Pubblicazione legale:
La protezione dei dati personali non è solo una questione di compliance al GDPR, ma può assumere anche rilievo penale. In diversi casi, infatti, le condotte illecite non si limitano a determinare sanzioni amministrative o civili, ma configurano veri e propri reati informatici o violazioni penali del Codice della Privacy.
Oltre al GDPR e al Codice Privacy, alcune fattispecie penali disciplinano la protezione dei dati e la sicurezza informatica. Tra le più rilevanti abbiamo:
Un esempio pratico è il phishing, ossia l'inganno informatico con cui si inducono le vittime a rivelare credenziali di accesso, spesso tramite e-mail o siti falsi. Il phishing rientra nella truffa classica (art. 640 c.p.) quando prevale l'inganno ai danni della persona, mentre può configurare frode informatica (art. 640-ter c.p.), se le credenziali sottratte vengono utilizzate per alterare sistemi o trasferire denaro.
Quando i reati informatici vengono commessi nell’interesse o a vantaggio di un'impresa, può applicarsi la disciplina del D.lgs. 231/2001, che introduce la responsabilità amministrativa degli enti. Tra i reati presupposto della suddetta disciplina rientrano:
Le conseguenze possono essere molto gravi: sanzioni pecuniarie, interdizione dall'attività o esclusione da appalti pubblici.
Per le imprese, prevenire la commissione di reati informatici non significa soltanto rispettare il GDPR, ma anche ridurre i rischi penali. Alcune misure chiave sono:
I reati informatici rappresentano un punto di intersezione tra normativa privacy, diritto penale e diritto digitale. Una violazione dei dati non comporta soltanto sanzioni amministrative da parte del Garante, ma può integrare vere e proprie fattispecie di reato, con conseguenze personali e aziendali rilevanti.
Per questo, le imprese devono adottare un approccio integrato: protezione dei dati personali, cybersecurity e prevenzione penale. Solo così è possibile ridurre il rischio di danni economici, reputazionali e giuridici.