche se fuggito o smarrito, salvo che provi il caso fortuito” così statuisce l’art. 2052 del codice civile  che disciplina la responsabilità per danno cagionato da animali.  Leggendo questo articolo il pensiero corre immediatamente ai cani, ma in realtà la norma si applica a qualsiasi tipo di animale senza che se ne debba preventivamente verificare la pericolosità. Pertanto si ritiene che la responsabilità gravi su tutti coloro che hanno la custodia dell'animale e il riferimento va a qualsiasi soggetto che abbia un effettivo potere su di esso; custode sarà quindi, non solo il proprietario ma anche, al suo posto, il possessore e persino chi abbia un solo rapporto di fatto non qualificato giuridicamente.

La custodia e più in generale il governo degli animali sono invece regolati dall’art. 672 del codice penale, norma  da tempo depenalizzata dall’art. 33 della legge n. 689/1981 che prevede tre ipotesi comportamentali vietate:  lasciare liberi in luoghi aperti animali pericolosi;  non custodirli con le debite cautele o  affidarli in custodia a persone inesperte.  E’ necessario evidenziare che il concetto di animale pericoloso è assai vario  e comprende tipologie di animali diversissime tra loro. Basti pensare che ne fanno parte le specie animali di cui è proibita la detenzione, che ai sensi dell’art.1 del D.M. 19 aprile 1996 sono “tutti gli esemplari vivi di mammiferi e rettili selvatici o provenienti da riproduzioni in cattività che in particolari condizioni ambientali  e/ o comportamentali possono creare con la loro azione diretta effetti  mortali o invalidanti  per l’uomo o che non sottoposti a controlli sanitario a trattamenti di prevenzione possono trasmettere malattie infettive per l’uomo”, ma anche  “gli animali la cui ferocia è caratteristica naturale o istintiva e tutti quelli che, sebbene domestici, possono divenire pericolosi in determinati casi e circostanze” come affermato dalla Cassazione  Penale con la sentenza n.822 del lontano1970; così come appartengono alla categorie degli animali pericolosi “ i cani da guardia in genere e quelli appartenenti alla categoria dei cani lupo” così come enunciato dalla Cassazione Civile, sez. I, sentenza n.1840 del 1990 e dalla Cassazione Penale  il 13 novembre 1984. Nella variegata categoria di animali pericolosi vi sono compresi anche  gli animali vaganti e che causano rischio per la circolazione stradale, nonché  gli animali imbizzarriti o spaventati o sottoposti a qualsiasi genere di stress.

Bisogna porre attenzione ad un profilo sconosciuto ai più: per il perfezionamento dell’illecito penale di cui all’art. 672 codice penale non è necessario che l’animale abbia cagionato danni o lesioni a terzi. E’ sufficiente, infatti, la  potenziale nocività dell’animale. Pertanto viene richiesto ai proprietari di animali, siano essi cani, gatti, cavalli o di altro genere, di essere particolarmente attenti all’incolumità altrui. Infatti la legge punisce anche la sola omissione del lasciar liberi gli animali che si concreta, per ormai consolidata giurisprudenza, nel concedere la libertà all’animale o, ad esempio, nel  portare il cane in luoghi pubblici  non legato al guinzaglio o nel  passeggiare con un cane senza museruola.  Vi è da aggiungere che è punita anche l’omessa custodia dell’animale che si può compiere  lasciando avvicinare le persone all’animale, oppure mantenendo aperto il recinto ove l’animale è contenuto, o, infine, non impedendo che nel luogo ove l’animale si trova s’introducano estranei. Tutti questi comportamenti, ricordo, configurano ipotesi di reato e sono puniti con una sanzione pecuniaria. Il secondo comma del citato art 672 c.p.  punisce anche “chi aizza o spaventa gli animali in modo da mettere in pericolo l'incolumità delle persone”. Trasgressore può essere tanto il proprietario, il detentore o, anche, un terzo estraneo. La pena prevista per tutte le ipotesi di reato su descritte è una sanzione amministrativa che va dal pagamento di  un importo di €. 25,00 sino ad una somma di  €.252,00.

Ma vi è di più. Grava su coloro che posseggono un animale a qualsiasi titolo anche la responsabilità penale. Mi spiego. Se un cane esce dal cancello di casa ed aggredisce il portalettere procurandogli lesioni alla gamba,  risponde penalmente del reato di lesioni colpose chi avrebbe dovuto vigilare sull’animale e non lo ha fatto per colpa. E se il portalettere venisse ucciso? In questa ipotesi si  risponderebbe di omicidio colposo!

Segnalo infine che l’art.659 del codice penale punisce con l’arresto da fino a tre mesi o con l’ammendo fino ad €. 309 anche coloro che “suscitando o non impedendo strepiti di animali disturba le occupazioni e il riposo delle persone”.

Oltre ai numerosi e gravosi doveri dei proprietari ed alle conseguenze (talvolta gravi)  che possono loro insorgere a causa di comportamenti sbagliati, vi è anche doverosamente da aggiungere che gli animali hanno dei diritti che il codice penale tutela e sanziona nell’ipotesi in cui non vengano rispettati. E’ ormai cronaca abituale leggere o vedere al telegiornale che qualche scellerato maltratta i nostri piccoli compagni di vita, o che li abbandona in prossimità delle vacanze estive, o, peggio, che li utilizza per combattimenti o che tolga ad essi la vita dopo veri e propri supplizi. Sul punto è intervenuta la legge n. 189 del 20 luglio 2004 che ha cambiato radicalmente il presupposto giuridico della tutela degli animali, fin allora disciplinata dal solo art. 727 del codice penale, risultando ora leso il sentimento verso gli animali e non più la sola morale umana. Per la sistemazione delle nuove norme, il legislatore ha optato per l’introduzione di un titolo IX bis nel codice penale, dedicato ai “Delitti contro il sentimento per gli animali” che contiene disposizioni concernenti l’uccisone di animali, il divieto di maltrattamento, nonché l’impiego degli stessi in combattimenti clandestini o in competizioni non autorizzate. Le disposizioni di questo nuovo titolo del codice penale non si applicano, però, ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, pesca, allevamento, trasporto, macellazione, sperimentazione scientifica, attività circense, giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali. Quando però i maltrattamenti esulano dalle regole della materia disciplinata dalle leggi speciali, i reati di cui al citato titolo IX bis sussistono comunque. Vediamo ora  nel dettaglio come la legge tutela gli animali.

L’art. 544 bis c.p. punisce con la reclusione da tre a diciotto mesi chiunque per crudeltà o senza necessità causa la morte di un animale.

L’art. 544 ter c.p. punisce con la reclusione da tre mesi ad un anno o la multa da € 3.000 a € 15.000 chi, per crudeltà o senza necessità:  cagiona una lesione ad un animale, o lo sottopone a sevizie o comportamenti, fatiche, lavori che siano insopportabili per le sue caratteristiche etologiche.  La stessa pena è prevista per chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate, o li sottopone a trattamenti che procurano loro un danno alla salute.

L’art. 544 quater c.p. punisce, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, gli spettacoli e le manifestazioni che comportano strazio o sevizie per gli animali, con la reclusione da quattro mesi a due anni e la multa da € 3.000 a € 15.000.

Infine l’art. 544 quinquies c.p. punisce con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da € 50.000 a €160.000 chi promuove, organizza o dirige combattimenti e competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica.

Come detto in precedenza, la legge n.189 del 2004 ha anche sostituito il “vecchio” art. 727 del codice penale che ora al primo comma così recita “chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisto abitudini della cattività è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda da  €.1.000 ad €.10.000”.  La stessa pena è prevista nei confronti di “chi detiene gli animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.” Ricordo che vengono punite “tutte quelle condotte che pur non accompagnate dalla volontà di infierire, incidono senza giustificazione sulla sensibilità dell’animale producendo dolore così si è espressa la Corte di Cassazione nell’ormai lontano 1990. Quindi, per consolidata giurisprudenza, il proprietario dell’animale viene punito severamente, ad esempio, se l’animale viene lasciato senza alimentazione o acqua sufficiente; se la cura ed igiene dell’animale risulta scarsa; se l’animale viene trasportato su mezzi non idonei; se l’animale deve sopportare temperature troppo elevate o troppo basse; se le gabbie in cui è contenuto l’animale sono troppo anguste o il collare è troppo stretto; se gli spazi di detenzione in cui viene tenuto l’animale sono piccoli, bui o sporchi; se viene impedito all’animale di svolgere le normali attività fisiche o fisiologiche; se l’animale viene costretto in catene che non consentono la deambulazione o, infine, se i cuccioli vengono separati precocemente dalla madre.  

Infine, per completezza, vi è da aggiungere l’ultima novità legislativa a tutela degli animali: la legge 29 luglio 2010 n.120, entrata in vigore il 13 agosto 2010, che ha modificato gli articoli 177 e 189 del Codice della Strada in materia di mezzi di soccorso per animali e di incidenti con danni ad animali, introducendo l'importante principio che anche gli animali hanno diritto al soccorso in caso di incidenti stradali. L'utente della strada, quindi, in caso di incidente da cui derivi danno a uno o più animali  ha l'obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito il danno. Chiunque non ottempera a tali obblighi  è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da €.389 ad €.1.559. Stesso obbligo sussiste in capo alle persone coinvolte in un incidente con danno a uno o più animali; se non ottemperano è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 78 a € 311.




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Laura Lippolis

Avvocato