Pubblicazione legale:
Cass. Pen. 19580/2024
Non si può presumere che il denaro in possesso della persona indagata per il reato di cui all'art. 73 DPR 309/90, sia provento di quell'attività illecita. Questa in sintesi la decisione della Suprema Corte nella sentenza n. 19580/2024 resa a seguito di ricorso dell'imputato nei confronti del quale il giudice di merito aveva disposto il sequestro del denaro trovato in suo possesso al momento dell'accertamento del reato.
L'art. 240 cp dispone che " nel caso di condanna, il Giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto". Nel caso sottoposto all'attenzione degli Ermellini, si contestava all'imputato il reato di detenzione a fini di spaccio e l'accusa non era riuscita a provare anche un'attività di cessione della sostanza stupefacente e, di conseguenza, il fatto che il denaro trovato nella disponibilità dell'imputato fosse il profitto di tale attività illecita. Si tratta di un argomentazione logica e coerente al dettato normativo che ribadisce un principio di specchiata evidenza, sfuggito ai giudici di merito.