Pubblicazione legale:
"Gli effetti della separazione non possono essere posti nel nulla dalla mera circostanza che uno dei due coniugi non abbia rilasciato la casa familiare in favore dell’altro coniuge, proprietario esclusivo, e che quest’ultimo abbia tollerato tale situazione, se la persistenza della coabitazione non è connotata dal mantenimento o dal ripristino della comunione spirituale e materiale di vita tra i coniugi; la riconciliazione deve essere manifestata per mezzo di un comportamento inequivoco, che esprima senza possibilità di dubbio la ricostituzione di un progetto di vita comune, connotato da tutti i doveri che discendono dal matrimonio" (Cassazione civile, sez. I, ordinanza 13 aprile 2023, n. 9839).
La sentenza del Tribunale di Modena sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario tra la ricorrente e R.S. ha suscitato un dibattito legale riguardo alla coabitazione post-separazione.
Il Tribunale ha stabilito l'assegno divorzile a carico di R.S. di euro 500,00 mensili, con rivalutazione monetaria annuale.
Tuttavia, la ricorrente ha presentato un appello sostenendo che la coabitazione dopo la separazione non implica la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La Corte di Bologna ha respinto l'appello sulla riconciliazione, ma ha accolto parzialmente l'appello sulla quantità dell'assegno, stabilendo un importo di euro 800,00 mensili.
La ricorrente ha presentato un ricorso per cassazione, sostenendo che la legge italiana non ammette una separazione in cui rimane in essere l'obbligo della coabitazione. La testimonianza della figlia sulla relazione extraconiugale della madre è stata giudicata inattendibile.
La Suprema Corte, nel respingere il ricorso presentato dalla moglie, ha evidenziato che la separazione giudiziale tra i coniugi era stata dichiarata ritualmente e che la sentenza non era stata impugnata.
Di conseguenza, la separazione produceva pienamente i suoi effetti tra le parti, salvo che vi fosse una espressa dichiarazione di riconciliazione o un comportamento incompatibile con lo stato di separazione.
La coabitazione può essere un indizio di riconciliazione tra i coniugi, ma solo se esiste un progetto di vita comune improntato alla solidarietà, alla reciproca collaborazione e alla assistenza morale e materiale. La mera coabitazione non è sufficiente a dimostrare la riconciliazione tra coniugi separati, ma è necessario il ripristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale.
La Corte ha affermato che il coniuge che vuole far accertare la riconciliazione ha l'onere di fornire una prova piena e incontrovertibile della ricostituzione del consorzio familiare. In questo caso, la Corte ha escluso che vi fosse stata una riconciliazione tra i coniugi, in quanto questi vivevano nella stessa casa, ma separatamente, senza alcun rapporto né di affetto né di amore, dormendo separati e vivendo come estranei, senza neppure collaborare nella gestione della casa.
In conclusione, gli Ermellini hanno correttamente applicato il principio della riconciliazione e ha emesso una decisione in base alle prove presentate, che non può essere oggetto di revisione in questa sede. Inoltre, non è ammissibile il ricorso riguardo alla valutazione delle prove istruttorie, basato su argomenti generici o circostanze irrilevanti, come il contenuto delle dichiarazioni fiscali.
In sostanza, il fatto che uno dei coniugi non abbia lasciato la casa familiare in favore dell'altro non implica necessariamente una riconciliazione. La coabitazione deve essere accompagnata dal ripristino della comunione spirituale e materiale tra i coniugi, e la riconciliazione deve essere manifestata attraverso un comportamento inequivocabile che dimostri la volontà di ricostruire un progetto di vita comune, con tutti i doveri che derivano dal matrimonio.
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