Pubblicazione legale:
L’ISTITUTO DELL’ASSEGNAZIONE DEL BENE IMMOBILE AL
COMPROPRIETARIO (CONIUGE NON FALLITO IN COMUNIONE LEGALE) TROVA APPLICAZIONE
ANCHE NELLE PROCEDURE CONCORSUALI?
Di Luca D’Apollo, avvocato in Foggia
Sommario
1.
Premessa
2.
L’istituto dell’assegnazione in sede di esecuzione
individuale
3.
L’istituto dell’assegnazione in sede di esecuzione
concorsuale
4.
Conclusioni
In tema di vendite concorsuali una delle questioni più
spinose concerne la liquidazione di un cespite immobiliare (esempio casa
coniugale) in comproprietà con il coniuge in comunione legale, acquisito alla
massa dei creditori a seguito del fallimento (o liquidazione giudiziale) di uno
dei coniugi quale imprenditore individuale o socio di società di persone[i].
Come noto la comunione legale tra i coniugi
costituisce, nell’interpretazione giurisprudenziale assolutamente prevalente,
una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di
un diritto avente ad oggetto tutti i beni di essa e rispetto alla quale non è
ammessa la partecipazione di estranei, trattandosi di comunione finalizzata, a
differenza della comunione ordinaria, non già alla tutela della proprietà
individuale, ma piuttosto a quella della famiglia[ii].
Con la dichiarazione di fallimento viene meno (si
scioglie) la comunione legale tra i coniugi (art. 191 c.c.), ciò non accade con
il pignoramento. Tuttavia, né la legge fallimentare, così come il codice della
crisi d’impresa, prevedono alcuna indicazione in ordine alla liquidazione dei
beni del coniuge a seguito dello scioglimento della comunione legale, nè in
caso di comproprietà.
Al fine, pertanto, di verificare la legittimità delle
istanze di assegnazione dell’immobile avanzate dal coniuge non fallito si
procederà ad un’analisi dell’istituto, comparando le dinamiche della vendita
individuale e quelle della vendita concorsuale.
Come noto l’istituto dell’assegnazione dei beni ai
creditori e/o al comproprietario trova la sua genesi esclusivamente nelle
vendite per espropriazione individuale.
A seguito della comunicazione ai comproprietari (art.
599 cpc e art. 180 disp.att. c.p.c.) o titolari di diritti reali sul bene pignorato
e comunicazione ai creditori iscritti viene assolto l’obbligo di natura
informativa a carico dei soggetti che vantano un diritto reale o una prelazione
o privilegio sul bene pignorato, permettendo agli stessi di esercitare il
proprio diritto di difesa in giudizio (art. 600 cpc).
Tra le azioni in capo a tali soggetti l’istituto
dell’assegnazione attribuisce un diritto potestativo ai comproprietari
dell’immobile qualora lo stesso sia non comodamente divisibile: di chiedere
l’assegnazione del bene senza procedere con le fasi della vendita, pagando il
corrispettivo indicato nella perizia di stima (pro quota). La ratio
dell’istituto è di facile comprensione: è difficilmente allocabile sul libero
mercato una porzione di immobile.
L'assegnazione al comproprietario presenta il
vantaggio di "velocizzare" lo scioglimento della comunione, evitando
la vendita forzata e gli inconvenienti che la stessa comporta (es. diserzione
degli incanti e conseguente ribasso del prezzo).
La normativa concorsuale si concentra esclusivamente
sulle modalità in cui si deve articolare la fase della vendita: si è così
passati dalla “Modalità delle vendite” dell’art. 107 LF alla “Modalità della
liquidazione” dell’art. 216 CCII.
Ma sia l’art. 107 LF che l’art 216 CCII nulla dicono
in tema di assegnazione del bene immobile al comproprietario.
La tesi tradizionale nega in radice l’applicabilità
dell’istituto dell’assegnazione alle vendite concorsuali in quanto l’art. 107
pone unica linea di liquidazione: l’asta competitiva (Corte di Cassazione sez.I
n. 5069/1983).
In conseguenza del fallimento la comunione legale si
trasforma in comunione ordinaria, ossia in comproprietà, per cui il curatore
può acquisire soltanto la quota di competenza del fallito e solo questa può
liquidare, rimando estranea la quota del coniuge in bonis.
Spesso al dì del fallimento si è già azionato il
creditore fondiario sull'intero immobile in sede ordinaria, avendo maggiore
convenienza nel vendere l'intero. In tal caso il curatore potrebbe intervenire
in quella esecuzione ai sensi dell'art. 41 Tub.
Diversamente sarà compito del curatore porre in
vendita l’immobile pro quota.
La fattispecie in analisi ha avuto nuova luce
interpretativa a seguito delle modifiche della legge fallimentare, nell’ottica
dei principi costituzionali e codicistici a base della procedura di
liquidazione concorsuale.
La più recente giurisprudenza di merito afferma che
l’istituto dell’assegnazione dei beni non è, ex se, strutturalmente
incompatibile con la liquidazione fallimentare. La tesi oggi più accreditata nell’esegesi
più letterale dell’art. 104-ter, comma 8, l. fall. ritiene di ravvisare un dato
di positivo riscontro e rottura con il passato trova laddove si prevede “il
curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire
all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di
liquidazione appaia manifestamente non conveniente.” (medesima disposizione
è oggi confluita nell’art 213 co. 2 CCII).
Infatti il legislatore ha ammesso la possibilità per
il Curatore di poter rinunciare alla liquidazione (in sede concorsuale) di un
cespite (anche immobiliare), quando essa appaia non conveniente. L’istituto
della rinuncia alla vendita competitiva, pertanto, apre lo spiraglio
all’istituto dell’assegnazione, ma con le dovute cautele.
La ratio della vendita competitiva è quello di
consentire di patrimonializzare un bene del fallito secondo le regole del
mercato, in cui deve prevalere la libera e informata competizione, dei
potenziali acquirenti/aggiudicatari.
La situazione eccezionale per cui, alla rinuncia alla
regola (generale) della vendita con libera competizione, il bene possa essere
assegnato ad un singolo creditore, o ad un comproprietario (senza quindi
procedere alla fase della vendita competitiva), dovrà essere caratterizzata
dalla non convenienza dell’asta competitiva.
Alle particolari condizioni riferite può ritenersi
applicabile l’assegnazione dei beni immobili in comunione legale acquisito alla
massa pro quota a seguito del fallimento (individuale) di uno dei coniugi,
avanzata dal coniuge comproprietario non fallito anche in ambito fallimentare soltanto
qualora, il curatore abbia positivamente verificato, caso per caso, che non sia
alterata la par condicio creditorum e che l’assegnazione risulti più
conveniente rispetto all’alternativa della vendita (in tal senso si veda
Tribunale di Larino – Sez. Fall. – 10 novembre 2016, che si riferisce ad
istanza di assegnazione dei beni ai creditori).
La particolare fattispecie della vendita in sede
concorsuale, della casa di abitazione in ditta al fallito (ditta individuale o
socio di società di persone) per la quota del 50%, e per la restante quota del
50% in capo al coniuge estraneo al fallimento, risulta particolarmente
complessa e dovrà essere vagliata caso per caso, in ragione dei seguenti
parametri:
·
tipologia del
compendio immobiliare
·
presenza di
“criticità” dell’immobile che ne possano diminuire il valore di mercato
·
occupazione degli
immobili da parte dei proprietari che ivi risiedono con il proprio nucleo
familiare,
·
impossibilità di
comoda divisione
Si deve registrare l’occasione persa del codice della
crisi che avrebbe potuto disciplinare tale specifica fattispecie. Sarà onere,
pertanto, del curatore e del giudice delegato predisporre nel programma di
liquidazione che la vendita dell’immobile in comproprietà sia realizzata nel
rispetto del codice di procedura civile così da avvantaggiarsi delle tutele
previste dal legislatore al fine di garantire la massima pubblicità e
partecipazione a tutti i soggetti coinvolti anche indirettamente nella
liquidazione del patrimonio della fallita.
[i] Sul tema
dell’espropriazione forzata dei beni in comunione legale si veda G. Balena, “L’espropriazione
di beni in comunione legale: aspetti critici”, in Il processo esecutivo,
Utet, 2014, 393 e ss.
[ii] Con la sentenza n.
6575 del 14 marzo 2013, la Terza sezione civile della Cassazione ha sottolineato
che "la comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per
crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in
comunione, abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con
scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all'atto
della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà
della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di
questo, in caso di assegnazione" (in tema di esecuzione individuale).
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