Italian Sounding e la contraffazione

Scritto da: Marco D'Amico - Pubblicato su IUSTLAB




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I problemi della Contraffazione e dell’”Italian Souding”

Il fenomeno della contraffazione alimentare è ormai alla luce del sole, nel mondo il valore dell’Italian sounding agroalimentare è salito a 120 miliardi di euro.

Ma cosa si intende per “italian Sounding”?

Con l’accezione “Italian Sounding”, si inquadra un fenomeno che si estrinseca nello sfruttamento della reputazione e dell’attrattività che un prodotto agroalimentare Italiano possiede nel mondo. Tale sfruttamento si opera attraverso l’utilizzo di denominazioni e segni che evocano l’Italia con lo scopo di promuovere la commercializzazione dei prodotti “italiani” all’estero .

Recentemente si è registrato un aumento delle contraffazioni soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e in molti altri paesi europei. 

Coloro i quali sono più sfavoriti da questo meccanismo sono da un lato i produttori locali, costretti ad abbassare i prezzi danneggiando così una parte molto consistente dell’economia italiana, ma dall’altro lato i consumatori, che vengono sottoposti a prodotti di più bassa qualità.

Ecco che “si perde così quello che è, ancora oggi, un fortissimo segno di identità e distinzione territoriale, ma anche uno dei pochi baluardi in tempi di crisi: le multinazionali trovano ancora estremamente appetibile l’industria agroalimentare italiana, tuttora forte nelle esportazioni, rispetto ad altri settori industriali”, lo afferma Raffaella Saso in un articolo dal titolo “Le nuove forme di Italian Sounding. Ciò che il cibo non dice. Le responsabilità dei produttori e i diritti dei consumatori” a cura della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” promossa ed istituita da Coldiretti nel febbraio 2014. La FederAlimentare nell’articolo “La posizone dell’Industria Alimentare Italiana rispetto alla contraffazione ed al fenomeno dell’”Italian Sounding” del 2016, afferma che la contraffazione riguarda illeciti relativi alla violazione del marchio registrato, delle denominazioni di origine (DOP, DOC, DOCG, IGP, ecc.), del logo, del design, del copyright oppure del prodotto stesso, con implicazioni spesso molto gravi ; il problema sorge perché; se però la contraffazione però può essere impugnabile e sanzionabile legalmente, la stessa cosa non vale per i prodotti cosiddetti di “Italian Sounding” che si servono di denominazioni geografiche, immagini, colori e marchi che richiamano l’Italia, inducendo il consumatore ad associare spontaneamente ma erroneamente l’imitazione al prodotto autentico italiano. Per citare alcuni esempi: Mozarella, che viene spacciata per mozzarella di bufala, Salsa Pomarola, venduta in argentina, Zottarella prodotta in Germania, e Spagheroni olandesi . 

Anche gli italiani hanno però coscienza del valore legato al marchio del “Made in Italy” e per tale motivo si tende comunque a privilegiare i prodotti legati al territorio e ai sapori locali.

Ma anche dietro i marchi più noti della produzione nazionale, percepiti come garanzia di qualità elevata e di sicurezza alimentare, si possono celare alimenti di origine ormai interamente straniera talvolta anche “scadenti” e quindi nella dinamica che si sta affermando, gli alimenti falsi e di bassa qualità non sono necessariamente soltanto quelli prodotti all’estero, ma possono essere anche quelli provenienti dalle aziende italiane. Sebbene bisogna ammettere realisticamente che le capacità produttive delle imprese alimentari italiane non riuscirebbero a colmare la quota di prodotti, il fenomeno dell’”Italian Sounding”, comunque, costituisce una reale perdita di fatturato per le aziende italiane.

Ma come arginare il problema?

Si possono individuare 7 linee guida riassunte nel:“Manifesto per il contrasto all’Italian sounding”:

1. E’ innanzitutto necessario al fine di favorire la consapevolezza del consumatore straniero verso le valenze del made in Italy agroalimentare trasmettere con estrema efficacia efficacia il valore del made in Italy, organizzando iniziative di educazione del consumatore

2. Bisogna poi, ridurre le barriere tariffarie e doganali

3. Introdurre dei metodi che possa disincentivare coloro che pubblicizzano prodotti in maniera fallace

4. Integrare le forze politico-istituzionali nazionali presenti all’estero

5. Favorire la crescita di massa critica delle aziende italiane del food and beverage che possa rafforzare la loro competitività internazionale e l’innovazione nelle strategie di marketing

6. Far leva sugli italiani all’estero come ambasciatori del made in Italy

7. Favorire l’adozione di soluzioni che consentano la tracciabilità dei prodotti (Blockchain e Smart labelling).


Avv. Marco D’Amico 




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Avvocato Marco D'Amico a Napoli
Marco D'Amico

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