Pubblicazione legale:
Al quesito in esame è possibile dare risposta assolutamente
positiva.
Nella presente vicenda, considerato il tenore del contratto di
compravendita sottoscritto, si può ritenere che vi sia stata la volontà del
venditore di celare la mancanza dell'allaccio alla rete fognaria pubblica degli
immobili trasferiti all’acquirente.
Secondo quanto disposto in materia di vizi occulti, al momento della stipula del contratto di
compravendita, “il venditore è tenuto a
garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea
all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore"
(art. 1490 c.c.).
Nel caso di specie, si è di fronte ad una garanzia espressa
dalla quale discende che il venditore non è scusabile neppure nell’ipotesi in
cui non fosse a conoscenza della circostanza che l’immobile non era collegato
alla fognatura.
In tal senso, la legge prescrive una garanzia inderogabile di dieci anni per la cosa venduta dal costruttore e, se il bene in questione “presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti”, pone l’onere in capo all’acquirente di denunciare il vizio entro il termine perentorio di un anno dalla scoperta (art. 1669 c.c.) con conseguente legittimazione per quest’ultimo di richiedere risarcimento del danno (art. 1494 c.c.).
Motivi
Prima di entrare nel merito, è necessario analizzare gli aspetti normativi sottesi alla questione in oggetto. Bisogna innanzitutto soffermarsi brevemente sull'istituto del contratto, più precisamente quello della compravendita, in modo da inquadrare più agevolmente la fattispecie che ci riguarda e determinare gli elementi utili a sostenere la risposta al quesito.
La
compravendita
Il contratto di compravendita è un contratto tipico, previsto
dall'art. 1470 c.c., e prevede
"il trasferimento della proprietà di
una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un
prezzo".
Soggiace alla disciplina generale ex art. 1321 c.c. e ss.,
nonché a quella dell'intero Titolo II, Libro IV del Codice Civile, secondo
quanto stabilito dall'art. 1323 c.c.
in materia di tipicità dei contratti.
È inoltre un contratto consensuale (art. 1376 c.c.), cioè che si perfeziona con il consenso
legittimamente manifestato, e ad effetto traslativo (art. 1465 c.c.) in quanto prevede il trasferimento della proprietà
di una cosa o di un diritto da un soggetto all'altro.
I requisiti indispensabili per un valido contratto di
compravendita sono:
La
compravendita di beni immobili
Il
contratto di compravendita immobiliare è quel contratto in forma scritta
con il quale le parti, venditore (alienante) e acquirente (alienatario),
trasferiscono la proprietà di un immobile in cambio di un corrispettivo,
concludendosi con la consegna del bene e delle garanzie previste dalla legge.
Pertanto, altro elemento essenziale per il contratto di
compravendita immobiliare, non ricompreso nella lista dell'art. 1325 c.c. è il prezzo, ovvero la somma di denaro
corrisposta per il trasferimento del bene o del diritto, pattuito di norma
durante le trattative del contratto medesimo.
La
sottoscrizione di un contratto di vendita di un immobile fa nascere, sia in
capo al venditore che in capo all’acquirente, diritti ed obblighi: tra gli
altri, il primo ha il diritto di ricevere dall’acquirente il prezzo pattuito e
l’obbligo di consegnare allo stesso l’immobile venduto nello stato di fatto in
cui si trova, libero da persone e cose; il secondo ha il diritto di ricevere
dal venditore la consegna dell’immobile, nello stato di fatto conosciuto,
libero da persone e da cose e l’obbligo di pagare al venditore il prezzo
convenuto.
Come
previsto dall’art. 1350 n. 1 c.c., il contratto di vendita immobiliare,
ai fini della sua validità, necessita della forma scritta dell’atto pubblico,
ovvero di quel documento redatto, con le richieste formalità, da un Notaio o da
altro Pubblico Ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo
dove l’atto è formato.
Può
capitare, inoltre, che le parti, pur avendo raggiunto tra loro un accordo di
massima, per svariati motivi (come l’indisponibilità attuale del bene oggetto
del contratto, della somma di denaro pattuita come prezzo o di documentazione
e/o dati da allegare e/o indicare nel contratto), non stipulino immediatamente
il contratto definitivo di vendita, ma si limitino a sottoscrivere un contratto
preliminare di vendita immobiliare (c.d. compromesso, ovvero il
contratto mediante il quale i contraenti si obbligano a concludere, entro un
tempo determinato, un contratto di vendita definitivo, i cui elementi
essenziali sono predeterminati nel contratto preliminare stesso).
Sia
la proposta che il contratto preliminare devono contenere, tra gli altri, i
seguenti requisiti: descrizione del bene immobile; indicazione dei dati
anagrafici del proprietario e dell’acquirente; descrizione delle obbligazioni
che gravano sulle parti; accordo sul prezzo della vendita e modalità di
pagamento; prestazione delle garanzie da parte del venditore e, in generale,
termini e modalità della vendita.
Il contratto vincola le parti ed ha effetto solo tra di esse. Affinché questo e, da ultimo, il contratto preliminare, nei modi ed entro i limiti stabiliti dall’art. 2645 bis c.c., siano efficaci anche nei confronti di terzi, essi devono essere resi pubblici col mezzo della trascrizione; questa deve essere effettuata presso i Registri Immobiliari del luogo in cui il bene immobile venduto o promesso in vendita è situato. Esso è quello strumento di pubblicità che assicura la conoscibilità e l’opponibilità verso i terzi degli atti relativi al trasferimento di beni immobili.
La
garanzia per i vizi
Il
venditore deve garantire il bene venduto sia da vizi occulti (art.
1490 c.c.) sia dall'evizione (art. 1476 c.c.), ossia che la
cosa venduta non possa essere rivendicata da altri.
La
garanzia per vizi occulti è un effetto naturale della compravendita. Con tale
tipo di garanzia il venditore garantisce l'assenza di vizi materiali del bene
che non ne consentano l'uso per il quale è destinato. La garanzia opera quindi
solo se i vizi sono tali da rendere la cosa inidonea, in tutto o in parte,
all'uso cui è destinata o sono tali da diminuire sensibilmente il valore del
bene.
La
mancanza delle qualità promesse o delle qualità necessarie per l'uso cui la
cosa è destinata, può portare alla risoluzione contrattuale se la mancanza
delle qualità eccede il limite di tollerabilità determinato dagli usi, ma non
alla sostituzione o alla riparazione. La garanzia per i vizi può essere
contrattualmente limitata, ma essa non opera per i vizi che sono stati in
malafede taciuti dal venditore, né per i vizi che erano, al momento della
stipulazione del contratto, conosciuti o conoscibili usando la diligenza
dell'uomo medio.
Altresì rileva la pronuncia secondo la quale "In tema di vizi della cosa venduta, la
prescrizione dell'azione di garanzia accordata al compratore decorre, in ogni
caso, dalla consegna allo stesso del bene, non rilevando in senso contrario che
l'acquirente non abbia la possibilità di scoprire il vizio, nonostante
l'avvenuta consegna, o che questo gli sia stato dolosamente occultato dal
venditore, con espedienti o raggiri, salva tuttavia la possibilità, in
tale ultimo caso, di invocare la sospensione della prescrizione, agli
effetti dell'art. 2941, n. 8, c.c., ove si accerti la sussistenza di una
dichiarazione del venditore, non solo obiettivamente contraria al vero quanto,
altresì, caratterizzata dalla consapevolezza dell'esistenza della circostanza
taciuta e dalla conseguente volontà decipiente" (Cass. civ. n. 18891/2017).
I rimedi per i vizi in esame sono
costituiti dalla riduzione del prezzo (azione estimatoria) e la risoluzione
contrattuale (azione redibitoria) dei quali si tratterà nei capitoli
successivi.
Come la garanzia per i vizi, la garanzia per l'evizione è funzionale alla tutela del compratore per eventuali "vizi giuridici", non conosciuti al momento della conclusione del contratto, che limitano il godimento del diritto o del bene, e può essere totale, quando il compratore subisce l'accoglimento di un'azione di rivendicazione proposta da un terzo, perdendo così la proprietà del bene, parziale quando il bene oggetto del contratto sia solo parzialmente di proprietà altrui e limitativa, quando sul bene i terzi vantino diritti reali minori.
La
garanzia per i vizi di beni immobili
A
norma dell'art. 1490 c.c., il venditore è tenuto a garantire
che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'utilizzo cui
è destinata ovvero ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Il
vizio può consistere dunque sia in una imperfezione materiale della cosa che
incide sulla sua idoneità ad essere utilizzata sia sulla mancanza di qualità
che si concretizza nella carenza dei requisiti di funzionalità, utilità e
pregio che la cosa dovrebbe presentare.
Il
venditore, al fine di perfezionare il contratto di compravendita, ha l'obbligo
di consegnare la cosa allo stato in cui si trova al momento della vendita (art.
1477 c.c.), nonché di fargli acquisire la proprietà e garantire che questa
sia immune da qualsivoglia vizio non denunciato.
È
bene chiarire che il compratore potrà reclamare per le vie legali solo quelli
che la dottrina definisce "occulti", nel senso che
l'acquirente, al momento della stipula, non solo non ne aveva effettivamente
conoscenza, ma non avrebbe potuto neppure rilevarli utilizzando
l'ordinaria diligenza.
Infatti, l’art. 1491 c.c. stabilisce che se al momento
della stipula il compratore conosceva i vizi della cosa, o questi erano
facilmente riconoscibili, non potrà applicarsi la disciplina dei vizi, in
quanto tacitamente accettati dal compratore. In caso contrario il legislatore
ha concesso a quest’ultimo due facoltà per veder ripristinati i propri diritti:
domandare, a sua scelta, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo
(art. 1492 c.c.). Nel caso di
risoluzione del contratto "il
venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i
pagamenti legittimamente fatti per la vendita. Il compratore deve restituire la
cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi" (art. 1493 c.c.), mentre per la
riduzione del prezzo è necessario quantificare, con l'ausilio di un
professionista, la somma corrispettiva al pregiudizio arrecato al compratore.
Il venditore se non prova la sua ignoranza sui vizi della cosa
consegnata, è tenuto a versare al compratore un risarcimento del danno; se da
tali vizi derivano ulteriori danni a carico del compratore, il venditore dovrà
risarcire altresì tali danni (art. 1494
c.c.).
Nel caso in esame, oltre al danno sofferto dal vizio della cosa,
il compratore dovrà essere risarcito anche del danno derivatogli dal discredito
verso la propria clientela, avendo alienato a terzi, cose inconsapevolmente
viziate. Difatti il Coppola, prima di venirne a conoscenza, ha venduto parte
degli immobili del fabbricato.
Recentissima la pronuncia della S.C. che, in materia, afferma:
"L'azione di risarcimento dei danni
proposta dall'acquirente ex art. 1494 c.c., sul presupposto dell'inadempimento
dovuto alla colpa del venditore, consistente nell'omissione della diligenza
necessaria a scongiurare l'eventuale presenza di vizi nella cosa, può estendersi
a tutti i danni subiti dall'acquirente medesimo e, dunque, non solo a quelli
relativi alle spese necessarie per l'eliminazione dei vizi accertati, ma anche
a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa, o al lucro
cessante per la mancata rivendita del bene; ne discende che tale azione si
rende ammissibile in alternativa, ovvero cumulativamente, rispetto alle azioni
di adempimento in forma specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di
risoluzione del contratto medesimo" (Cass. civ. n. 14986/2021).
Per esercitare tali facoltà sussistono delle condizioni per
l'azione: "In tema di inadempimento
del contratto di compravendita, è sufficiente che il compratore alleghi
l’inesatto adempimento, ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa
inidonea all'uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il
valore, mentre è a carico del venditore, quale debitore di un’obbligazione
di risultato ed in forza del principio della riferibilità o vicinanza della
prova, l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato
una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero
la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; ne
consegue che, solo ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore di
dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa
ascrivibile al venditore" (Cass.
Civ. n. 21927/2017; Cass.
Civ. n. 18947/2017; Cass.
civ. n. 25027/2015; Cass.
civ. n. 22903/2015; Cass.
Civ. n. 21949/2013).
Il problema che si pone, a questo punto, è quello di capire
quali difetti o vizi dell’immobile devono essere considerati di tale entità da
permettere al compratore di domandare, oltre agli aspetti già considerati della
risoluzione del contratto ovvero di riduzione del prezzo ex art. 1492 c.c. (e sempre il risarcimento del danno), anche
quanto richiesto nell’oggetto del quesito, cioè l'eliminazione dei vizi
strutturali dopo dieci anni dall'acquisto.
L’assenza di un impianto fognario a norma, secondo la
consolidata dottrina ambientale e urbanistica, rappresenta un potenziale
pericolo non solo per il singolo, ma anche per la collettività. Difatti gli
scarichi possono riversarsi nell'ambiente e provocare, oltre inquinamento,
infezioni e sfaldamenti delle falde acquifere, anche a possibili cedimenti
delle fondamenta dei fabbricati.
Tanto è vero che la L. 319/1976 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) –
successivamente assorbita dal D. Lgs. 152/2006 (T.U. Ambiente) – ha imposto, a tutti gli edifici nati a seguito
della legge del 1976, ma anche per quelli costruiti precedentemente,
l’adeguamento alla normativa in materia di acque di scarico, con l'adozione di
impianti fognari regolarmente installati.
Tale onere è posto in capo a costruttori e appaltatori
intenzionati a costruire nuovi edifici, con richiesta al Comune di competenza
dell'autorizzazione per l'allacciamento alla fognatura comunale delle acque
reflue civili, allegando planimetrie, progetto dell’impianto e schemi costruttivi
della rete fognaria interna.
Tale autorizzazione non viene menzionata nel contratto di
compravendita, ma viene solo precisato che esiste un presunto allacciamento
dell’edificio alla fogna pubblica, senza però indicare gli estremi della
concessione.
Risulta altamente probabile affermare che il Belfiore, anche
considerando il brevissimo lasso temporale tra il completamento della
costruzione e la vendita degli immobili – il tutto avvenuto tra agosto e
settembre 2011 – abbia occultato il vizio relativo all'allacciamento fognario
al solo fine di indurre il Coppola ad accettare la clausola di esonero dalla
garanzia che, nel caso fosse in cui fosse stata esplicita, probabilmente non
avrebbe comportato la conclusione dell'affare.
Ciò che è stato tralasciato, però, costituisce un c.d. vizio
grave dell’opera, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte di
Cassazione con ordinanza n. 1423/2019.
Infatti, si considerano tali quelli che, pur senza influire
sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il
normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità dello stesso.
Essi riguardano:
Altresì rilevante, nel caso in cui l’immobile sia stato
compravenduto a seguito dell’introduzione delle nuove polizze indennitarie, oltre
alla disciplina generale già enunciata, è quella introdotta dal D.lgs. 122/2005
ed in continua evoluzione. Ma andiamo con ordine.
L’art. 1 del decreto definisce la figura del costruttore
come l’imprenditore o la cooperativa edilizia che trasferisce la proprietà o la
titolarità di un diritto reale ad un acquirente.
Al successivo art. 4, decisivo per il caso che ci occupa, viene affermato che: “Il costruttore è obbligato a contrarre ed a consegnare all'acquirente all'atto del trasferimento della proprietà una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell'acquirente e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e diretti all'immobile, compresi i danni ai terzi, cui sia tenuto ai sensi dell'articolo 1669 del codice civile, derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e comunque manifestatisi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione”.
I
termini
I termini di decadenza per il compratore per proporre l'azione
di risarcimento del danno decorrono entro otto
giorni dalla scoperta del vizio, dovendone fare espressa denunzia al
venditore, qualora questo non abbia riconosciuto quanto addebitato alla cosa
venduta (art. 1495 c.c.).
Inoltre, come citato precedentemente, la garanzia decennale è
senza dubbio applicabile al caso di specie ex art. 1669 c.c. che, per
opportuna conoscenza si richiama: “Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili
destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal
compimento, l'opera, per
vizio del suolo o per difetto
della costruzione, rovina in tutto
o in parte, ovvero presenta
evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è
responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia
fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.
Aspetto interessante al caso de quo
è la fondata sovrapposizione della figura del costruttore a quella
dell’appaltatore, essendo la disciplina dell’art. 1669 c.c. destinata
originariamente quest’ultimo.
Difatti, di tale sovrapposizione tra la figura del
costruttore/venditore ex art. 1490 c.c. e quella di appaltatore ex
art. 1669 c.c., la Corte di Cassazione ha affermato: "Il venditore che, sotto la propria direzione e
controllo, abbia eseguito o fatto eseguire sull'immobile successivamente
alienato opere di ristrutturazione edilizia ovvero interventi manutentivi o
modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti,
ne risponde nei confronti dell'acquirente ai sensi dell'art. 1669 c.c." (Cass. civ. n. 18891/2017; Cass. civ. Sez. Unite n. 7756/2017).
Il costruttore/venditore quindi, oltre al dovere di buona fede e correttezza contrattuale, è tenuto a garantire al compratore una garanzia da difetti della durata di dieci anni dal compimento dell’opera, con possibilità per il compratore di denunziare il grave difetto entro un anno dalla scoperta.
Le
azioni
Come già anticipato, le azioni esperibili dall’acquirente sono
l’azione redibitoria, alternativa all’azione estimatoria, con la quale
il compratore risolve il contratto restituendo il bene gravato da vizio e
richiedendone il prezzo, se già stato versato. Condizione per intraprendere
questa azione è la dimostrazione di un grave inadempimento del venditore,
laddove il vizio riguardi una qualità essenziale dell’oggetto.
In primo luogo, è necessario denunciare il vizio, che può avvenire
mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Non è necessaria la
denuncia in due casi:
1.
Si tratta di un vizio
occultato dallo stesso venditore – tale circostanza, tuttavia, deve essere
dimostrabile;
2.
Il venditore ha
riconosciuto il vizio.
Con l’azione estimatoria, alternativa all’azione
redibitoria, il compratore non risolve il contratto, ma richiede una riduzione
del prezzo.
Il lavoro nomofilattico del Supremo Consesso circa le azioni
esperibili dall’acquirente, in caso di vizio occulto, specifica ulteriormente
la disciplina sottesa al caso in esame: "In tema di compravendita, il termine di prescrizione del diritto
dell'acquirente alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno,
derivante dalla consegna di aliud pro alio, decorre, ai sensi dell'art.
2935 c.c., non dalla data in cui si verifica l'effetto traslativo, ma dal
momento in cui, rispettivamente, ha luogo l'inadempimento e si concreta
la manifestazione oggettiva del danno, avendo comunque riguardo all'epoca
di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e
riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata
attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto al risarcimento,
potendo tale conoscenza essere colpevolmente ritardata dall'incuria del
titolare del diritto" (Cass.
civ. n. 1889/2018; Cass. civ.
n. 11046/2016).
Una volta scoperto il vizio e denunziato al venditore, quest'ultimo
potrà, accordandosi con il venditore, agire al fine di eliminarlo
autonomamente, senza far venire meno all'originario diritto per il compratore
di esercitare le potestà prescritte dall'art.
1495 c.c.
Ciò viene confermato dalla seguente sentenza della Suprema Corte
a Sezioni Unite: "In tema di
garanzia per i vizi della cosa venduta, di cui all'art. 1490 c.c., qualora
il venditore si impegni ad eliminare i vizi e l'impegno sia accettato dal
compratore, sorge un'autonoma obbligazione di facere, che, ove non estingua per
novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa
esterna e, quindi, non alterandone la disciplina. Ne consegue che,
in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della
prescrizione, sancito dall'art. 2936 c.c., l'originario diritto del
compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta
soggetto alla prescrizione annuale, di cui all'art. 1495 c.c., mentre
l'ulteriore suo diritto all'eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione
ordinaria decennale" (Cass.
Civ. Sez. Unite n. 19702/2012).
Essendo
la fattispecie concreta riconducibile all'art.
1669 c.c. per gravi difetti strutturali del fabbricato, quale è la mancanza
di un impianto fognario, non può che confermarsi ulteriormente la
responsabilità del venditore.
In termini di decadenza al diritto di denuncia del vizio occulto, in armonia con la responsabilità per difetto di cose immobili, la garanzia è di dieci anni, con onere del compratore di denunziare entro un anno la scoperta del medesimo. A ciò consegue che il compratore, nel termine sopra previsto, potrà sicuramente domandare al venditore quanto chiesto nel quesito, cioè: il risarcimento del danno ex art. 1494 c.c.
Conclusioni
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, argomentato e riportato
dalla granitica giurisprudenza consolidatasi in tema di vizi occulti e difetti
di cose immobili, il sottoscritto conclude quanto segue:
Dall'accordo concluso tra acquirente e venditore, non risultando
discordanze tra quanto richiesto e quanto avanzato, pertanto le parti hanno
convenuto di concludere l'affare.
Il compratore, nel corso degli anni, ha legittimamente ignorato la
possibilità che l’immobile potesse presentare vizi occulti, sia perché non
edotti dal venditore in fase contrattuale, ma anche perché taciuti dinanzi al
notaio.
Solo dopo dieci anni l’acquirente, avendo appurato il grave difetto
di costruzione, chiede quali azioni possano essere esperite per vedere il suo
investimento tutelato. Le soluzioni, come già evidenziate,
sono diverse.
Laddove
vi sia interesse a risolvere il contratto, è possibile esercitare azione
redibitoria o estimatoria - con annesse spese e pagamenti compiuti
legittimamente dal compratore - restituendo, come conseguenza, la proprietà al
venditore se nel frattempo non sia perita (artt.
1492 e 1493 c.c.).
Se
vi è interesse del compratore mantenere la proprietà degli immobili, esso ha
sempre la facoltà di richiedere il risarcimento del danno (art. 1494 c.c.) – diritto esteso anche a qualunque successivo
compratore – se il costruttore/venditore non dimostra o di essere incolpevole
del pregiudizio arrecato.
Il
tutto è legato indissolubilmente da responsabilità ex art. 1669 c.c.
con conseguente responsabilità del venditore per aver ceduto, all’inconsapevole
acquirente, un immobile con gravi difetti strutturali.
Per
opportuna conoscenza, inoltre, si sottolinea anche la responsabilità penale del
venditore in quanto, in sede di rogito, ha dichiarato il falso dinanzi ad un
pubblico ufficiale quale è il notaio. Il reato che si è configurato è di "falsità ideologica commessa dal privato in
atto pubblico" ex art. 483 c.p. e prevede fino a due anni
di reclusione. Essendo il reato ex art. 483 c.p. perseguibile
d’ufficio, a seguito della notifica della conclusione delle indagini
preliminari ex art. 415-bis c.p., l’acquirente potrà
costituirsi come parte civile.
In
tal caso la competenza sarà del Tribunale in composizione monocratica (art. 9 c.p.c.), con sottoposizione
della questione – secondo i principi di ripartizione di competenza territoriale
– presso il Foro ove è posto l’immobile (art.
21 c.p.c.).
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
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