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Si ha responsabilità medica quando sussiste un nesso causale tra la lesione alla salute psicofisica del paziente e la condotta dell'operatore sanitario in concomitanza o meno con le inefficienze e carenze di una struttura sanitaria.
Da una tale definizione, solo apparentemente generica in vista degli approfondimenti che seguiranno, emerge primariamente la centralità del delicato rapporto tra l'esercizio del diritto alla salute da parte del cittadino e l'espressione della professione medico-sanitaria in tutte le sue possibili declinazioni: che si svolga autonomamente o in equipe, che intervenga su una determinata patologia o sulla sua possibile insorgenza, il fine ultimo dell'attività in esame coincide con gli obiettivi del processo di guarigione dalla malattia.
Occorre sottolineare pertanto che il concetto di responsabilità medica si riferisce compiutamente all'azione di un sistema composito in cui il soggetto è destinatario di prestazioni mediche di ogni tipo (diagnostiche, preventive, ospedaliere, terapeutiche, chirurgiche, estetiche, assistenziali, ecc.) svolte da medici e personale con diversificate qualificazioni, quali infermieri, assistenti sanitari, tecnici di radiologia medica, tecnici di riabilitazione, ecc.1
La casistica degli interventi medico-sanitari è comprensibilmente ampia perché certamente indirizzata anche a porre in essere tutte quelle metodiche finalizzate ad esempio a lenire la condizione di un malato incurabile o, per ipotesi meno infauste, a prevenire l'insorgenza di possibili patologie con la direzione e diffusione di pratiche di natura sanitaria dimostratesi efficaci nell'esperienza effi