Diritto all'oblio alla luce dei social network, sharing e GDPR

Scritto da: Ledion Kalivaci - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Il diritto all'oblio è il diritto di ognuno a non vedere riproposti al pubblico fatti che in passato furono oggetto di cronaca. Sarebbe assurdo permettere che un errore, uno sbaglio o semplicemente una difficoltà ci condizioni per il resto della nostra vita. Molte volte, infatti, basta digitare un semplice nome e cognome su un motore di ricerca per avere notizie su informazioni che possono essere dannose per la personalità del soggetto richiamato, anche se è trascorso un periodo estremamente rilevante e senza che ve ne sia giustificazione (ad es. diritto di cronaca e attualità). Ovviamente a partire dal momento in cui il fatto sia avvenuto, l'interesse pubblico va diminuendo fino a scomparire, diventando così quel medesimo fatto, con il trascorrere del tempo, un'informazione esclusivamente della sfera privata dell'interessato e conseguentemente da garantire e tutelare.

Il diritto all'oblio è stato per molto tempo una suggestiva espressione utilizzata nei dibattiti tra giuristi. All'improvviso, però, grazie alla diffusione massiva del web, è salito alla ribalta prospettando nuove problematiche e richiedendo una tutela pratica più concreta.

In questa situazione si colloca la sentenza del 13 maggio 2014 della Corte di giustizia tra Google Inc e un cittadino spagnolo. Il ricorrente spagnolo vedeva, quando si digitava il suo nome, uscire tra i risultati nel motore di ricerca, articoli del suo passato che portavano a lui disagio e pregiudizio nella vita privata e professionale e chiedeva al colosso del web di rimuovere.

Spesso questo tipo di notizie non vengono aggiornate e può capitare al malcapitato che sia stato indagato o condannato in primo grado di essere poi prosciolto con formula piena, ma agli occhi del web non essere considerato tale portando così a dover subire pregiudizi. Così lo sventurato si ritrova con una sentenza che lo “dichiara” colpevole, anche se effettivamente non lo è. Per questo motivo, la considerazione da fare oggi, per tutelare il diritto all’oblio, è su quanto può rimanere di dominio pubblico un'informazione online, prescindendo dal tempo trascorso dalla prima pubblicazione, che potrebbe aver perso di attualità e interesse pubblico.

Sia al livello comunitario che statale vi sono stati molti tentativi di regolare la materia.

Attualmente il Regolamento UE 2016/679, noto come GDPR, disciplina il diritto all'oblio all'art. 17 facendolo combaciare con il diritto alla cancellazione dei propri dati. La norma indica quando è possibile richiedere e applicare la cancellazione delle informazioni, precisamente:

  1. quando i dati non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti (es. scopo di eseguire un contratto);

  2. quando l'interessato revoca il consenso al trattamento dei dati personali, per una o più finalità, o per categorie particolari di dati;

  3. quando l'interessato ha esercitato il diritto di opposizione al trattamento e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento per finalità di marketing diretto, inclusa la profilazione;

  4. quando i dati personali sono stati trattati illecitamente;

  5. quando i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto dell'Unione o dallo Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;

  6. quando i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione e trattati sulla base del consenso di un minore, laddove il minore abbia almeno 16 anni di età, o del consenso prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale, laddove il minore non abbia almeno 16 anni.


L'art. 17 prosegue poi indicando, invece, quando il diritto all'oblio non si applica e con quali altri diritti deve essere compensato per essere correttamente applicato, come:

  1. l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;

  2. l'adempimento di un obbligo legale che richieda il trattamento previsto dal diritto dell'Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppure nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;

  3. motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica;

  4. fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici;

  5. l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.


Ma come esercitare tale diritto? Come previsto dal GDPR la cancellazione dei dati deve essere effettuata al verificarsi di una delle situazioni previste dal primo comma dell'art 17 direttamente dal titolare del trattamento dei dati che deve procedere automaticamente e spontaneamente, a prescindere dalla richiesta dell'interessato. Ma nella pratica, se ciò non avviene, sarà necessario procedere con una richiesta espressa di cancellazione da parte dell'interessato.



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Avvocato Ledion Kalivaci a Firenze
Ledion Kalivaci

Avvocato